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Lucio Caracciolo, l'intervista: "Nessuna trappola a Zelensky, ecco perché sbaglia. Putin? Stia attento..."
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Zelensky? «Sbaglia a litigare col presidente americano, è l’unico che può garantirgli un futuro». Trump? «Nessun “trappolone” al leader ucraino». Putin? «Avrà brindato, ma se salta la trattativa è un problema anche per lui». Capirci qualcosa, in questo rebus internazionale, non è semplicissimo. E allora, per provare a sbrogliare la matassa, bisogna rivolgersi a chi la geopolitica la mastica tutti i giorni. Come Lucio Caracciolo, fondatore e direttore di Limes.
Dopo l’incontro alla Casa Bianca, lei ha parlato a Otto e mezzo di un «suicidio assistito» di Zelensky. Cosa ha sbagliato il leader ucraino?
«Il suicidio è nel fatto che in una situazione di estrema debolezza si è messo a litigare con gli americani, che sono gli unici che possono garantirgli un futuro. Il suicidio, poi, è stato assistito perché Trump e Vance vedono in Zelensky non il leader ucraino ma l’uomo che ha complottato con Biden contro di loro. È stato uno spettacolo ma anche una tragedia».
C’è chi ha parlato di un «trappolone» teso da Trump a Zelensky...
«Trappolone? Non credo fosse una cosa programmata. Zelensky ha detto che con Putin non si può negoziare e dirlo davanti all’uomo che sta facendo il negoziatore, cioè Trump, significa in qualche modo non riconoscerne il ruolo. Certe cose avrebbe dovuto dirle in privato».
L’Ucraina oggi che cosa può fare? Qual è l’alternativa alla trattativa?
«Senza l’aiuto americano l’Ucraina non va da nessuna parte, lo sa bene anche Zelensky. Evidentemente ritiene di poter ottenere qualcosa alzando la voce con Trump. Temo che abbia fatto male i conti...».
Zelensky potrà continuare a essere il leader dell’Ucraina anche dopo la guerra?
«Bisogna capire quando saranno le elezioni, Zelensky da questo orecchio non ci sente. Forse dopo il litigio alla Casa Bianca spera di aumentare il suo consenso interno, mostrandosi come uno capace di tenere testa a Trump. È difficile anche fare previsioni sui possibili sfidanti, al momento il più autorevole sembra Valery Zaluzhny, ambasciatore ucraino a Londra».
Putin dopo il litigio di Washington è più forte?
«Putin vedendo la scena nello studio ovale ha sicuramente stappato lo Champagne, ma credo che dopo due o tre sorsi gli sia andato di traverso. Se la guerra continua la situazione diventa difficile anche per lui, i russi vogliono la pace. E se Zelensky dovesse cadere rischia di dover trattare con un leader più forte».
Il grande assente è l’Unione europea. Kissinger si chiedeva: «Qual è il numero di telefono dell’Europa?».
«La domanda di Kissinger è il punto di partenza e forse pure il punto di arrivo. Bruxelles non ha alcun ruolo e tra i vari Stati ci sono posizioni anche molto differenti. Di sicuro non ci si può più limitare a dichiarazioni di principio sulla necessità di stare con l’Ucraina. I Paesi più rilevanti nell’Unione dovrebbero impegnarsi nella trattativa, pur sapendo di poter contare su risorse limitate, anche militarmente».
Un’Europa politicamente così debole può pensare di difendersi militarmente da sola? Per Bruxelles, oggi, c’è un’alternativa alla Nato?
«Alcuni Paesi dell’Ue possono avere un potenziale importante se lo mettono in comune (penso a Francia e Italia, meno alla Germania), però in generale è impossibile rinunciare all’America. Ora la situazione è questa, poi forse, tra qualche decennio, le cose cambieranno».
Kiev nella Nato è uno scenario possibile? E nell’Ue?
«Nessuno ha mai promesso all’Ucraina che sarebbe entrata nella Nato. Abbiamo promesso, invece, l’ingresso nell’Ue, ma non credo sia possibile perché nessuno sarebbe disposto a finanziarlo. Salterebbero tutte le regole di adesione all’Unione. L’unica possibilità sarebbe quella di farli entrare solo formalmente, trattandoli poi da soci di serie C. Ma che senso avrebbe?».
L’Europa potrà continuare a lungo a fare a meno dell’energia russa?
«Dipende da come finirà la guerra. Se ci fosse un accordo forse anche le scelte sull’energia verrebbero riviste. Probabilmente i tedeschi spingerebbero in questa direzione».
L’opposizione ripete ogni giorno che Giorgia Meloni deve andare in Parlamento per chiarire la posizione del governo. Non è già abbastanza chiara?
«No, in realtà non è chiara. Questo governo è sempre stato con gli americani, ma nel frattempo gli americani sono cambiati. Aldilà di quello che chiede l’opposizione, è bene che il premier vada in Parlamento e spieghi le sue prospettive strategiche in questa fase».
Lei ha scritto che il vero vincitore della guerra in Ucraina è la Cina, che ha aumentato la sua influenza sulla Russia. Funzionerà la strategia di Trump di provare a far allontanare Mosca da Pechino?
«A far mettere insieme russi e cinesi sono stati gli americani nel 2014, sotto la presidenza Obama, favorendo in Ucraina la vittoria di un leader filo-occidentale, Petro Poroshenko. Oggi l’intesa tra Putin e Xi Jinping è nei fatti, ma nessuno dei due si fida completamente dell’altro. Quindi per gli Usa ci sono margini di manovra».
Elly Schlein ha detto che non considera l’America di Trump un alleato. In compenso a sinistra si guarda con molta più benevolenza alla Cina. C’è in Italia chi sembra preferire Pechino a Washington...
«In Italia un partito cinese esiste da parecchio tempo. La Cina ci offre molto ed entro certi limiti potremmo avere dei vantaggi economici. Ma ci sono considerazioni importanti di carattere geopolitico che rendono questa strada poco percorribile».
Nella “pax trumpiana”, oltre al conflitto in Ucraina, si inserisce anche il Medio Oriente. Lì si è arrivati a una tregua...
«La tregua è fragile. Israele non può accettare che la guerra finisca così, perché Hamas è ancora forte. È un conflitto che si può contenere, senza arrivare a una soluzione definitiva».
Ultima domanda: gli italiani cosa stanno capendo di tutto questo caos internazionale?
«Spesso facciamo i tifosi senza concludere nulla. C’è una certa incoscienza, anche se sembra che l’iniziale simpatia per l’Ucraina stia lasciando il posto a ragionamenti più pragmatici. E, se vogliamo, anche più cinici...».
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