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Oscar Farinetti, lo sproloquio: il "vino naturale" è diventato fascista

Attilio Barbieri
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Occhio a parlare di “vino naturale”. Come minimo rischi di prenderti del «fighetto», se non addirittura del «fascista». Almeno a sentire Oscar Farinetti, che al convegno inaugurale della diciottesima edizione di “Mare e Vitovska” al Castello di Duino Aurisina, in provincia di Trieste, si è prodotto in un’intemerata proprio contro i vini naturali e i loro estimatori.

Il vulcanico fondatore di Eataly, reduce dal clamoroso flop di Fico- letteralmente “Fabbrica italiana contadina”, il salone permanente alle porte di Bologna affondato per mancanza di ricavi ma soprattutto di visitatori - ha trasformato l’evento dedicato al vitigno simbolo del Carso, la Vitovska appunto, in una sorta di comizio che ha sovvertito le premesse del convegno in questione. Il filo rosso seguito dall’imprenditore piemontese, come riferisce una cronaca dettagliata dell’evento pubblicata dal Gambero Rosso, si snoda attorno a un tema centrale volto a sminuire l’italianità e le sue tradizioni.

 

PICCOLO NON È BELLO
Dapprima Farinetti ha elogiato l’Associazione dei Vignaioli del Carso e ha accusato il Consorzio del Prosecco Doc di «mancanza di sentimento contadino» nella diatriba sul Prosek croato - il vino che evoca nella denominazione il nostro Prosecco ma è prodotto in Dalmazia. Come accade per i vini del Carso, ha spiegato Mr. Eataly, «l’identità è il marketing del territorio e va portata avanti con tenerezza, come ho visto fare da voi qui sul Carso, non con quella figaggine che hanno certi che dicono di fare il vino naturale e ti guardano dicendo: voi usate merda, io sono più figo di te perché sono naturale».

Lo stile farinettiano è inconfondibile e spesso procede per iperboli. Indulgendo in forzature. Ma in questo caso è andato oltre. Naturale, ha aggiunto, è «un termine fascista», mentre «c’è bisogno di libertà». E non è detto nemmeno che piccolo sia bello, sempre secondo il patron di Eataly. Spesso chi esalta le piccole attività come la piccole produzioni enologiche è «un fighetto che non capisce niente del vino».

La disputa attorno ai vini naturali non è di oggi. E non sono mancate le scintille tra entusiasti e detrattori soprattutto a proposito della vinificazione, a cominciare dalla fermentazione fatta con lieviti del vigneto già presenti sull'uva e non selezionati. A meno che non siano quelli presenti nella cantina del produttore e soltanto quelli. E poi niente filtrazioni del vino. Niente controllo della temperatura, assolutamente nessuna stabilizzazione chimica.

Il grande tema che riguarda i vini naturali e alimenta le polemiche semmai è la mancanza di un disciplinare riconosciuto e validato a livello europeo, in assenza del quale le tecniche di coltivazione e vinificazione dei mosti naturali possono avvenire in maniera molto diversa e variabile a seconda della zona e del produttore. Un po’ poco per individuarvi connotati fascisti. Ammesso che l’operazione abbia senso. E non ce l’ha.

 

ASSENZA DI DISCIPLINARE
Semmai il tema dovrebbe essere contrario: in assenza di disciplinari vincolanti, vale tutto. Sia in vigna sia in cantina. Una libertà eccessiva che accomuna i vini ai cibi definiti ”naturali”. A parte la presunta “figaggine” di chi li produce molto presunta perché spesso si tratta di contadini che di figo non hanno proprio nulla, a cominciare dalle mani callose e dalla pelle bruciata dal sole - c’è semmai un eccesso di libertà pur nel fissare dei paletti che hanno poco di oggettivo perché sfuggono a qualsiasi certificazione. E qualunque tentativo per mettere ordine in questo disordine creativo finora è fallito miseramente. Né c’è la prospettiva che in tempi brevi se ne occupi l’Europa. Dunque se proprio si tratta di individuare con un aggettivo i vini naturali si potrebbe propendere per “anarchici” anziché fascisti.

Ma il Farinetti-pensiero sfugge da sempre a qualsiasi tentativo di razionalizzazione. Semmai si potrebbe sospettare che il patron di Eataly ecceda un po’, anzi parecchio, nell’individuare tracce di fascismo un po’ ovunque negli accadimenti del settore alimentare. Come quando si scagliò con veemenza contro il ministro dell’Agricoltura Lollobrigida, reo di difendere l’italianità. «Mi viene voglia di vomitare per la stupidaggine sciovinista di chi dice che il futuro è mangiare solo italiano», disse in piena polemica per il via libera dell’Europa agli insetti in cucina, «quasi da autarchici, un pensiero fascista del ventennio, parlate italiano, mangiate italiano, chiuderci al mondo».

REPORT DI DESTRA
Non pago delle provocazioni inanellate su vini e cibi, Farinetti si avventura pure sul terreno dell’attualità. In particolare, sul cambiamento climatico. E tuona: «Stiamo facendo gli struzzi!

Siamo l’ultimo paese in Europa per il ricorso all’elettrico, perché si sta facendo un gran casino sul problema delle batterie. Ne ha fatto una puntata anche quella trasmissione... Come si chiama quella trasmissione di destra, che si spaccia di sinistra ma non lo è, è di destra, quella della Rai che ci ha sputtanato anche il vino... Ah sì, Report».

Fra una battuta e una provocazione, gli scappa pure una promessa ai viticoltori sloveni sulla diatriba fra Prosecco e Prosek: «Nel mio piccolo proverò a darvi una mano e ne parlerò con il governatore del Veneto Luca Zaia». Che naturalmente non vede l’ora di incontrarlo.

Nessun riferimento invece da parte dell’imprenditore piemontese all’apertura di Grand Tour Italia, la nuova Diseyland del cibo che sta sorgendo sulle ceneri di Fico. Dopo l’ennesimo rinvio l’inaugurazione è prevista per il 5 settembre prossimo. Rispetto al passato Mr. Eataly è stato più prudente negli annunci. «Mi assumo tutte le responsabilità degli errori commessi finora, ma non conosco un singolo imprenditore che non abbia mai sbagliato. Considero Fico una sorta di incompiuta, come quelle di Leonardo Da Vinci, cui ridare valore». Sempre a proposito di figaggine sono in pochi a potersi paragonare a Leonardo.

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