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Adolf Hitler, il diario che racconta la sua gioventù

Un diario racconta di un giovane che amava il teatro e sognava di diventare artista. Ma poi prese altre vie imprevedibili
di Silvia Stucchi venerdì 11 aprile 2025

4' di lettura

È una sera dell’ottobre 1904: a Linz, a teatro, si incontrano due giovani. Come molti appassionati di musica senza disponibilità economiche, assistono agli spettacoli dai posti in piedi, nella cosiddetta Promenade, sotto il palco reale, sostenuto da due colonne di legno. Quella sera, il figlio di un modesto tappezziere, che sogna di diventare musicista, trova, come già era accaduto prima, l’ambito posto occupato da un altro giovane, altrettanto appassionato di musica: è un ragazzo pallido, allampanato, che segue lo spettacolo con gli occhi lucidi, e che, dalla cura con cui veste e dai modi riservati, sembra appartenere alla buona borghesia. I due nell’intervallo iniziano a parlare trovandosi d’accordo nel disapprovare una scena, a loro parere malamente eseguita. Poi, la discussione si allarga alle precedenti rappresentazioni cui avevano assistito, e così i due scoprono di avere la stessa passione per il teatro. A fine serata, il tappezziere accompagna il nuovo conoscente al numero 31 di Humboldtstrasse. Nel congedarsi, il giovane allampanato si presenta: Adolf Hitler. Inizia così il memoriale di August Kubizek, Il giovane Hitler che ho conosciuto (Bibliotheka edizioni, 368 p., 16 euro), straordinario documento storico per provare a indagare il mistero di Hitler. Kubizek e Hitler per quattro anni si vedono a ogni rappresentazione all’Opera, e poi anche fuori dal teatro, andando a passeggio lungo la Landstrasse: Adolf dimostrava un temperamento impaziente, e si scaglia contro i giovani di buona famiglia che fanno i perdigiorno ai tavolini del caffé centrale. Ma quando Kubizek cerca di indagare sulla condizione dell’amico, credendo che Adolf sia uno studente, viene smentito: alla parola “scuola” si rivela tutta «l’energia esplosiva del suo temperamento.

In effetti, gli scarsi successi di Adolf tra i banchi gli hanno inculcato una profonda avversione per gli insegnanti, come, in generale, per tutti gli “impiegati statali”; per non parlare del disgusto che gli si dipinge sul volto quando cita i “lavori da pane e burro”, ovvero attività modeste, come quella di tappezziere cui l’amico Kubizek sembrava avviato nonostante le ambizioni musicali. Il giovane Hitler vuole invece consacrare la sua vita all’arte, al disegno e poi all’architettura, tanto che mostra all’amico i suoi progetti, per esempio, per un ambizioso ponte sul Danubio. Ma ciò che colpisce del giovane Adolf sono gli occhi vivi che si combinano a una straordinaria eloquenza, accompagnata da una gestualità molto espressiva. Adolf è, però, soprattutto, un ragazzo solo: e l’amicizia con August nasce dal riconoscere una complementarietà con il giovane figlio di un tappezziere che sogna di diventare musicista. Inoltre, Hitler già rivela il suo forte antisemitismo, mentre Kubizek non lo segue per questa china.

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Passano gli anni: August è riuscito a iscriversi al conservatorio, conclude gli studi dirigendo il concerto di fine corso: è un successo, e il primo a complimentarsi con l’amico, con sincera gioia è proprio Adolf. Poi, le strade dei due si separano, e scoppia la Grande Guerra. August, trova un lavoro sicuro: impiegato e poi segretario comunale; non si interessa di politica, e, dunque, quando sente parlare o legge di un certo Adolf Hitler che sta diventando un politico influente, non pensa certo che si tratti del suo antico amico, dato che il cognome è piuttosto diffuso. Ma un giorno, su un periodico, August vede la fotografia dell’astro nascente della politica tedesca; la didascalia parla chiaro: “Il noto oratore nazionalsocialista, Adolf Hitler”. Kubizek non può certo immaginare quale orrore stia per abbattersi sulla Germania: pensa solo, con dispiacere, che il suo amico, come del resto lui stesso «non fosse stato in grado di coronare una carriera artistica» e che, una volta seppellite«“speranze e aspirazioni ...doveva guadagnarsi da vivere facendo discorsi alle assemblee. Un duro lavoro, anche se era avvero un bravo e convincente oratore».

Quando, il 30 gennaio 1933, Hitler diviene cancelliere, Kubizek gli scrive una lettera. Il Cancelliere gli chiede di incontrarsi. Ma Kubizek nicchia: che cosa potrebbe mai dire al suo antico amico? La sua vita, rispetto a quella di Hitler, sembra così sciapa e noiosa! L’incontro avviene dopo l’Anschluss, ed è un incontro, tra lo stupore dei gerarchi, caloroso e personale: addirittura, Hitler afferma che si occuperà di persona della formazione dei figli dell’amico. La Storia, poi, è nota: scoppierà la Seconda Guerra Mondiale e travolgerà tutto. Kubizek non si iscriverà al partito nazista. Kubizek morì nel 1956 e il suo memoriale getta una luce inquietante su uno dei personaggi più esecrabili dell’umanità, anche se non riesce del tutto a chiarire come abbia potuto un giovane senza appoggi, rifiutato dall’Accademia di Belle Arti, essere protagonista di una ascesa e di una caduta simili, e ideare un orrore come la Shoah.

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