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Federico Rampini, le balle della sinistra su Trump: "Le assurdità dei media progressisti. Io c'ero..."

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Scrive da New York, l'ultimo baluardo democratico in un'America trumpiana. Il cuore radical chic di una metropoli che ha vissuto come uno choc l'erosione progressiva dell'elettorato di sinistra. Forse per questo il reportage di Federico Rampini dalla Grande Mela per il Corriere della Sera risulta ancora più devastante per il lettore-tipo progressista italiano. 

Da tempo l'ex firma di Repubblica sta minando alla base la mitologia woke, della società libera, moderna, da prendere come esempio e da contrapporre al "popolo becero" della destra e di Trump. A New York, sottolinea, "solo negli ultimi 4 anni" il tycoon "ha conquistato centomila voti in più. Quasi tutti nei quartieri popolari: Bronx, Queens, la parte meridionale di Brooklyn. I suoi nuovi elettori sono in prevalenza black, latinos, asiatici".

 

 

 

E qui si inserisce la surreale lettura dell'evento clou degli ultimi giorni di campagna elettorale: "Un segnale premonitore c’era stato al raduno di Trump nel Madison Square Garden, domenica 27 ottobre. I media progressisti avevano evocato assurdi parallelismi con un raduno nazista nel 1939. Io c’ero - rivendica il corrispondente -, ho fatto la fila per ore senza riuscire a entrare (lo stadio coperto ha fatto il tutto esaurito, ventimila posti, altrettanti sono rimasti fuori). Era evidente la varietà multietnica, ero circondato da black, latinos, indiani, arabi. Più tante donne e giovani". Come dire: Trump riesce a conquistare il voto di tutte le categorie e di tutti gli strati sociali dell'America, mentre clamorosamente sono i democratici a rinchiudersi progressivamente nel loro guscio.

 

 

 

In questo senso, New York è lo specchio di questa deriva: "La Grande Mela è stata un laboratorio sperimentale delle politiche più radicali, sotto l’egemonia di personaggi come la deputata Alexandria Ocasio-Cortez o il procuratore eletto Alvin Bragg (quello che fece condannare Trump nel processo sulla pornostar). L’elenco è lungo. Ai tempi del sindaco Bill de Blasio lo slogan di Black Lives Matter «de-fund the police» divenne realtà, le forze dell’ordine furono accusate indiscriminatamente di razzismo, subirono tagli di risorse e di organico. Il risultato fu un’impennata degli omicidi e altri reati, soprattutto ai danni delle minoranze etniche e classi lavoratrici nei quartieri popolari". Proprio quelle che oggi alimentano la macchina-Trump. 

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