Saviano accusa Fratelli d'Italia ma esaltava i comunisti armati
In un minutino di video su “X” Roberto Saviano torna sulla polemica politica scatenata dal Grande Fratello di FanPage girato tra i giovani di Fratelli d’Italia. Condensando in sessanta secondi, come da diktat algoritmico, la fenomenologia di Fdi, Saviano sostiene che il partito del premier Giorgia Meloni sia di «estrema destra» e abbia «due volti». Uno, quello presentabile e liberal-conservatore, servirebbe a sedersi ai tavoli europei, ad attrarre investitori, a rivolgersi ad una fetta di opinione pubblica moderata. L’altro, invece, sarebbe «autoritario fascista, razzista».
Dopo quest’ultimo epiteto la recita di Saviano si inceppa per un secondo. Come se volesse aggiungere, e probabilmente avrebbe voluto, l’aggettivo “antisemita”, perché di solito i delegittimatori di sinistra li cantilenano tutti insieme. Invece, stavolta, per definire i contorni di un’identità nascosta che a Fdi servirebbe per accaparrarsi ora più che mai «consenso in strada» (ma cosa ne sa, se in strada non ci va da anni?), Saviano lo omette.
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Per rimediare, lo inserisce nella didascalia che accompagna l’intervento: «Fratelli d’Italia ha ancora la necessità ideologica antisemita e di un impianto politico razzista». Gli utenti online, che leggono prima ancora di ascoltare, all’accostamento tra Fdi e l’antisemitismo lo riempiono tutti in coro di obiezioni ovvie: guarda che gli antisemiti stanno a sinistra. Saviano dovrebbe saperlo, visto che ormai lo sanno anche i muri e nemmeno gli stessi antisemiti si nascondono più. Perché, proprio applicando il “teorema Saviano”, dopo i fatti del 7 ottobre e l’inizio dell'operazione di terra israeliana a Gaza l’antisemitismo è diventato strumento politico, serve ad acchiappare like, viene usato per fagocitare il «razzismo dei buoni». Non solo. Perché il fatto che l’estremismo porti voti non l’ha dimostrato Giorgia Meloni che da anni viene rimproverata dalla destra-destra di essere troppo moderata, bensì la sua avversaria: Elly Schlein, che ha trasformato il Pd nel megafono dei centri sociali, ha assorbito i voti delle teste calde grilline e dopo le Europee ha detto, testualmente, che se «si radicalizzasse la sinistra sarebbe un bene».
Ad avere una doppia faccia, insomma, chierichetta in tv e diabolica nelle strade, è proprio la sinistra. Ed è Saviano stesso, che filosofeggia a favor di telecamera, gesticola come un santone, si accomoda illuminato dalla solita lucina tattica che fa l’effetto aureola. Poi però, per annunciare la sua presenza al Monk di Roma alla proiezione della seconda parte di “Gioventù Meloniana”, usa come colonna sonora social la canzone dei 99 Posse, orribile (anche acusticamente) gruppo antagonista che cantava “c’ho un rigurgito antifascista se vedo un punto nero ci sparo a vista”. Un capolavoro inciso in feat. con la Banda Bassotti, band nostalgico dell’Urss solidale con le Brigate staliniste del Donbass filorusso. Più che un rigurgito, quella di Saviano è stata una reminiscenza, di quando, da coetaneo dei militanti di GN di oggi, osannava i terroristi rossi e legittimava la lotta armata. Era il 2000. Il futuro autore di Gomorra aveva una ventina d’anni. In un convegno all’Università Federico II di Napoli, organizzato da due associazioni culturali studentesche, dal titolo “Terrorismo ieri, oggi, domani?”, Saviano si alzò in piedi dalla platea per condividere qualche idea con relatori come Francesco Barbagallo, ordinario di Storia Contemporanea all’ateneo federiciano; Ferdinando Imposimato già magistrato, politico e avvocato; l’allora procuratore aggiunto della Procura della Repubblica a Roma Italo Ormanni. E il ragionamento in questione fu: «Un magistrato, un poliziotto, un politico non fanno qualcosa di più lecito (dei terroristi, NdR) se parliamo di etica di quello che fa un rivoluzionario sparando». Dagiovane pistolero da poltrona che gli Anni di Piombo li aveva letti sui libri di storia, negava l’esistenza di una rivoluzione pacifica: «Non è possibile.
La rivoluzione è la modificazione dell'attuale stato di cose presenti diceva Marx, quindi si fa col fucile. Io voglio dire... la polizia sparava per le strade, la polizia ha ucciso Francesco Lorusso, la polizia ha ucciso Giorgiana Masi la polizia era armata, chi faceva resistenza doveva armarsi». Sempre più intenso e duro, continuava dicendo di non credere ad «analisi semplicistiche» su servizio segreto e magistratura deviata. «Il problema – concludeva – rimane il capitalismo». Il capitalismo che vent’anni dopo si gode per bene, da milionario. Peccato che a lui ora piacciano i monologhi e che non farebbe mai intervenire nessuno, perché sarebbe stato divertente ascoltarlo rispondere nel 2024 a qualche spostato da centro sociale che, come lui vent’anni prima, si fosse alzato per incitare la lotta armata contro i fascisti. Un’occasione persa. Ma comunque il punto è che, a guardare com’è partito incendiario lui per poi finire Poseidone, si poteva star tranquilli che anche i piccoli esaltatelli di Gioventù Nazionale nel giro di qualche anno sarebbero diventati dimessi impiegati delle Poste anziché pericolosi sovversivi.
L’aspetto più ironico tra tutti? L’audio di quell’intervento di Saviano, giovane adepto dei compagni Folagra di turno, è saltato ancora fuori in queste ore, ma venne pubblicato per la prima volta 12 anni fa. Da chi? Da FanPage.