Roberto Saviano, delirio di onnipotenza a Francoforte: "Io sono la luce"
Resta una delle battute più belle della storia del cinema, “tu, hai visto la luce?”, chiedeva Elwood a Jake nei Blues Brothers. Pronti a partire in missione per conto di Dio. Il Saviano approdato sul Meno è dalle stesse parti. L’ha detto davvero, «io ho acceso la luce», attribuendosi come recente merito aver riportato il turismo a Napoli, altro che sputtanarla con storie di camorra e delinquenza comune. Io ho acceso la luce e sono gli altri a goderne.
Chi, albergatori, ristoratori, terziario oppure quelli che nel governo continuano a dire che l’Italia è un Paese bellissimo e poi non fanno nulla? Ci devo proprio pensare io. I deliri organizzati di questo modesto personaggio ormai si sprecano e sarà dura rientrare in un processo di normalizzazione, che poi vorrebbe dire parlare di letteratura e di libri mentre Roberto Saviano questi argomenti li ha superati, impegnato com’è ad attaccare il governo, lo Stato, lamentandosi della censura proprio mentre comizia, un controsenso visto che se parli alla Buchmesse di Francoforte davanti a qualche decina di persone ammassate in un corridoio davanti allo stand di Pen (non potevano dargli una sala, sti tedeschi saranno nazi pure loro) significa che nessuno ti sta censurando.
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LO SCHEMA SI RIPETE
I suoi argomenti sono noti e arcinoti, già li avevamo sentiti al Salone del libro di Torino e lo schema si ripete allo stesso modo con un presentatore compiacente messo lì per insaponarlo. C’è però una novità, quasi un annuncio. Saviano prossimamente si occuperà delle infiltrazioni della malavita nelle curve degli stadi. Nonostante gli ultrà abbiano escluso la presenza della ‘ndrangheta a San Siro lui sa, come ogni volta, e ci informa che l’omicidio Bellocco ha tale matrice perché queste cose le studia «da sempre». Presto o tardi ne uscirà un libro, vedrete.
L’intervento dell’“escluso” Saviano altro non è se non l’ennesimo episodio di una Buchmesse dove cronaca, politica, fantapolitica, teoria del complotto, la fanno da padroni. Si registra il fastidio di non poter festeggiare l’Italia ospite d’onore esibendo il meglio della nostra produzione editoriale, parlare di letteratura, dialogare con gli autori. Niente affatto, la polemica è all’ordine del giorno, ogni santo giorno, con Paolo Giordano capetto degli aventiniani, Antonio Scurati ad attaccare i ministri del governo, Saviano che ulula contro le nuove forme di censura che «ti tolgono l’acqua» e meno male che i tedeschi lo hanno accolto come un figlio, seppur in corridoio.
Non è tutto così, per fortuna, nel nutrito programma che ieri ha avuto tra i picchi il duetto tra Alessandro Barbero e Aldo Cazzullo su come divulgare la storia, la lectio di Alessandro Baricco su letteratura come impegno civile, dove lo scrittore torinese ha ben spiegato la differenza tra cronaca e letteratura rivendicandone la matrice colta, il confronto sulla traduzione con Paolo Nori traduttore dei classici russi - e Marco Balzano, il cui ultimo romanzo Bambino sta per uscire in tedesco. Oggi ci saranno Daniele Mencarelli, l’illustratore Lorenzo Mattotti e persino Nicola Lagioia, come al solito ipercritico di qualsiasi cosa non sia farina del suo sacco, stavolta se l’è presa con gli intermezzi musicali, troppo leggeri e provinciali per uno che ascolta solo Stockhausen. È giunta voce di un altro intellettuale cui non piace il titolo “Radici nel futuro”, definito addirittura almirantiano. Non credo esista al mondo nessuna classe intellettuale che si dedichi allo sputtanamento programmatico del proprio Paese invece di sfruttare al meglio le occasioni. Italiani sempre litigiosi e antipatriottici, obiezione giusta.
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“RITORNO DEI FANTASMI”
Dopo un’ora masochista di savianate, dove si passa dalle considerazioni sul capolarato risultato della politica di destra (e Sohumahoro?) a guai chi osa insinuare il sospetto che lui si sia arricchito, perché non è mica un francescano, insomma le spese le ha anche lui, l’antiprogramma prevedeva il panel su «il ritorno dei fantasmi» a cura degli autori firmatari della lettera aperta, rassicurati dal presidente dell’AIE Innocenzo Cipolletta, non sarete mai soli. Si presentano in quattro signore, due italiane, due tedesche e non è una barzelletta perché se in Italia hanno paura della Meloni figuriamoci in Germania con il successo di Alternative fur Deutschland. Difficile essere d’accordo con Donatella Di Pietrantonio, anche lei preoccupata per i diversi episodi di censura, piccoli puntini neri su un foglio bianco sempre più addensati, citando con fare materno il caso Scurati del 25 Aprile (notizia dell’ultima ora, il prossimo anno che ne saranno passati 80 uscirà M5, siamo alla follia), la questione Saviano e quella di Raimo, insegnante cattivo che vuole picchiare i fasci invece di lavorare. La scrittrice abruzzese, vincitrice dell’ultimo Strega, gode di una visibilità persino insperata e la sfrutta come tutti invece di parlarci di romanzi. Perciò la domanda sorge spontanea: ma questi sono veri scrittori (e prima ancora verrebbe da chiedersi lettori) o non piuttosto polemisti, animali da talk show, politicanti mancati?