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Ezio Mauro, sparata da record: "Giorgia Meloni non è occidentale"

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Domenica. Tempo di articolesse e di allarmi democratici, due specialità della casa a Repubblica, dove in questa occasione - domenica 17 novembre - si esercita Ezio Mauro. E il titolo dell'editoriale permette di comprendere sin dal principio quale sia il vero bersaglio grosso: "La destra di Meloni a un bivio". Già, nel mirino c'è sempre il premier, Giorgia Meloni. Ezio Mauro ragiona sui tempi che cambiano, sull'avanzata delle destre e dei sovranismi, su come Viktor Orban in Europa sia la figura simbolo di questo paradigma.

Ovviamente non si può non passare - più di un passaggio, anzi - per le recenti elezioni Usa, per la vittoria di Donald Trump che sta letteralmente seminando il panico nell'universo progressista globale. "Oggi con la vittoria di Trump cadono tutti i paramenti sacri che hanno adornato la democrazia nel secolo, lasciandola nuda dopo averla rispettata come l’espressione suprema dell’etica pubblica, garanzia di pace, convivenza, benessere e soprattutto libertà - scrive Ezio Mauro -. Ormai queste conquiste si possono raggiungere e garantire non più attraverso la regola e l’equilibrio, ma con la pura forza e il consenso che la legittima, dispiegando finalmente fino in fondo le facoltà segrete del potere e le potenzialità integrali del comando, mai davvero sperimentate negli ultimi ottant’anni in questa parte del mondo", sospira.

Il rischio, nemmeno a dirlo, è la deriva autocratica (se proprio non vogliamo chiamarla dittatura). "È come se le Costituzioni occidentali ci invitassero a tener d’occhio il potere scelto dal popolo, perché non deragli - riprende Ezio Mauro -. Ma il ribaltamento in corso è talmente radicale che il sistema regolatorio garantito dal meccanismo democratico da elemento di tutela dagli abusi è diventato freno e limite all’esercizio legittimo della sovranità. Ed è come se le crisi a catena che ci hanno assediato negli ultimi anni ci spingessero a liberare il potere vittorioso da tutti i lacci e i lacciuoli, affinché i nostri sistemi esausti vengano finalmente investiti dall’energia rifondatrice del comando, fondamento libero e autonomo della nuova era". E ancora: "È la post-democrazia, esito inevitabile della semplificazione populista, che nella demagogia del popolo finisce per attribuire alle sue scelte un potere che trascende le norme generali. In fondo, la semplificazione è un’eccezione permanente che conosce solo due soggetti, l’eletto e l’elettore, nell’illusione di poter fare a meno del sistema, con tutta la sua complessità".

 

 

In ogni caso, l'ex direttore di Repubblica ci spiega che "non ci sarà nessun assalto frontale alla democrazia: semplicemente formule democratiche, istituti di garanzia, ruoli di controllo appassiranno, finiranno fuori uso in nome dell’immediatezza del comando, e infine cadranno come foglie secche, staccandosi semplicemente dall’albero del sistema". Già, in ogni caso secondo l'editorialista siamo spacciati. Anzi, "sta già accadendo: non è un caso, infatti, se un miliardario come Elon Musk, imprenditore-innovatore in settori strategici e con un patrimonio netto maggiore del Pil del Portogallo, si affaccia direttamente alla politica con un incarico nel governo trumpiano proprio oggi, quando la formula di salvaguardia del 'conflitto di interessi' è ingiallita e marcita sul marciapiede della democrazia, finendo praticamente espulsa dal lessico politico come spazzatura, proprio mentre nasce la figura 'dell’oligarca occidentale'". Poteva mancare lo spuaracchio Musk? No, ovviamente no.

E finalmente, dopo lunghe e inquietanti digressioni, si arriva al nostro orticello. Si arriva al bersaglio grosso. Si arriva alla Meloni. "Qualcuno si aspetta che sia Giorgia Meloni a 'bemollizzare' il trumpismo, facendo da ponte nel rapporto tra la nuova America e la vecchia Europa, ma applicando anche una specie di dazio etico-valoriale alle punte più estreme della predicazione politica della Casa Bianca - riprende Ezio Mauro -. Non c’è dubbio che la premier si è conquistata nelle relazioni internazionali un prestigio e un credito che il suo governo con la povertà della classe dirigente non riesce a far valere in Italia. Ma bisogna tener conto di due ostacoli a questa presunta ambizione meloniana di giocare a tutto campo". 

Dunque ecco i due ostacoli: "Il primo è la concorrenza di Salvini, che avrebbe troppo terreno sgombro davanti a sé, per la conquista della bandiera della destra. Il secondo ostacolo è identitario, ed è il più difficile da superare. L’ obiezione a Trump può nascere infatti solo da una coscienza europea sperimentata, capace di ricordare al presidente Usa che l’Europa è debole politicamente ma ha in sé un deposito di storia e di cultura politica che la trasforma nella terra della democrazia dei diritti e della democrazia delle istituzioni, i due fondamenti dell’Occidente. Ora, Meloni è sinceramente atlantica, come dimostrano le scelte per l’Ucraina, ma altrettanto sinceramente non è occidentale, nella declinazione dei suoi valori di riferimento. Così corriamo il rischio che tra le foglie appassite dal vortice trumpista ci sia anche la nostra identità occidentale, in quest’autunno della democrazia", conclude Ezio Mauro. E con somma sorpresa scopriamo che Giorgia Meloni, addirittura, non è "sinceramente occidentale". E questo perché, va da sé, non condivide i valori democratici dell'Occidente, appunto. Questo ovviamente secondo Ezio Mauro, rassegnato ad un "autunno della democrazia" che scorge soltanto quando a Palazzo Chigi non c'è la sinistra. Un caso?

 

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