Massimo Giannini? Ma da che pulpito "il rosso" ci dà lezioni sul Papa "politicizzato"

L'editorialista di Repubblica ci attacca per un titolo e si definisce estraneo alle polemiche solo per preparare nuovi insulti
di Pietro Senaldigiovedì 24 aprile 2025
Massimo Giannini

Massimo Giannini

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Massimo Giannini, editorialista de La Repubblica, dopo aver precisato di non essere uso a criticare il lavoro dei colleghi, per questioni di rispetto, ha dichiarato a Di Martedì riguardo al titolo di Libero “Un Papa tra luci e ombre rosse” che «è a un livello basso, chi affronta la scomparsa di Bergoglio applicando le categorie miserabili della destra e della sinistra». Suona strano sentire che chi un paio di settimane fa ci ha definito «sicari» perché abbiamo attaccato Romano Prodi, reo di aver tirato i capelli a una giornalista di Mediaset per una domanda sgradita, si definisce estraneo alle polemiche interne alla stampa solo per prepararsi il terreno per nuovi insulti. Ma tant’è, la coerenza lui non la ricerca in quel che dice, ma nei polpacci che azzanna, che oggettivamente sono sempre gli stessi, l’attuale maggioranza di governo e i giornali vicini al centrodestra. È lecito contestare l’opinione di chi ritiene eccessivo definire Bergoglio un pontefice progressista, anche se la mente più lucida tra i dem, Massimo D’Alema, ha più volte, e perfino ieri, ribadito che «Francesco è stato il principale leader della sinistra mondiale» degli ultimi anni. Se poi i compagni si riducono ad avere come guida spirituale uno che non è dei loro, questo è il segnale di quanto siano disorientati, non certo una colpa o un problema altrui. Comunque, attendiamo di leggere oggi su Repubblica, o anche domani, se vuol pensarci meglio, una dura ramanzina di Giannini a Elly Schlein. La segretaria dem infatti, ricordando Francesco, ne ha banalizzato la testimonianza e la battaglia pescando quattro frasi sui gay, l’ambiente, gli immigrati e perfino la sanità, per dire che in fondo il programma del Pontefice per il mondo e quello suo per arrivare a Palazzo Chigi sono due fotocopie. A Bergoglio vivo, non si sarebbe mai azzardata.

Dopo di che, senza stare a perdersi tra gli azzardati accostamenti armocromatici della Nazarena tra il rosso Pd e il bianco Vaticano, urge ricordare al campione del “non tiriamo il Papa per la tonaca” che il primo a fare il fastidioso giochino è proprio lui. «Francesco è stato una trave conficcata nell’occhio di questa destra» ha sostenuto la penna d’alto livello pochi istanti dopo aver espresso il proprio disprezzo per chi infila a forza il vicario di Cristo nel teatrino politico. Sarà poi senz’altro un omonimo quel Giannini che un anno fa sul Venerdì di Repubblica ha dedicato una profonda riflessione al pontificato di Francesco, spiegando che le sue posizioni gli abbiano creato problemi con parte della Chiesa, in quanto troppo progressiste. E forse sono state un lungo sogno (un incubo?) collettivo le ripetute riflessioni sulla religione di Eugenio Scalfari con un Bergoglio trattato da chierichetto del grande papa laico sempre sul quotidiano della sinistra.

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Fatto sta che, proprio mentre Giannini su La7 dava a noi dei bifolchi del giornalismo, su Rete4 il suo ex direttore, Maurizio Molinari, sosteneva che Francesco, arrivato dopo le dimissioni-deposizione di Benedetto XVI, sia stato il frutto dell’epoca obamiana, quella della globalizzazione, che da finanziaria doveva diventare anche antropologica. Ma chi siamo noi per giudicare Bergoglio, che ha sempre rivendicato di agire solo nel nome del Vangelo? Ci limitiamo a valutare come sia stato raccontato dagli organi di stampa progressisti nei suoi dodici annidi regno. Quando esprimeva concetti che andavano bene ai democratici, dall’ambiente all’immigrazione, veniva celebrato come un santo. Quando invece difendeva capisaldi della cristianità come la vita contro l’aborto o la famiglia tradizionale, veniva ignorato, se non trattato come un anziano fuori dal tempo. Così è andata con la guerra. La condanna alle bombe su Gaza è stata usata come un manifesto dalla sinistra, che si è inventata addirittura un Papa antisionista mai esistito. Gli inviti alla pace in Ucraina sono stati mistificati e raccontati come un cedimento del capo del Vaticano al putinismo. La domanda è se sia stata più la sinistra a cercare di usare Francesco o lui a divertirsi a giocare con lei, annunciando, nel tentativo di allargare i confini della Chiesa, una rivoluzione che però non ha mai varcato la soglia; forse perché chi stava fuori non dava affidamento e non si voleva perdere chi sta ancora dentro.