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Socci: Sammy Basso, una lezione che profuma di santità

Antonio Socci
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«Tu lo sai bene: non ti riesce qualcosa, sei stanco e non ce la fai più. E d’un tratto incontri nella folla lo sguardo di qualcuno -uno sguardo umano - ed è come se ti fossi (...) accostato a un divino nascosto. E tutto diventa improvvisamente più semplice».

Questo pensiero (dal film “Andrej Rublëv” di Andrej Tarkovskij) descrive l’impressione che hanno fatto a tantissimi le parole di commiato lasciateci da Sammy Basso, che sono rimbalzate sui social, sorprendendoci e commuovendoci. La stessa impressione che Sammy faceva da vivo a chilo incontrava o lavorava con lui. La sua lettera-testamento è stata giustamente definita «bella, struggente e spiritosa», ma è anche del tutto controcorrente rispetto alla mentalità oggi dominante. È dolcemente rivoluzionaria, e non può essere ridotta ai banali buoni sentimenti che attualmente si smerciano su tutte le bancarelle mediatiche. Fa riflettere sul significato da attribuire alla vita, alla morte, alla malattia e al dolore.

Sammy era un giovane ricercatore, laureato in Scienze e in Biologia, che ha potuto studiare la sua malattia rarissima, la progeria, che provoca un invecchiamento precoce. Era pieno di entusiasmo e creatività, irradiava simpatia e umanità, come testimoniano i suoi compagni di scuola, i suoi amici e i compaesani. Sapeva che non avrebbe avuto molto tempo davanti a sé. È morto infatti a 28 anni. Questa sua lettera – che lui scrisse il 22 settembre 2017 - è stata aperta dai suoi genitori dopo la sua morte, e venerdì è stata letta dal Vescovo di Vicenza durante i funerali che – come lui voleva – sono stati pieni di luce e di sorrisi.

Anche se «fin da bambino la progeria ha segnato profondamente la mia vita», scrive Sammy, «ho vissuto la mia vita felicemente, senza eccezioni, con i momenti di gioia e i momenti difficili, con la voglia di fare bene, riuscendoci a volte e a volte fallendo miseramente (...). Sicuramente - aggiunge - in molti diranno che ho perso la mia battaglia contro la malattia», ma «non c’è mai stata nessuna battaglia da combattere, c’è solo stata una vita da abbracciare per com’era, con le sue difficoltà, ma pur sempre splendida, pur sempre fantastica, né premio, né condanna, semplicemente un dono che mi è stato dato da Dio». Sammy confida poi un suo desiderio: «Sognavo di diventare una persona di cui si parlasse nei libri di scuola. Mi rendo conto ora che è il più stupido desiderio che si possa avere. La gloria personale, la grandezza, la fama, altro non sono che una cosa passeggera. L’amore che si crea nella vita invece è eterno, poiché Dio solo è eterno, e l’amore ci viene da Dio».

Sui media si fanno solo vaghi cenni alla sua fede cristiana, preferendo ricordare soprattutto le sue battute scherzose. Ma nella sua lettera-testamento, pubblicata dal Giornale di Vicenza, c’è molto di più, e meriterebbe davvero di restare nelle antologie scolastiche. Quando si parla, con banale retorica giovanilistica, di Millennials e Generazione Z, bisognerebbe tener presente persone come Sammy. Parlando degli eventi negativi, com’è una malattia, scrive: «Quello che spetta a noi non è nel trovarci qualcosa di positivo, quanto piuttosto di agire sulla retta via, sopportando, e, per amore degli altri, trasformare un evento negativo in uno positivo», questa è «la facoltà più importante che ci è stata data da Dio».

Ma come si convive con il pensiero della morte? «La morte - scrive ancora Sammy - è la cosa più naturale della vita. Eppure ci fa paura! È la paura dell’ignoto... Per un Cristiano però la morte è anche altro! Da quando Gesù è morto sulla croce, come sacrificio per tutti i nostri peccati, la morte è l’unico modo per vivere realmente, è l’unico modo per tornare finalmente alla casa del Padre, è l’unico modo per vedere finalmente il Suo Volto. E da Cristiano ho affrontato la morte. Non volevo morire, non ero pronto per morire, ma ero preparato». Anche lui guardava per questo all’esempio dei santi: «Spero di essere stato in grado, nell’ultimo mio momento, di veder la morte come la vedeva San Francesco, le cui parole mi hanno accompagnato tutta la vita. Spero di essere riuscito anch’io ad accogliere la morte come “Sorella Morte”».
Molto profondo è il suo bilancio, come il suo sguardo sull’esistenza: «Se in vita sono stato degno, se avrò portato la mia croce così come mi era stato chiesto di fare, ora sono dal Creatore. Ora sono dal Dio mio, dal Dio dei miei padri, nella sua Casa indistruttibile. Lui, il nostro Dio, l’unico vero Dio, è la causa prima e il fine di ogni cosa.
Davanti alla morte nulla ha più senso se non lui. Perciò, come ho ringraziato voi voglio ringraziare anche Lui. Devo tutta la mia vita a Dio, ogni cosa bella. La Fede mi ha accompagnato e non sarei quello che sono senza la mia Fede. Lui ha cambiato la mia vita, l’ha raccolta, ne ha fatto qualcosa di straordinario, e lo ha fatto nella semplicità della mia vita quotidiana. Non stancatevi mai, fratelli miei, di servire Dio e di comportarvi secondo i suoi comandamenti, poiché nulla ha senso senza di Lui e perché ogni nostra azione verrà giudicata».

Torna ancora ad esortare all’eroismo silenzioso: «Non stancatevi mai, fratelli miei, di portare la croce che Dio ha assegnato ad ognuno, e non abbiate paura di farvi aiutare nel portarla, come Gesù. E non rinunciate mai ad un rapporto pieno e confidenziale con Dio, accettate di buon grado la Sua Volontà, poiché è nostro dovere, ma non siate nemmeno passivi, e fate sentire forte la vostra voce, fate conoscere a Dio la vostra volontà, così come fece Giacobbe, che per il suo essersi dimostrato forte fu chiamato Israele: Colui che lotta con Dio. Di sicuro, Dio, che è madre e padre, che nella persona di Gesù ha provato ogni umana debolezza, e che nello Spirito Santo vive sempre in noi, che siamo il suo Tempio, apprezzerà i vostri sforzi e li terrà nel Suo Cuore». Una testimonianza potente, delicata e piena di gratitudine, che demolisce montagne di chiacchiere ideologiche (sulla vita e sul cristianesimo). Una testimonianza lieta che già induce i cristiani – a cominciare dalle migliaia di persone presenti ai funerali- a sentire che ora hanno un nuovo amico in Cielo a cui chiedere aiuto, perché la santità è proprio questa cosa semplice, luminosa e umana che traspare dalla vita e dalle parole di Sammy. Davanti alle quali viene da dire: “Santo subito”.

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