Shamsul, l'immigrato che sfida il governo: perché l'Italia rischia di dover accogliere mezzo pianeta
Sembra la pubblicità progresso o, fate voi, quella del Mulino Bianco. Giriamola come vogliamo ma una storia raccontata da Repubblica nei giorni scorsi - e sulla quale si è registrato un mutismo sospetto - racconta bene quanta demagogia ci sia sull’accoglienza, sull’immigrazione, sulla retorica dei poveri disperati perseguitati dai regimi. Se hai debiti nel tuo Paese, è la sostanza, è giusto che l’Italia ti accolga. Se la voce si sparge, arrivano qui gli indebitati di mezzo mondo, lasciando però in mezzo al guado quelli di casa nostra: dove li mettiamo?
No, non è una barzelletta, ma la storia incredibile che ha riguardato Shamsul Islam, trentenne proveniente dal Bangladesh. È uno dei vincitori del ricorso contro il decreto sull’Albania e ora vuole vincere anche la partita per non ritornare al suo Paese. Laggiù non ha rischi da correre; lo aspettano solo le banche che ha lasciato all’asciutto con i debiti. Oppure qualche usuraio a cui si sarà rivolto con i suoi, evidentemente in maniera non esattamente legale.
Ovviamente, da noi viene glorificato. Il Bangladesh è un Paese considerato sicuro, ma evidentemente non generoso se vuole addirittura riscuotere i crediti che hanno le sue banche. Ma come si fa, è il coro che salirebbe se fosse rimpatriato, siamo davvero cattivi. Nello scorso mese di settembre il giovanotto ha fatto domanda di protezione internazionale, ma la commissione territoriale di Forlì gliel’ha rifiutata «per manifesta infondatezza», perché il Bangladesh fa parte della lista dei Paesi sicuri definita dal governo.
In pratica, «a che titolo la chiedi». E lui deve essere scoppiato a piangere, anche perché, pur volendolo, è davvero difficile verificare la fondatezza delle sue affermazioni. «Sono disposto a fare qualsiasi lavoro, qui in Italia, mi basta lavorare. Mi va bene tutto, pur di non tornare in Bangladesh. Lì rischio il carcere, o anche peggio», ha detto al giornalista che lo ascoltava con la boccuccia a forma di “ma però” e il taccuino bagnato dalle lacrime. Del resto, lui - il migrante - è già una specie di eroe per quelli di Repubblica. Perché il suo ricorso ha contribuito ad attivare il rinvio pregiudiziale del decreto legge Paesi Sicuri alla Corte di Giustizia dell’Unione Europea, dettato da motivazioni che hanno già fatto infuriare abbastanza il governo del nostro Paese.
Infatti i giudici sono arrivati a scrivere che «il sistema della protezione internazionale è, per sua natura, sistema giuridico di garanzia per le minoranze esposte a rischi provenienti da agenti persecutori, statali o meno. Si potrebbe dire, paradossalmente, che la Germania nazista era un Paese estremamente sicuro per la maggioranza della popolazione». Parole incredibili servite al ricorso di un signore che ha debiti nel suo Paese e quindi necessità di accoglienza. Manicomio tricolore.
Ma che cosa gli è successo al povero Islam? «Mio padre e mia madre sono molto malati e non possono lavorare, per cui negli ultimi dieci anni sono sempre stato io ad occuparmi del mantenimento della mia famiglia e dei miei due fratelli più piccoli- ha raccontato assistito da un interprete -. Ma i farmaci che servono per le loro cure sono molto cari e a un certo punto non ce l’ho fatta più. Ho dovuto vendere la mia casa e chiedere un prestito in banca di circa 8mila euro, che non riuscivo più a restituire». Caspita, lo sa quanti italiani hanno sofferto o soffrono la sua condizione? Che fanno? Espatriano anche loro alla ricerca di banche molto più disponibili?
In Italia Shamsul Islam arriva dopo un passaggio in Romania. Il 12 ottobre dello scorso anno lascia il Bangladesh, «per la prima volta», dice lui. «Lì ho lavorato per sei mesi in un’azienda agricola, ma è andata male, non mi hanno pagato quello che mi spettava, l’azienda ha chiuso». Mica ha fatto una vertenza, ha pensato «in Italia mi andrà sicuramente meglio». E dunque eccolo qui da noi. Ma non è certo diventato ricco e ora, se lo costringessero a tornare in Bangladesh perché qui non si capisce di quale protezione debba aver bisogno, rischierebbe il carcere. E tutto questo perché «la banca mi ha denunciato». Non doveva? È stato un abuso di potere? Vallo a capire.
Poi ha saputo che «nel frattempo i miei genitori si sono indebitati ancora di più, per sopravvivere, con degli usurai che hanno già picchiato mia madre e mio fratello, dicendo che la prossima volta rischiano la vita». I suoi avvocati gli sono ovviamente al fianco, ma anche loro immaginiamo che possano capire le perplessità che nutriamo. Se davvero questa è una motivazione- i debiti e la “minaccia” di doverli pagare - qua ci ritroviamo una marea di migranti clandestini in più. Vi è chiaro?