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Massimo Galli vuole cambiare la legge che lo condanna

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Il fatto è che il professor Galli vuol scegliersi il pollaio a propria immagine e somiglianza, senza troppi coccodè e intromissioni esterne. Il noto infettivologo, che è entrato nelle nostre case con il Covid, del quale condivide la caratteristica a dilagare e terrorizzare, di nome fa Massimo, ma lui si ritiene tale anche di fatto. Lo testimonia la sua cocciuta e ostentata prosopopea. La sua parabola è parallela a quella del virus; passata l’epidemia, ha iniziato a declinare anche lui. Ma non è un male, perché il suo tele-diradarsi lo ha reso finalmente simpatico.

Recentemente, è ribalzato agli onori delle cronache per un piccolo guaio giudiziario; questioni di baronie in camice, nepotismo, nulla di sorprendente ma una patologia davvero contagiosa negli ospedali italici, si potrebbe dire endemica, per usare un termine clinico. Succede infatti che il luminare sia stato condannato a un anno e quattro mesi di carcere per falso ideologico, in un’inchiesta su presunti concorsi pilotati. Galli avrebbe manipolato un concorso per far ottenere il posto a un suo allievo grazie a un piccolo cambio di data che il medico attribuisce a una svista, che poi si sarebbe dimenticato di correggere, preso com’è dai tanti impegni, e per chiarire tutto ha annunciato ricorso. Chi l’ha trascinato in tribunale, vincendo, ritiene invece che non si tratti di sciatteria ma di una post-datazione per truccare da nuova una decisione presa prima del concorso (...)

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