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Monica Maggioni, i fantasmi del passato che minacciano il futuro

Daniele Dell'Orco
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Il pogrom contro Israele del 7 ottobre 2023 ha avuto un effetto devastante per le oltre 1200 persone che ne hanno subito le immediate conseguenze, ma con una sorta di gigantesco effetto farfalla ha toccato nell’intimità persone sparse in tutto l’Occidente, lontanissime dalla furia omicida di Hamas eppure pervase da un senso di nefasta familiarità con qualcosa che pensavano di aver sepolto nella polvere della storia: il cieco terrorismo.

Si tratta di un fenomeno vecchio di oltre mezzo secolo ma capace di cambiare forma, linguaggio e ideologia. L’Italia ci ha fatto i conti direttamente, con quello Rosso e Nero degli Annidi Piombo, con quello palestinese dell’aeroporto di Fiumicino, con quello wahhabita che nella spaventosa epopea dello Stato Islamico non ha colpito direttamente le nostre città ma ha assoldato combattenti e fanatici.
Poi gli anni sono passati velocemente. Le aree di crisi sono rimaste irrisolte e declassate a semplici “brevine” sulle pagine degli esteri. Un nuovo nemico ha bussato alla porta di tutti noi con un aspetto visibile solo al microscopio. Una guerra, vera, tra eserciti e con armi convenzionali è esplosa nel cuore del Continente.

 

SPIRITO DA CRONISTA

Quel 7 ottobre, però, ha provveduto a ricordare a tutti che le nuove minacce non hanno sovrastato quelle vecchie. E la storia torna a presentare i suoi conti più salati proprio quando tutti pensavano fossero prescritti. La notizia di quel giorno ha scioccato noi tutti, ma Monica Maggioni un po’ di più. Non solo perché si tratta di una zona, la Terrasanta, che conosce personalmente, avendo coperto per oltre vent’anni i principali conflitti mondiali. Ma anche perché, mentre quella barbarie scorreva in tv, nel profondo della sua coscienza si sovrapponeva a nomi e volti incrociati nella sua carriera, tornati a bussare come vecchi fantasmi. Li chiama Spettri nel suo ultimo lavoro appena uscito per Longanesi (pp. 370, euro 18,60). Quelli che danno il titolo ai capitoli sono sette. Ma nelle pagine del volume si capisce che, per lei, giornalista, saggista, conduttrice e presidente della Rai dal 2015 al 2018, i fantasmi sono molti di più. Il primo capitolo è Il capo spirituale di Hamas, Ahmed Yassin, intervistato a Gaza dopo l’11 settembre 2001. I miliziani palestinesi non c’entravano nulla, e anzi snobbavano quasi la lotta di Bin Laden e di Al Qaeda. Il germe del fanatismo, però, era e resta comune. Come pure l’obiettivo: innocenti.

Non a caso, i parallelismi tra l’attacco alle Torri Gemelle e quello ai kibbutz israeliani sono infiniti. Quel giorno però Maggioni incontrò anche un altro spettro, Ismail Haniyeh, futuro leader di Hamas ai tempi del grande pogrom. Era l’assistente dello sceicco Yassin. Di strada, in oltre vent’anni e nell'indifferenza generale, ne ha fatta parecchia prima di incontrare la collera di Tel Aviv che l’ha colpito a morte a Teheran. C’è poi la storia di Mahmoud Tawalbe, aspirante guerriero suicida di Jenin, e di suo fratello Murad, due vite segnate da destini decisi a tavolino e trasformate in percorsi di odio in un contesto politico e umano in cui ogni scelta sembra portare a un epilogo già scritto. E ci sono pure i fantasmi autoctoni dell’Occidente. Come August Kreis, l’americano con le sue idee di razza ariana e complotti giudaico-massonici, e come Anders Breivik, il terrorista neonazista norvegese che ha compiuto una strage nell’isola di Utoya, altro esempio di come l’odio possa attecchire anche nelle società apparentemente pacifiche.

 

SFIDARE IL TERRORE

Maggioni ne analizza, con non poco ardimento, la psiche, per tentare di comprendere ciò che di loro non si è ancora capito: non sono sporadici bug di un mondo incasinato, ma prodotti di tessuti politici e sociali imperfetti. Sfidare il terrore guardando questi personaggi negli occhi è l’unico modo per cercare di evitare che i loro folli istinti facciano proseliti. Il viaggio di Maggioni nella mente di questi «super villains» che camminano tra noi senza apparenti tratti distintivi raggiunge il suo apice con il capitolo dedicato a Stella Colnaghi, nome di fantasia assegnato ad una foreign fighter italiana convertita all’Islam che dalla provincia lombarda si è spinta fino alla capitale dell’ISIS, Raqqa, insieme a suo marito, marocchino radicalizzato, e tre neonati.

Nella convinzione di aver trovato la Terra Promessa. Un’altra storia che ci ricorda che nessuna società è immune dall’odio e che i fantasmi del passato possono riemergere in qualsiasi momento. Nel sottotitolo del volume Maggioni usa poi una definizione: «cattiva coscienza». Quella dell’Occidente, dei suoi peccati e dei suoi paradossi. Come quello di lasciare che Morteza Talaei, capo pasdaran della polizia morale iraniana, se ne possa stare tranquillamente a fare jogging in Canada mentre nella sua Repubblica Islamica ha terrorizzato, torturato e represso decine di migliaia di dissidenti innocenti. Come la giornalista Zahra Kazemi, scomparsa e uccisa nel carcere-lager di Evin e a cui Maggioni dedica il volume. O come quello di abbandonare a se stessi centinaia di professionisti che in Afghanistan hanno collaborato con la coalizione occidentale per anni per poi finire nelle braccia mortali dei talebani dopo la fuga da Kabul del 2021. Tra loro, l'ultimo “spettro” di Maggioni, Mawlawi Nabi Omari, tra i tanti “rimasti indietro” e assistiti in particolare dall’Italia mentre altri se ne lavavano le mani.

Ecco anche perché, questi spettri, spingono il lato fortunato del mondo a porgersi alcune domande sul suo ruolo attuale: in che direzione si è mosso negli ultimi decenni? E dove rischia di andare in futuro? Un libro che accende il faro sul passato e, quindi, sul futuro.

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