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Iginio Massari, si confessa: "Per chi ho fatto la torta tricolore, da dove arriva il mio nome"

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Daniele Priori
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L’Italia diventa una grande pasticceria con la firma inconfondibile e pluridecorata del Maestro Iginio Massari. Il genio della dolcezza italiana infatti, alla bella età di 82 anni, dopo a una vita come eccellenza assoluta nell’arte pasticciera iniziata in Svizzera all’età di soli 14 anni, torna a rilanciarsi anche come personaggio televisivo, inaugurando una nuova trasmissione su Food Network (canale 33 Ddt) e sulla piattaforma streming Discovery+. Si chiamerà Sweet Home, un programma inedito dedicato al mondo dell’alta pasticceria italiana, scritto da Gianluca Antonelli, con la direzione di produzione di Massimo Giudici e la regia di Michelangelo Ingrosso. La trasmissione sarà condotta da Irene Colombo, che avrà al suo fianco proprio il Maestro Massari. «La comunicazione in pasticceria è fondamentale per trasmettere il valore dell’artigianalità e dell’eccellenza - ci spiega Iginio- perché ogni dolce racconta una storia che va oltre i semplici sapori. Una comunicazione efficace, che passa anche dal mezzo televisivo in una chiave innovativa e di forte carica empatica, permette di creare una connessione autentica con il cliente finale, educando il palato e diffondendo così la cultura della pasticceria ad alto livello».

Maestro, lei si chiama Iginio, con la doppiai. Anche il suo nome è una rarità...
«È l'unica eredità che ho avuto da un mio zio che è morto due mesi prima che io nascessi. Era un sommergibilista, è morto sotto il mare».

Nel suo nuovo programma ci presenterà anche altri 29 ambasciatori della dolcezza...
«Presenterò con Irene questi 29 pasticcieri che parteciperanno allo spettacolo. Entreranno vestiti con la giacca che poi toglieranno per mettere i grembiuli e iniziare a preparare, come amici di famiglia, dolci di grande qualità con grande semplicità».

 

 

 

C’è uno dei tanti dolci della tradizione italiana che ancora oggi riesce a stupirla, di cui magari non conosceva una variante?
«Dire che si conoscono tutti i tipi di dolce è una presunzione. Ci sono migliaia e migliaia di ricette. Basti pensare che in Italia esistono ben 1500 tipologie di pane. Per calcolare quanti possono essere i dolci li moltiplichi almeno per dieci. Un’infinità. Poi ci sono dolci regionali, provinciali, dei vari paesi che magari non si fanno più e si vanno a riscoprire. Diciamo che in questo viaggio c’è dentro quasi tutto lo Stivale».

Ci racconti i suoi inizi. Quando da ragazzo ha deciso di voler diventare pasticciere?
«E’ sempre stato il lavoro che mi ha attratto di più. Il vero lavoro da professionista l’ho iniziato a 14 anni quando sono andato in Svizzera».

Qual è l’elemento o il dolce che l’ha rapita più di altri in assoluto?
«La crema bavarese che faceva mia madre che io lo chiamo il dolce del sentimento che mi ha fatto sognare perché aveva la leggerezza come di una nuvola. La porto dentro come fantasia o immagine di quello che poteva darmi la mamma in quel periodo. Mamma che peraltro è rimasta la mia competitor. Non sono ancora riuscito a farla come la faceva lei. Perciò cercherò sempre di farne una migliore...».

Crema bavarese a parte, lei è considerato il “padre putativo” del panettone e del pandoro. Si riconosce in questa definizione?
«Questo è quanto dicono gli altri e io lo accetto volentieri. Di certo posso dirle che nel 1975, l’anno in cui è nata mia figlia, ho destagionalizzato il panettone in suo onore. Poi sono stato anche il primo nella storia a fare il panettone al cioccolato. L’ho destagionalizzato perché è talmente buono che non credo possa essere limitato al cestino natalizio. Così noi lo produciamo tutto l’anno, ad eccezione del periodo in cui facciamo le colombe».

I suoi figli hanno seguito la sua stessa passione?
«Mia figlia Debora si è laureata in Scienze Alimentari, mio figlio Nicola prima ha studiato informatica. Entrambi ora hanno con ottimi risultati la responsabilità della ricerca e dello sviluppo della Iginio Massari Alta Pasticceria».

