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Toscani in politica era un manicheo che disprezzava la destra

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Eppure, il modo peggiore di affrontare la morte di Oliviero Toscani sarebbe quello non “toscaniano”. Se la morte è sempre morte di qualcuno, è la tragedia che coincide da sempre col venire al mondo («imminenza sovrastante specifica», la chiamava il filosofo Martin Heidegger), in questo caso lo sfregio alla memoria sarebbe quello della reticenza, dell’eufemismo, dell’ipocrisia. No, Oliviero Toscani non si è mai nascosto dietro la parola edulcorata (fino a fare di questa schiettezza una forma di marketing, ma ci arriviamo), e quindi a maggior ragione oggi abbiamo la responsabilità di non farlo noi, che lo abbiamo spesso e senza ipocrisia criticato. Sì, perché il Toscani artista, o creativo, o abile fotografo (dipende dal grado di entusiasmo estetico per la sua opera, ma esula da questo pezzo) si è, quasi da subito, irrimediabilmente fuso col Toscani polemista e incursore nella trincea dell’attualità, né poteva essere altrimenti per uno che viveva il teleobiettivo anzitutto come arma contundente. Forse in questo senso è stato l’ultimo rappresentante del grande equivoco dell’engagement teorizzato da Jean-Paul Sartre, per cui lo scrittore (e per esteso l’artista) deve «abbracciare la propria epoca fino a fondersi in essa». (...)

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