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Zagrebelsky insulta il 'popolino': "Di cosa è il prodotto Trump, che gente c'è in Italia"

martedì 18 marzo 2025

3' di lettura

L'unica cosa che può mettere d'accordo la sinistra italiana, al di là di quelle che Gustavo Zagrebelsky definisce "fratture e divergenze", è l'odio comune per Donald Trump. Intervistato da La Stampa, è lo stesso presidente emerito della Corte Costituzionale, l'uomo che i 5 Stelle volevano portare al Quirinale, a rendere chiarissimo e plastico il senso di superiorità morale dei progressisti nei confronti del presidente americano.

Trump, sottolinea il professor Zagrebelsky, "è il prodotto della incultura in senso etimologico. Cultura ha la stessa matrice di coltura, coltivazione: si acquisisce lavorando un humus, un terreno, in tempi lunghi. C'è una parte del globo terracqueo, come direbbe la premier, a cui della cultura non importa niente, perché significa aspirazioni e obiettivi, ma anche limitazioni e costrizioni. C'è tanta gente che dice basta limiti, separazione dei poteri, diritti altrui. Li considera gabbie al prorompere di energie primordiali". 

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Chiarito questo punto di partenza, si può discettare di tutto il resto. Di una opposizione drammaticamente divisa sull'Ucraina, per esempio, e sul comportamento da tenere in Europa, con il Pd strattonato da tutti. Una impasse da cui è nata la piazza di sabato scorso a Roma, convocata da Michele Serra e da Repubblica e che invece di unire, pare aver messo in mostra le contraddizioni del cosiddetto campo largo e anche una certa lontananza dalla sua supposta base elettorale.

Tuttavia Zagrebelsky mostra un certo ottimismo e rilancia: "Penso che sarebbe importante che questo movimento riuscisse a uscire dai confini dell'Italia, diventando un movimento europeo europeista". Addirittura. Il problema della sintesi di quelle proposte e di quelle idee per il futuro, in certi casi antitetiche, finisce in secondo piano: "Questo è il lavoro che spetta alla politica - risponde il professore -. Intanto, a livello pre-politico bisogna essere d'accordo su due cose. La prima, è il desiderio di pace, che è alla base della nascita dell'Europa. Avendo la consapevolezza che viviamo il rischio di una guerra come mai l'abbiamo conosciuta finora. In passato i conflitti venivano combattuti con armi crudelissime, ma non definitive: si poteva farsi la guerra e poi tornare indietro. Dopo il nucleare, la tecnologia bellica non permette più di tornare indietro".

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Parole, parole, parole direbbero i più realisti. Anche a giudicare dal secondo presupposto di Zagrebelsky: "che l'Europa possa essere uno strumento per diffondere energia e forza di pace". Però, riconosce, "l'Europa di oggi è una scatola vuota. Ed è a un bivio: il carattere di uno stato è un'economia, una cultura e la sicurezza garantita da una forza difensiva. Ripeto: difensiva".

Faranno discutere, forse, anche le parole di Zagrebelsky, che ha origini sia russe sia ucraine, dedica alle "ragioni di Mosca": "Forse anche l'aggressione dell'Ucraina è stata determinata da una mancanza di fiducia. Forse la Russia, che è l'invasore, si sentiva a sua volta minacciata… La motivazione di Putin non è solo l'arbitrio, ma è radicata nella storia, nell'idea che dove si parla russo sia territorio russo. Non dico che sia una buona cosa, ma prima di tutto occorre comprendere. Tante volte si è ragionato così". 

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