Michele Serra e compagni invocano la cacca dei piccioni contro Bezos

Mister Amazon si sposa a Venezia e affitta mezza laguna. E a sinistra gufano
di Pietro Senaldivenerdì 28 marzo 2025
Michele Serra e compagni invocano la cacca dei piccioni contro Bezos
3' di lettura

Ahi l’invidia, brutta bestia. Uno diventa da comunista a democratico, si allarma per le sorti del mondo, scopre l’Europa ma poi, gratta-gratta, il compagno viene sempre fuori. Stiamo parlando di Michele Serra, infastidito dal fatto che il miliardario americano Jeff Bezos, terzo uomo più ricco del mondo, abbia praticamente affittato per tre giorni la città di Venezia per farne la cornice del suo matrimonio.

Cinque grandi alberghi e tutti i taxi prenotati, Shakira a cantare, tra le centinaia di invitati anche Ivanka Trump, forse perfino The Donald.
Che cafonata, secondo la conservatrice mentalità progressista, divertirsi con gli amici in un bel posto, contaminarlo con i propri dollaroni e la propria compagnia multietnica. Pochi prediletti, un’ombra di prosecco, un panino con il musetto nei bacari intorno al mercato del pesce e poi la cena in una casa di proprietà sul canale: così si gode Venezia se si è chic. Altrimenti, che il piccione rivoluzionario, spauracchio di ogni arricchito a stelle e strisce, punisca chi è peggio del Re Sole, che almeno Versailles se l’è fatta costruire, mentre qui ci si permette di ordinare la Serennissima à la carte.

È triste ma vero: l’organizzatore della piazza sinistra dei vip per l’Europa di pochi giorni fa ha confessato di sperare che il pennuto volatile «caghi in testa», sarà volgare ma è letterale e non servono video per accertarlo, a Bezos intento a gustarsi il suo drink. Bravo Serra, mi hai convinto. Spero anch’io nel piccione, anche se per motivi diversi. Ove mai si realizzasse la profezia, lo smerdato vero non sarebbe Bezos, che schioccherebbe le dita e si farebbe portare una nuova camicia, tra le risate sue e degli astanti, perché i burini hanno il pregio di non imbarazzarsi per i piccoli inconvenienti e le bizze di madre natura, con la quale hanno un rapporto solitamente più genuino delle nostre cariatidi rosse. A rimanerci di sale sarebbe Serra, che ha schierato l’arma più potente che gli è rimasta, il piccione, per trovarsi faccia a faccia con la propria irrilevanza sopraggiunta, casomai la prova di Piazza del Popolo non fosse bastata.

La sinistra nostrana non conta più nulla. Si è ridotta a tifare il piccione, a tirare i capelli a chi la importuna. Ha fatto i soldi e le rode vedere che c’è chi ne ha fatti molti di più e ora le ruba anche i posti del cuore. Anni e anni a dire che bisogna salvare Venezia dalle orde di turisti e poi, quando uno lo fa e se la riserva per un fine settimana, ci si indigna perché si scopre di non essere più tra gli invitati nel club privé. Viene il sospetto che il rovello di Serra sia sempre lo stesso, il più patriarcale, quello di chi ce l’ha più lungo. A noi semplici spettatori, non amici dei miliardari né iscritti al circolino rosso degli eletti, resta una soddisfazione. Bezos non metterà a carico del Comune di Venezia le spese di viaggio e soggiorno dei suoi ospiti, quindi stavolta non saremo spettatori paganti dello show altrui.

A Piazza del Popolo, come Libero ha documentato, sul palco c’erano Serra e i suoi amici vip, ma il conto è arrivato ai romani, che non hanno potuto invocare l’arrivo di un piccione vendicatore, altrimenti si sarebbero beccati l’accusa di essere putiniani e fascisti. Piazza del Popolo senza il popolo, innaturale come Venezia senza turisti americani. Ma ai compagni piace così. Che poi, viene il sospetto, non è che Serra ce l’ha con Bezos perché ha comprato il Washington Post in contanti - 256 milioni di dollari -, salvandolo dalla chiusura, e non l’Unità, «uccisa da tutta la sinistra», come il giornalista scrisse in un rabbioso editoriale anni fa?