Gabriele Albertini, quel dolore per la perdita di un amico a 4 zampe
Pubblichiamo la lettera che l’ex sindaco di Milano, Gabriele Albertini, ha inviato all’amico Francesco Pignatelli per consolarlo della morte dell’amato cane che lo stesso Albertini spesso accudiva
Caro Francesco, ti scrivo, a distanza di poche ore da quell’incredibile incidente, che ci ha privato di Fred, di quel meraviglioso cagnolino, primo cucciolo del tuo allevamento, non a caso con il nome di tuo padre, perché sento il bisogno di condividere con te le forti emozioni che provo, per certi versi, sconosciute prima d’ora. Lo faccio, perché, oltre allo sconcerto per quelle modalità davvero incredibili, quasi inimmaginabili, per la loro remotissima probabilità di verificarsi, che hanno cagionato la morte del nostro amato Fred, s’aggiunge la dolorosa sorpresa per la così struggente sofferenza che, sia io che Giovanna, stiamo vivendo.
Per me, è la prima volta che sto soffrendo il lutto per la scomparsa di un esserino vivente, intelligente, senziente, un delizioso cagnolino, che anche se non mio, grazie alla tua generosità nell’affidarmelo, era spesso mio convivente, quasi una consuetudine nel trascorrere ore e giorni insieme con lui, h 24. Davvero, non credevo, prima di sperimentarlo, che avrei provato un dolore vero, per questa privazione! Mi riaffiorano, tormentose per il rimpianto che m’assale, le sue gioiose, frenetiche feste al rivedermi, lo sguardo, sempre alla ricerca d’approvazione, quando mi rivolgeva i suoi occhietti furbi e m’interrogava, per strada e sembrava dire: «Va bene così? Sto al passo?, mi comporto da “cagnolino educato”?».
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Ed anche la sua disciplina, direi innata, perché “sentiva” che la chiedevo, quando s’infrattava, a caccia di leprotti, improbabile ma appetibile preda, nei cespugli del parco di City Life, il suo parco giochi, ma sempre riaffiorava, al primo richiamo ed anche senza... quasi a dirmi: «Grazie di lasciarmi libero! Ma vedi che non abuso della concessione che mi fai... rimango sempre... “a contatto visivo” o mi ripresento alla vista, pronunciato il mio nome!».
GENTLEDOG
E come non singhiozzare, convulsamente, pensando a quel suo, disciplinato “stare tranquillo”, ma sempre sdraiato vicino, a portata di mano, quando ero al computer o in lettura, salvo, in qualche momento, avvicinarsi, poggiando le zampette sulle ginocchia alla ricerca di una carezza, di un momento d’attenzione... quasi a dire: «Siamo qui... ma siamo insieme! Non dimenticartene!». E qualche volta, quando era un po’ stufo... propormi un intervallo, con uno dei suoi giochi, facendo squillare il fischietto e buttandomelo tra i piedi, ma da genteldog, con discrezione, con garbo, quasi a dire... «ma se proprio non vuoi o puoi... rimandiamo!» e s’allontanava, anche accontentandosi, soltanto di una carezza...
E la sua incredibile agilità, vivacità, vitalità e velocità... forse quelle stesse qualità atletiche, per così dire, che hanno causato la sua assurda morte, quella sua contagiosa gioia di vivere, coinvolgendoci nel gioco, nella lotta per la presa, il lancio e la riconquista della pallina, con lo scatto di un salto acrobatico, in un giorno sciagurato... fatale! O lo strattonare, addentando un osso o qualcos’altro, ma anche l’obbedienza al “Fermo!”, quando la foga nel gioco della lotta, del giovane maschietto combattente, prendeva il sopravvento e i dentini aguzzi stavano addentando la mano...
RICORDI D’INFANZIA
Ed infine, quel rivivere da anziano, la vicinanza di quell’orsacchiotto di peluche, con cui mi coricavo che faceva compagnia al mio addormentarmi, ai miei 3, 4 anni, magari un po’ spaventati dal buio... ma ora c’era un delizioso cagnolino ad acquattarsi, sempre aderendo alle mie gambe, sopportando i miei movimenti da sveglio o nel sonno, magari con un infastidito ma paziente sospiro, per poi rimettercisi accanto, aderendo per tutta la lunghezza del suo corpicino...
Ora non c’è più questa tenerezza, questa gioia vitale, questo affidarsi senza riserve, questo dare, senza sapere cosa verrà concesso in cambio, questa fiducia incondizionata, generosa, questo farci sentire così importanti, cosi amati e desiderati! Ecco, caro Francesco... ci passerà, lo speriamo... ma che strappo , che lacrime, che male all’anima ci è toccato! Un forte abbraccio!