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Sinwar, il peggio delle vedove del terrorista: "Ti amiamo", "Non morirai", "Terribile leggenda"

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"Una terribile leggenda", questo era, è e sarà Yahya Sinwar per Israele. Parola di Domenico Quirico, finito nel mirino del Foglio per il suo "elogio funebre" pubblicato su LaStampa.it pochi minuti dopo la notizia dell'uccisione del leader di Hamas per mezzo di un drone durante una operazione a Rafah.

Già dopo l'eliminazione del capo di Hezbollah Nasrallah, ricorda il quotidiano diretto da Claudio Cerasa, lo stimato inviato di guerra del quotidiano torinese "aveva vergato una furibonda odiografia", parlando di "implacabile caccia ai capi e l’anima perduta di Israele". Ora, per ricordare Sinwar, parla di "l'ombra, l’enigma, il signore di un atroce mondo sotterraneo". Tutto molto poetico, romanzato. Altro che le accusa a Gomorra per la mitizzazione dei boss della camorra, insomma. Il capo di Hamas, la mente dietro le stragi del 7 ottobre, era "la prova, inafferrabile ma somaticamente incancellabile, che Israele, a causa sua, aveva perso irrimediabilmente una guerra". E in ogni caso, dopo la sua eliminazione, "è con qualcosa di ancor più potente che Israele dovrà fare i conti, la sua terribile leggenda contro cui non basteranno intelligence del Mossad e bombe".

 

 

 

Ma Quirico non è il solo e sempre il Foglio raccoglie il meglio del peggio di chi, in Italia e in Occidente, sembra gridare: "Sinwar ti amiamo, non lasceremo che tu muoia". Per loro non era il macellaio di Khan Younis, ma un idolo. Lo scorso settembre, ricorda il quotidiano, il suo volto campeggiava nelle bandiere nella piazza anti-israeliana a New York, ed era il punto di riferimento dei movimenti pro-Pal che hanno messo a ferro e fuoco le più prestigiose università americane scandendo gli slogan "Radere al suolo Tel Aviv" e "Hamas, ti amiamo".

 

 

 

In Svezia coloro che marciavano insieme a Greta Thunberg gridavano “Sinwar non ti lasceremo morire", mentre gli attivisti filo-Gaza marchiavano con il triangolo rosso rovesciato, simbolo utilizzato da Hamas per indicare i suoi obiettivi militari ("Una specie di svastica politicamente corretta", ironizza amaramente il Foglio) il memoriale della Shoah a Parigi o la casa di Anne Pasternak, direttrice del Brooklyn Museum. Tanti opinionisti e commentatori europei per settimane hanno equiparato senza apparente scandalo le figure di Sinwar e del premier israeliano Benjamin Netanyahu, "a insinuare che gli ostaggi erano ostaggi di entrambi, che pari sono".

 

 

 

"Se Israele non lo avesse eliminato e se Sinwar fosse uscito da Gaza con un accordo con Gerusalemme, il leader di Hamas sarebbe finito come Marwan Barghouti, l’architetto della Seconda Intifada scambiato per un Mandela dai giornali italiani, cinque ergastoli da scontare in Israele e che in Francia, in cittadine come Valenton, si è visto persino intitolare un viale Marwan Barghouti. 'Deputato palestinese, resistente, arbitrariamente imprigionato in Israele'", conclude il Foglio

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