Molto si sta parlando di papa Francesco e molto ancora si dirà. In particolare colpisce l’aggettivo rivoluzionario accostato al pontefice scomparso, in un crescendo retorico non sempre aderente alla realtà fattuale. Se proprio vogliamo vedere le cose in una prospettiva storica, infatti, la Chiesa ha conosciuto un solo papa davvero rivoluzionario, quel Celestino V che fece il “gran rifiuto” alla fine del ‘200. «Io Papa Celestino V, spinto da legittime ragioni, per umiltà e debolezza del mio corpo e la malignità della Plebe, al fine di recuperare la tranquillità perduta abbandono liberamente e spontaneamente il Pontificato e rinuncio espressamente al trono, alla dignità, all’onere e all’onore che esso comporta». Ma Pietro da Morrone era un eremita. Tutto il contrario di Bergoglio, erede della tradizione gesuitica che impone di vedersela col proprio tempo e di inverare nella storia concreta dell’umanità il verbo evangelico. Un impegno che comporta il dovere della mediazione con il “diverso”, del dialogo proficuo, anche a costo di suscitare l’irritazione e l’ostilità di chi ha del cattolicesimo una visione troppo normativa.
Ricordiamo che della tradizione gesuitica fecero parte missionari come Francesco Saverio, che dedicò la vita a convertire le popolazioni dei nuovi continenti da poco raggiunti, nel XVI secolo, dalle navi degli esploratori d’Occidente. Le missioni dei gesuiti si basavano sul “compromesso” con le culture locali: Francesco Saverio morì nel 1552 nei pressi di Canton, assistito da un cuoco cinese. Il gesuita Roberto de’ Nobili, morto nel 1656, cercò di raggiungere la casta dei bramini, imparò il sanscrito, visse da penitente sanyassi, ottenne circa 4000 conversioni. Ancora, il gesuita Matteo Ricci, per convertire gli abitanti del Celeste Impero si sforzò di stabilire ponti tra il messaggio evangelico e l’eclettismo che godeva allora del favore dei letterati. In particolare redasse una spiegazione del cristianesimo, Autentica esposizione della dottrina celeste, divenuta poi uno dei classici della letteratura cinese. I gesuiti dunque seguivano il metodo dell’adattamento, non diversamente da quanto fecero i primi cristiani in seno al mondo greco-romano. Non si capisce molto del pontificato di Francesco se non si fa riferimento anche a questa storia e a questo retroterra, e al metodo che ne consegue: evangelizzare accettando tutto ciò che non è incompatibile col Vangelo.
Papa Francesco, ecco chi rappresenterà Putin ai funerali
Anche la Russia sarà presente ai funerali di Papa Francesco. Non potendo partecipare il presidente Vladimir Putin...Bergoglio, per riuscire nella sua particolare missione rivolta a un mondo scristianizzato, ha fatto leva sul nome del santo più popolare d’Italia – Francesco d’Assisi – per stabilire un ponte col mondo laico diffidente, anticlericale e ancorato alle parole d’ordine progressiste. E chi era Francesco? Era l’alter Christus che predicava il Vangelo e lo rendeva accessibile anche agli ultimi. I lebbrosi nel caso del santo di Assisi, i migranti nel caso di papa Francesco. Che tutto ciò si inquadri in una cornice spirituale che nulla ha a che vedere con le ideologie immigrazioniste è appena il caso di accennarlo. La modernità rivoluzionaria di Francesco era tutta nel nome scelto, dunque, utile per parlare a tutti i mondi, simbolo di quella strategia dell’adattamento che è tipico dell’Ordine fondato da Ignazio di Loyola. Ne è prova anche la circostanza della preghiera solitaria sul sagrato della basilica di San Pietro infuriante la pandemia. Era il 27 marzo 2020. Tantissimi accostavano in quei giorni il Covid alla peste, rincorrendo una triste e angosciante analogia coi tempi medievali. E Francesco non esitò a comportarsi come un pontefice medievale, esponendo il crocifisso miracoloso della chiesa di San Marcello che i romani avevano portato in processione nel 1519 per fermare l’imperversare di una pestilenza. E dinanzi a quella Croce risuonò la sua invocazione: «Dio, non lasciarci in balia della tempesta». L’episodio resterà nella memoria dei tanti che pregarono con il papa dinanzi alla tv e di sicuro rimane uno degli episodi chiave della biografia di papa Francesco.