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The Guardian, c'è una sinistra che molla Saviano e apprezza Meloni: "Abile e credibile"

Fausto Carioti
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C’ è un importante quotidiano di sinistra che tratta Giorgia Meloni senza livore. Evitando di inventare bufale e attribuirle frasi che non ha mai detto. Riconoscendole, pur da posizioni diverse e senza farle sconti, di avere in questi due anni «sorpreso molte persone con il suo pragmatismo politico e la sua astuta abilità» e di essere riuscita, «con la credibilità che si è guadagnata duramente, a liberarsi dall’etichetta di neo-fascista in cui i suoi critici hanno cercato di confinarla».

Non è Repubblica, ovviamente, e non è nemmeno La Stampa: ammissioni simili non hanno diritto di pubblicazione sui quotidiani degli Elkann. Per trovare chi ha il coraggio di scrivere certe cose dalla sponda progressista, anzi laburista, bisogna andare a Londra, nella redazione di The Guardian, quotidiano nato due secoli fa nella Manchester industriale ed operaia. La firma è quella dello statunitense Alexander Stille, che qualcuno ricorderà, ai tempi di Michele Santoro, per gli scontri con Silvio Berlusconi e i collaboratori più stretti del Cavaliere, come Niccolò Ghedini. Non proprio un amico della destra italiana, insomma. A Meloni «the shapeshifter», la mutaforma (tra poco vedremo perché), dedica un lunghissimo ritratto personale che è anche analisi politica, per rispondere alla domanda che in Inghilterra tanti, anche tra gli elettori del premier Keir Starmer, si stanno facendo dopo aver visto i due insieme a Roma, intenti a cercare una strategia comune per fermare l’immigrazione clandestina: «È stata definita una neo-fascistae un pericolo per l’Italia.Ma ha conquistato molti leader europei,incluso il primo ministro del Regno Unito. Dovremmo essere preoccupati?». La risposta di Stille è che non è rilevante chiedersi se Meloni sia «una fascista nascosta o una conservatrice democratica». Perché i fatti dicono che «è, prima di tutto, una politica abilee disciplinata che è salita al potere ritagliandosi uno spazio nel centro-destra. Lei e il suo partito hanno fatto crescere la loro percentuale di voti dal 2% al 26% in pochi anni –e nonlo hanno fatto appellando si all’estrema destra o promettendo un’avventura autoritaria». In Europa la premier «ha evitato di allearsi con Alternative für Deutschland e il Rassemblement National», mentre in Italia «ha lasciato che la Lega di Matteo Salvini la superasse a destra, usando un linguaggio xenofobo e razzista molto più crudo rispetto a Fdi». Strategia con cui Meloni «ha sottratto alla Lega gli elettori più moderati». L’appellativo di «mutaforma»è dovuto proprio a questo pragmatismo della presidente del consiglio. Dimostrato anche nella stretta collaborazione con Ursula von der Leyen, alla quale ha fatto «le concessioni necessarie per ottenere i fondi europei per la sua agenda interna», riuscendo pure «a spostare l’Ue verso la sua posizione sull’immigrazione», tanto da far finanziare da Bruxelles i Paesi del nord Africa affinché fermino il flusso di migranti. Risultati che una sinistra intellettualmente onesta non ha problemi a riconoscere: «Meloni ha lavorato duramente per raggiungere la rispettabilità che è sfuggita ad altri partiti di destra, come il Rassemblement National di Marine Le Pen. È stata ricevuta alla Casa Bianca da Joe Biden ed è stata accettata dai partiti centristi all’interno della Ue».

 

 

L’opposto del racconto che ogni giorno si legge su Repubblica e nelle dichiarazioni di Elly Schlein e degli esponenti del Pd, per i quali Meloni, Weidel, Le Pen e gli altri leader della destra europea fanno parte di un’unica internazionale neofascista attorno alla quale va steso il cordone sanitario. Anche sulla famiglia «tradizionale», che il governo italiano è uno dei pochi in Europa a difendere, il racconto del Guardian è senza anatemi. Spiega che il ministro Eugenia Roccella difende la posizione del suo governo di destra «utilizzando il linguaggio della libertà, dei diritti e del femminismo. Sostiene che la legge contro la maternità surrogata è destinata a proteggere le donne dallo sfruttamento e ad evitare che la vita diventi una merce monetizzata». Chissà cosa pensa di tutto questo Roberto Saviano. Porta la sua firma un articolo apparso proprio sul Guardian il 14 settembre del 2022. L’autore di GomorraaccusavaMeloni di «lanciare segnali subliminali ai suoi antenati politici neo-fascisti con lo slogan dell’epoca di Mussolini “Dio, patria, famiglia”» e la presentavaagliinglesicome «un pericolo perl’equilibrio democraticoin Europa». Terminava avvertendoli: «Attenti, perché dove val’Italia,il resto d’Europa seguirà presto». Ieri, ricordando le parole di Saviano, ilGuardian s ostiene che il percorso fatto nel frattempo da Meloni «è ancora più sorprendente, dato che le origini della sua carriera sono apertamente neo-fasciste». La verità è che non dovrebbe esserci sorpresa, perché non ci avevano capito nulla allora, o almeno non ci aveva capito nulla lo scrittore napoletano.Bene che il quotidiano della sinistra inglese abbia rimediato, pubblicando finalmente un articolo informato. Meglio due anni dopo che mai.

 

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