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Antonio Scurati e il saluto romano che piace alla sinistra

Daniele Priori
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Benito Mussolini interpretato da Luca Marinelli è senza ombra di dubbio uno dei personaggi più attesi al Lido di Venezia dove fra pochi giorni, in occasione dell’81esimo Festival del Cinema, andrà in scena l’anteprima mondiale di M. Il Figlio del secolo, trasposizione seriale del celebre romanzo di Antonio Scurati sulle origini del fascismo che gli abbonati Sky potranno vedere a inizio 2025.

Frattanto la critica, da destra e sinistra – soprattutto da sinistra – sta facendo la radiografia a ogni minimo fotogramma pubblicato in anteprima, a partire ovviamente dal primo trailer, uscito giusto una settimana fa, cui nei giorni a seguire hanno fatto seguito altre immagini e soprattutto il poster, ovvero la locandina della serie in cui, in un fiorire di grafica e caratteri tipicamente fascisti, vi è un Mussolini piccolo piccolo pressoché arrampicato in cima ad un braccio teso. Un gesto dal quale la sinistra è da sempre magneticamente attratta. In questo caso quasi per dimostrare come l’uomo Mussolini sia stato in realtà rappresentato volutamente piccolissimo rispetto al gesto, ovvero a ciò che esso rappresenta.

 

 

 

La critica di sinistra che, tuttavia, è solita esagerare e perdersi nelle interpretazioni stavolta rischia di prendere l’abbaglio più grosso. Perché di mezzo - ovvero come soggetto dell’opera – non ci sono il “canto libero” di Battisti e Mogol con «i boschi di braccia tese» de La collina dei ciliegi, innocua canzone d’amore finita nel mirino della critica marxista proprio per la rappresentazione di generiche braccia protese verso l’alto. Su M. Il Figlio del secolo di Sky il braccio teso rappresenta proprio il simbolo del fascismo, la sua iconografia e la sua alba che - come è noto - suscitò passioni anche in quelle che diventarono poi le firme regine dell’antifascismo nel dopoguerra: da Scalfari a Giorgio Bocca, giusto per fare due nomi.

 

 

 

A galvanizzarsi, invece, in questa particolare fase storico-editoriale dove ormai i commenti più attesi passano tra web e social c’è anche Fanpage che definisce «iconica» l’immagine realizzata da Vertigo/Federico Mauro per lanciare una serie che però non intende essere l’ennesimo luogo comune o alibi tardoresistenziale. Lo ha detto proprio sette giorni fa il regista Joe Wright che alle solite italiche letture ne ha proposta una alternativa e da leggere realmente con lenti multifocali. Wright, infatti, non ha in alcun modo inteso rappresentare il mostro ma un uomo normale, al massimo un poco goffo. Per gli italiani «demonizzare Mussolini e i suoi ci assolverebbe da una responsabilità morale, ma penso che sarebbe davvero pericoloso» ha detto il regista, chiamando in correità proprio tutto il popolo italiano, nemmeno i sinistri che fanno i maestrini.

 

 

 

«Sono pienamente convinto che l’Italia e l’Europa non faranno mai i conti con il fascismo se trascuriamo di affrontare un fatto fondamentale: eravamo fascisti. Tutti noi siamo stati sedotti. Dobbiamo sentirci responsabili di quel capitolo della nostra storia». Come dire, soprattutto nel male, in quel gigante braccio teso su cui Mussolini si arrampica c’era davvero tutta l’Italia. Negarlo, continuando a impiccare il duce a testa in giù, è la critica meno costruttiva che anche la storiografia (oltre che gli antifascisti militanti) insistono a teorizzare da ormai 80 anni. La serie di Sky aiuterà finalmente a capirlo? C’è da dubitarne. 

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