Alessandro Orsini, la sparata: "Giorgia Meloni va processata". Insorge FdI
Poi, all’improvviso, il genio. Perché il professor Alessandro Orsini (un sintagma unico, per le sue numerose groupie sparse nelle redazioni) è un genio. Ovviamente, bisogna intendersi sul campo d’azione. Nella fattispecie, l’uomo che fa sembrare Dmitrij Peskov (portavoce del Cremlino) un critico di Putin è un genio della geopolitica ridotta a passatempo narcisista, della sparata fintamente meditata, dell’alzata compulsiva della soglia del ridicolo. Questa volta, bisogna dire, l’ha proprio infranta, approdando in un terreno incognito anche per lui, dove di quel vago legame che pur sussisteva tra il suo Ego scalciante e la realtà non ne è più nulla.
Essì, perché all’ora di pranzo si è presentato sui suoi social ponendosi la seguente domanda: «Giorgia Meloni è una criminale politica?». No, non aveva mangiato pesante, su questo nonsense di cui si vergognerebbe perfino Formigli ci ha «condotto una ricerca accademica» (chiediamo scusa a Platone, fondatore dell’Accademia) che «confluirà nel mio prossimo libro«. Dove il lettore potrà reperire «molti documenti» (gli articoli dello stesso Orsini sul Fatto Quotidiano, sospettiamo) i quali dimostrano irrevocabilmente che «la presidente del Consiglio dei ministri della Repubblica Italiana è una criminale politica coinvolta nel genocidio del popolo palestinese».
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Cioè, non solo si dà per scontato che la risposta della democrazia israeliana al pogrom nazi-islamico che ha macellato i suoi civili si chiami “genocidio”, ma si teorizza che Giorgia Meloni e il nostro governo stiano collaborando attivamente al crimine immaginario. Attenzione, «il coinvolgimento di Giorgia Meloni nel genocidio dei palestinesi è molteplice», a Orsini non la fai. Esattamente, «si articola in quattro livelli». Il primo è «militare, con la vendita di armi a Israele» (tendiamo a credere non così decisiva per uno Stato iper-avanzato dal punto di vista bellico e tecnologico e iper-rifornito dagli Stati Uniti, ma siam mica professori).
Quindi, ci sono il livello «politico» (la premier doveva rompere le relazioni con lo Stato ebraico e ricevere Sinwar, parlandone da vivo, in sintesi), quello «diplomatico» e quello «mediatico, attraverso la manipolazione dell’informazione su Gaza che Meloni riesce a esercitare mediante il controllo della televisione e della radio pubblica». Qui l’orsinismo evolve in dadaismo: ci vuole seriamente convincere che il dramma di Gaza (che è diverso dal genocidio, è il dramma da sempre sinonimo di guerra) è rimosso dal palinsesto Rai, punta direttamente alla circonvenzione d’incapace. In ogni caso, «le scienze sociali» (con cui Orsini palleggia al mattino ostentando la disinvoltura di un incrocio riuscito tra Messi e Max Weber) consentono decisamente di affermare che «Giorgia Meloni lo è, è tale, è una criminale politica che andrebbe processata per il suo coinvolgimento nello sterminio dei palestinesi».
Motivazione della sentenza, al termine di un processo nel quale Orsini è giudice, giurato, piemme, scienziato sociale, prezzemolino tivù e tuttologo social a casaccio: «Tutte le sue decisioni formali sono state finalizzate a consentire a Netanyahu di proseguire il bombardamento di Gaza, impunito e indisturbato». Ché se la traduzione nel linguaggio di noi terrestri fosse «Meloni ha pervicacemente sostenuto il diritto d’Israele ad esistere e a difendere la propria popolazione, ribadendo l’alleanza storica con l’unica democrazia del Medio Oriente», ci sarebbe piuttosto da proporla per una medaglia. Ma sono dettagli. Quel che conta è che arrivino, il prima possibile, quei due famosi infermieri a prendersi cura del soggetto.
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