Ezio Mauro deraglia dopo il voto in Francia: "Suffragio universale" e "lezione a Meloni"
L'accozzaglia contro Marine Le Pen, non ci sono dubbi, ha funzionato: in Francia il Rassemblement National arriva terzo, primi gli estremisti di sinistra guidati da Jean-Luc Mélenchon, in mezzo Emmanuel Macron, artefice del piano delle desistenze collegio per collegio e dunque, in definitiva, artefice del caos in cui piomba il paese, semplicemente ingovernabile. Nessuna maggioranza, ad oggi, appare possibile.
Ma il risultato, dalla sinistra italiana, è stato accolto con grida di giubilo, con incredibile entusiasmo, con buona per tutte le sparate antisemite di Mélenchon, accantonate come se non fossero mai esistite. Poi c'è chi, come Ezio Mauro, celebra il piano di Macron. Lo fa in un fondo pubblicato su Repubblica oggi, lunedì 8 giugno, in cui già l'incipit dà la cifra del pezzo: "Come dall'alambicco di un aspirante stregone, dall'azzardo di Emmanuel Macron risorge a sorpresa la spirito della Republique che sembrava esaurito e la Francia ribalta se stessa". Già, perché se avesse vinto Le Pen - intendiamo - la medesima Republique sarebbe morta.
E poi via, in lunga e dotta analisi su quel che è accaduto in Francia, lunga e dotta analisi in cui ci dobbiamo sciroppare anche frasi quali: "Al momento decisivo, un'altra Francia prende il sopravvento, il Paese antifascista delle libertà e dei diritti". Insomma, per "penna rossa" Ezio Mauro ci siamo evitati la dittatura. Maddai...
Quindi si arriva al passaggio più controverso, quello che per inciso dà il titolo al commento, "Il vero suffragio universale". Scrive l'ex direttore di Repubblica: "Intanto la destra radicale è stata fermata, in quello che è stato un vero suffragio universale, non solo nel senso della platea, ma negli effetti sparsi sul destino dell'intero continente". Ovvero? Ovvero - proviamo a tradurre - il vero suffragio universale, per Ezio Mauro, equivale al voto in cui, in un modo o nell'altro, vincono quelli che piacciono a lui (o meglio: quelli che piacciono a lui impediscono a quelli che a lui non piacciono di vincere). Ed Ezio Mauro, parlando cripticamente degli "effetti sparsi sul destino dell'intero continente", lascia (forse) intendere che questo singolare concetto di suffragio universale ad uso esclusivo dei "buoni" sia da esportare nazione per nazione (o, più prosaicamente, intendeva che tutti gli Ezio Mauro d'Europa ieri sera hanno goduto assai).
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Tant'è, si arriva infine all'ultimo capolavoro racchiuso nel pezzo. Riprende Ezio Mauro: "Invece di sciogliere il grumo dell'eredità fascista con una piena adesione alla democrazia occidentale, Le Pen ha pensato che proprio quell'eredità fungesse da richiamo anti-sistema per tutti i delusi, i ribelli, gli arrabbiati, gli esclusi. Ma la Francia non ha perdonato il peccato originale - filosofeggia -, e questa lezione vale anche per Giorgia Meloni, con tutte le differenze", rimarca. E insomma, ecco che tira in ballo anche il premier: ma quale "lezione" (con il paraculissimo "tutte le differenze") dovrebbe trarre, Giorgia Meloni? A non averle perdonato il "peccato originale" (che sarebbe poi il fascismo, tarlo di Ezio Mauro, di "ampi stralci" della sinistra ma non certo del premier) è solo un campo progressista fintamente ossessionato dallo spauracchio di una democratura, una sinistra che, priva di argomenti, taccia di fascismo chi fascista non è. Infine, un'ultimissima considerazione: quale lezione dovrebbe trarre Giorgia Meloni, unica premier di destra nell'Europa che conta, un premier che a due anni dal voto continua a crescere in termini di consenso? Domande a cui solo Ezio Mauro ha una risposta. Forse.
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