Alexsandro Palombo: "Vivo sotto minaccia, preoccupa il clima contro ebrei e Cav"
Si muove rapido nella notte di Milano. Non programma, agisce d’istinto e ogni volta lascia un segno indelebile su un muro di grigio cemento. Un’opera d’arte che entra silenziosa e potente nel dibattito politico contemporaneo e scuote le coscienze oppure le sberleffa. Fantasioso. Divertente. Un innovatore della pop art che la rivista americana Interview Magazine fondata da Andy Warhol nel 1969 ha definito «orgogliosamente controverso». I più lo amano e inseguono i suoi capolavori. Ma tanti lo detestano e lo temono, al punto da minacciarlo pesantemente o attendere le sue creazioni per confutarle con uno sfregio alla maniera stolta degli haters, cancello per non vedere, deturpo per non riflettere. L’ultimo clamoroso oltraggio, la vernice bianca sul disegno conciliante e pacifista di Berlinguer che solleva tra le braccia il Berlusca.
AleXsandro Palombo, sappiamo tutto delle tue opere e nulla dite. Ma esisti? Chi sei? Età, studi, sposato, con figli?
«Cara Simona conduco una vita francescana, tutta dedicata all’arte e alla mia amata famiglia e figlio, sono una persona che non amai riflettori».
Dicono che tu sia cresciuto a pane e pci. Ma non mi sembri di sinistra...
«Per pane e Pci si intende il fatto che sono cresciuto in una famiglia che sarebbe stata perfetta per un film di Monicelli, dove mio padre è sempre stato un tesserato del Partito comunista, dirigente statale nonché impegnato sindacalista, poi mio zio l’Avv. Cosimo Francioso è stato lo storico giuslavorista milanese difensore dei metalmeccanici e dei giornalisti nonché fondatore di AGI Avvocati giuslavoristi italiani, ogni estate c’erano le immancabili feste dell’Unità nazionali e ricordo come fosse ieri il giorno del funerale di Berlinguer e mio padre in lacrime, è un’immagine impressa nella mia memoria. Ma in tutto questo io ho sempre avuto la mia libertà di pensiero, sono sempre stato un ribelle».
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Ti hanno imbrattato anche il murale della pace. Silvio in braccio a Berlinguer. Te lo aspettavi vero?
«Sinceramente pensavo in una clemenza perché credo ancora in una politica pacificatrice».
Non è la prima volta che dipingi Silvio, cosa ti piace di lui?
«Era un visionario, un uomo capace di sognare e dare vita alle sue idee, questa a mio avviso è l’eredità più grande che lascia insieme a tutti i suoi risvolti umani. Forse oggi ci rendiamo conto che Berlusconi ha difeso molto di più lui gli interessi dell’Italia rispetto a quello che hanno fatto quelli dopo».
Perché Milano non ha ancora una via dedicata al Cavaliere?
«Parlano della regola dei 10 anni certo ma volendo si potrebbe sorvolare, il fatto che una mozione sia stata bocciata è la dimostrazione che non c’è questa intenzione. A mio avviso è solo marketing politico, intitolare una Via a Berlusconi cambierebbe la narrazione del “nemico per sempre” e farebbe da volano alla sua corrente politica».
Meloni Madonna o Meloni Wonder Woman?
«Meloni con le palle, perché è una donna che ha dimostrato coraggio e non si piega».
Qual è il murale di cui vai più fiero?
«Ogni opera ha il suo perché, la mia produzione degli ultimi 30 anni è vasta, ma certamente quelle contro l’Iran e gli abusi sulle donne sono a mio avviso tra le più importanti, per quelle ho ricevuto molte minacce».
Qual è lo sfregio che ti ha ferito di più?
«Più che ferito spingono a riflettere, le opere deturpate dei Simpson al Memoriale della Shoah e l’accanimento verso il murale di Berlusconi mettono a nudo tutto l’odio sociale che oggi ci circonda, la parola confronto è stata cancellata dalla parola scontro».
Quanto vale una tua opera?
«Il valore delle mie opere è sociale ed è questo che conta, adoperarsi per la società e per il bene del prossimo non ha prezzo».
Hai dipinto i Simpson deportati davanti al Memoriale della Shoah. E hanno imbrattato anche quello. Pensi ci sia un clima d’odio contro gli ebrei in città?
«Assolutamente sì, le mie opere sono come un termometro capace di dare un feedback puntuale sullo stato della società. Le reazioni che riceviamo sono un indicatore degli orientamenti, anche per quelle opere ho ricevuto tante minacce da musulmani che non mi perdonano neanche quelle contro Hamas».
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Perché vivi nell’ombra? Ti senti una sorta di Banksy italiano?
«L’unica cosa che accomuna me e Banksy è il fatto che arriviamo entrambi da quella vecchia guardia di artisti liberi e fuori da schemi e sistemi, io da sempre ho un carattere schivo e riservato e con le tematiche che affronto se dovessi vivere sotto i riflettori avrei vita breve, non sono un artista protetto, non ho privilegi, né la scorta».
Ti minacciano?
«Tantissimo, in più occasioni il mio legale l’Avvocato Andrea Cingano mi ha consigliato di fare degli esposti in procura, ho sempre preferito non dare peso alle minacce per non minare la mia libertà artistica ma so bene il rischio che corro».
Cosa pensi di Sala? L’hai votato? L’hai mai sentito?
«Ha preso in mano una Milano post Expo e quello è stato il suo volano, ho sentito parlare tanto di verde ma di verde ne vedo sempre meno e per quanto riguarda gli strati sociali più vulnerabili della città a mio avviso non ci sono politiche adeguate che fanno abbastanza, bisogna dire grazie all’impegno di tantissimi privati e ad alcune realtà del terzo settore. Ormai si vive in una bolla tra finzione e realtà, una città che non dà speranza ai giovani ed è sempre più proiettata ad essere solo un luna park dello shopping. Anche l’Ambrogino d’oro che era l’unica vera onorificenza degna di questa città mi pare che in certi casi sia stato svenduto a furor di Like».
Cosa pensi della sinistra delle ztl, dei divieti e delle ciclabili come se piovesse?
«A me preoccupano le “banlieue milanesi”, perché se guardiamo alla Milano di oggi e penso alla ZTL mi viene in mente solo la frattura che c’è tra periferie e centro, la famosa città vetrina. Invece della ZTL bisogna fare il percorso contrario e concentrarsi su progetti coraggiosi e rivoluzionari che partono dalle periferie della città per poi arrivare al centro, si sono create spaccature sociali che pagheremo nei prossimi anni. San Siro come tanti altri quartieri di Milano oramai sono solo una bomba ad orologeria, luoghi sempre più isolati, paludi di degrado, dei veri e propri ghetti che non sono stati interessati da nessuna riqualificazione né da programmi seri di integrazione. Sono queste le urgenze di cui ci si doveva preoccupare e non le ZTL, perché questi luoghi di nessuno saranno il più grande problema di domani».
Sarà di destra il prossimo sindaco?
«C’è gente di sinistra che ha votato Meloni perché c’è un certo disorientamento ideologico. Credo che se la destra saprà cogliere questo sentimento di chi sta perdendo fiducia in certe correnti allora troverà una chiave di lettura su cui costruire qualcosa. Se riuscirà ad individuare una figura carismatica e illuminata capace di mettere al centro i veri interessi del cittadino allora a Milano avrà la sua possibilità».
Quale sarà il tuo prossimo murale?
«A dire il vero fino al giorno prima non lo so».