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Emilio Salgari, un eroico ballista dei due mondi: le lettere svelano l'impensabile

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S i può essere un genio acclarato e, nel contempo, un ballista di prim’ordine: l’una cosa non esclude l’altra ed anzi, la capacità di edificare un’intelaiatura di frottole è sintomo di intelligenza acuminata. Parliamo di Emilio Salgari, prolifico artefice di avventure rutilanti nei mari e nelle selve le più lontane. Nella veste di contatore di fole, era uso far credere al prossimo di essere stato un eroe capace di solcare le onde più perigliose. «Sapendo quanto sia diffuso il di lei giornale», scriveva nel 1883 all’editore del settimanale La Valigia, caldeggiando la pubblicazione del racconto d’esordio I selvaggi della Papuasia, «io, giovanotto sconosciuto a Milano ma di qualche nome a Verona, antico cadetto della marina mercantile, che ha viaggiato il mondo, assai studiato e assai provato, le mando questo mio scritto» avente a tema «un naufragio sulle coste della N. Guinea, e commoventi episodi, abilmente descritti per quanto compete a un uomo di mare». Nulla di vero in ciò: provò sì a frequentare l’Istituto Navale, ma ancora un poco gli crescevano le orecchie d’asino per quanto era stato somarello. (...)

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