È vero che lei, ancora oggi, si sveglia molto presto per badare di persona alle sue creature oppure è un mito?
«Non è un mito. È sempre stata semplicemente la mia vita. Quando sono andato in Svizzera come emigrante cominciavo a lavorare alle 2,30-3 del mattino e finivo la sera alle 20. Il lavoro non mi ha mai dato fastidio. Mi ha dato sempre gratificazioni e forse più di quello che meritavo. Ma non ho mai parlato di sacrificio perché se fosse stato un sacrificio non avrei fatto questo lavoro...».

Prima di Sweet Home ha partecipato a più edizioni di Masterchef. Si sente anche una star televisiva?
«Per quattro anni ho condotto una trasmissione televisiva. Anche quest’anno ho partecipato a come ospite fisso a Bake Off Italia in onda tutti i venerdì su Real Time, che si concluderà il prossimo venerdì 13 dicembre, e ora iniziamo questa nuova trasmissione assieme all’associazione che presiedo Apei (Ambasciatori Pasticceri dell’Eccellenza Italiana), in cui oltre ai pasticcieri ci saranno anche cioccolatieri e gelatieri».

 

 

 

C’è qualcuno nel mondo dello spettacolo che è un suo cliente affezionato o a cui è affezionato lei?
«Senz’altro Andrea Bocelli, che per celebrare il 30esimo anniversario della sua carriera ha voluto i miei dolci. Ci conosciamo. Siamo buoni conoscenti. Con Al Bano ci frequentiamo due-tre volte l’anno. Lui vola con le sue canzoni, come io volo con i dolci» (Sorride) In politica e in diplomazia spesso si sono associati piatti a riunioni o decisioni storiche: dalle pennette tricolore che Berlusconi faceva preparare ai G8 al più prosaico «patto della crostata».

È stato mai testimone, lei o una delle sue creazioni, di uno di questi momenti cruciali tra primi ministri o politici in genere?
«Sono stato consulente di Fanfani quando doveva fare i pranzi importanti. L’idea della bandiera italiana a tavola c’è sempre stata fino a 15/20 anni fa, poi ha perso successo... Però poi nel periodo del Covid, nel 2021, per far giocare le persone a fare i dolci in casa ho inventato la Torta Italia con il kiwi, una crema alla mandorla e il lampone. La rifaremo perché le persone la richiedono molto».

Le sue pasticcerie sono ormai nelle principali città italiane. Riesce a mantenere tutto a dimensione d’uomo oppure anche la sua firma è diventata un marchio globalizzato?
«Per il momento riusciamo a controllare un po’ tutto. Chiaramente ci sono linee guida che devono rispettare. La cosa che non capisco è che continuano a parlare di disoccupazione ma noi si fa fatica a trovare dipendenti...».

La sua firma è arrivata anche a Dubai e a Londra da Harrod’s: è vero?
«Sì. Siamo entrati l’anno scorso in Harrod’s a Londra con i nostri prodotti, ma non ci hanno concesso di avere un negozio. Quest’anno ce l’hanno richiesto ma senza negozio non abbiamo accettato. Poi lì sono potenti vogliono imporre i loro prezzi... Se avessimo avuto un negozio nostro sarebbe stato diverso».

C’è qualche dolce internazionale dal quale ha tratto ispirazione?
«Le posso dire che un dolce che era italiano e poi i francesi hanno fatto loro: il macaron, che deriva da maccarone. Nel museo che c’è in Francia però dichiarano che quel prodotto è di origini italiane».

Un personaggio internazionale per il quale ha lavorato?
«L’anno scorso abbiamo fatto il panettone perla casa reale di Spagna e per la regina della Svezia che ce l’ha chiesto attraverso l’ambasciatore. Però la cosa più strana che può sembrare strampalata l’ho fatta trenta o quarant’anni anni fa a Venezia, quando ho fatto un corso per insegnare alle principesse europee come fare dolci senza sporcarsi le mani». avevo curato una cosa che avevva insegnavo alle principesse europee come non sporca».

Come trascorrerà le feste di Natale di quest’anno? Avete preparato qualcosa di speciale?
«Il panettone resta in questo momento il centro del nostro lavoro. Le richieste per il momento sono esuberanti nel senso che facciamo fatica a starci dietro. Il Natale di solito lo passiamo in un ristorante che abbiamo da 30 anni dove mangiamo, sempre qui a Brescia, con tutta la famiglia. Saremo con i nostri tre nipoti: la figlia che ha due maschi e mio figlio che ha una bambina di 11 mesi, e poi andiamo a casa dove passiamo il pomeriggio con i giochi da tavolo».

 

 

 

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