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Massimo Giannini: "Cosa accadrà dopo la condanna di Salvini", altro fango

Claudio Brigliadori
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"Che cos'è un regime?", si chiede Massimo Giannini, editorialista di punta di Repubblica nel suo podcast "Circo Massimo - Lo spettacolo della politica". La risposta è semplice, spiega: "Un regime non è una dittatura, non è il fascismo. E la risposta è ancora più semplice se pensiamo all'Italia: l'Italia non vive in una dittatura, ma vive sicuramente in un regime".

Sbaglia di grosso però chi pensa che la "correzione di rotta" sia un mezzo passo indietro, una frenata di buonsenso rispetto all'allarme rosso (anzi, nero) lanciato dallo stesso ex direttore de La Stampa con la celebre, affollatissima e spernacchiatissima "Chat 25 aprile", quando arruolò i migliori cervelli dell'antifascismo italiano in nome della censura ad Antonio Scurati su Rai 3, alla vigilia dell'ultima festa della Liberazione.

 

 

 

Giannini parte dal video di Matteo Salvini dopo la richiesta di condanna a 6 anni di carcere nel processo Open Arms, "una delle performance più tetre e inquietanti della sua carriera politica". Un video "che ricorda i colonnelli e i generali sudamericani", in cui il Capitano "si dichiara colpevole di aver protetto i confini della Nazione e aver fatto solamente rispettare le leggi". C'è chi pensa che l'intero processo al leader della Lega sia molto "politico", sicuramente con pochi precedenti nelle democrazie occidentali. Ma Giannini ribalta tutto e definisce il filmato di autodifesa registrato e condiviso dall'ex ministro degli Interni "per molti versi non soltanto tecnicamente ma direi anche politicamente sovversivo".

"Per Salvini i porti dovevano restare chiusi e il pubblico ministero ritiene che quella è stata una violazione dei diritti fondamentali" dei 147 migranti, è la sintesi del ragionamento dell'editorialista del gruppo Gedi.  La richiesta di condanna "viene vissuta dall'intero governo come una lesa maestà, gravissima", e Giannini si dice "sconvolto", guarda un po', dalla reazione della premier Meloni, colpevole di un tweet in cui definisce "incredibile" la richiesta dei magistrati contro un ministro che ha difeso la Nazione "come richiesto dal mandato ricevuto dai cittadini". E qui scatta il processo alla presidente del Consiglio e al "populismo autoritario di cui in questo momento la Sorella d'Italia è portatrice". Giannini contesta l'affermazione della "difesa dei confini", "una idea di destra al cubo, i confini si difendono sbattendo la porta in faccia ai poveri e diseredati della terra che chiedono solo un'altra occasione, una speranza".

 

 

 

La minaccia, ironizza Giannini, "viene da 147 disgraziati, che non erano terroristi dell'Isis né pericolosi sovversivi". Secondo punto: definire inaccettabile una richiesta di condanna a un ministro "riflette l'idea della destra che la politica sia sovraordinata a qualunque altro potere, la magistratura deve stare al suo posto". Terzo punto: "La magistratura non si può occupare di Salvini perché ha ricevuto il mandato dagli elettori, e qui sta tutto il populismo della destra contemporanea". Lo stesso populismo, potrebbe obiettare qualcuno, che caratterizza politici e commentatori progressisti che riducono la questione immigrazione al caso specificio Open Arms, Diciotti, Ocean Viking e via dicendo, ignorando volutamente come il quadro generale sia molto più complesso e inquietante e che la partita sia giocata spregiudicatamente dai trafficanti di uomini e di morte nel Mediterraneo sulla pelle non di 147 migranti, ma di migliaia e migliaia di disperati contando anche sull'equivoco del "pietismo" di ampie frange delle istituzioni in Italia e sull'indifferenza colpevole di gran parte delle amministrazioni nel resto dell'Europa.

Giannini questo non lo dice, preferendo concentrarsi sul "sovranismo", sul "cascame dell'insegnamento berlusconiano, unto dal Signore" e via dicendo. E sulle tre riforme in cantiere, "l'elezione diretta del presidente del Consiglio, la capocrazia. L'autonomia differenziata, dunque la spaccatura del Paese in due aree, una ricca e una più povera. E la riforma della Giustizia, con i magistrati maggiordomi della politica". E giù botte a Ignazio La Russa ("Già al grado zero della politica per quello che ha detto e fatto in questi due anni) e ad Antonio Tajani, "teoricamente moderato che ha dato ragione a Salvini". Sarà perché Forza Italia ha gelato il Pd (e Repubblica) sulla questione Ius Scholae? Gran finale con la domandina di Giannini: "Cosa succederà in questo Paese ove mai i giudici condannassero Salvini, non a 6 anni ma magari a 4, ritenendolo colpevole del reato che io chiamo di disumanità? Penso che ci aspetterebbe una Capitol Hill italiana". E non si capisce se sia un presagio funesto o un auspicio politico.

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