Roberto Salis, ecco cosa scriveva di Laura Boldrini
Tirando un sospiro di (chissà quanto sincero) sollievo, sabato scorso Roberto Salis aveva promesso che, col ritorno a casa di sua figlia Ilaria, avrebbe dato le “dimissioni” da portavoce della neo-deputata europea. Ma siccome lei non parla, il suo ruolo di advisor non è ancora finito. L’apporto di Roberto Salis è stato fondamentale per tutta la durata della campagna elettorale di sua figlia tra le fila di Alleanza Verdi-Sinistra, e le oltre 170mila preferenze riscosse parlano chiaro.
Ma in realtà il già manager di multinazionali ha svolto un ruolo ancor più cruciale nella fase precedente alle Europee: quella della genesi del “progetto Salis”. La maestra-antagonista, accusata di aver partecipato nel febbraio 2023 ad almeno due raid punitivi nei confronti di presunti estremisti di destra per le strade di Budapest, è infatti rimasta nel carcere magiaro di Gyorskocsi utca per quasi un anno senza che a nessuno interessasse nulla. Né ai suoi padri putativi politici Angelo Bonelli e Nicola Fratoianni, né al suo ritrattista Zerocalcare, né alle centinaia di migliaia di persone che l’8 e 9 giugno hanno scritto il suo cognome sulla scheda elettorale. Non si passa dalla polvere ungherese all’altare di Bruxelles in così poco tempo senza un grande talento comunicativo in squadra. E papà Salis, uomo di mondo, lo è. Prolifico titolare di un account su “X”, Roberto si misura da tempo con temi di attualità, economia, politica, sport, cambiamenti climatici. Solo che, a leggere ciò che scriveva prima della folgorazione comunista sulla via di Damasco, sarebbe stato un perfetto fenotipo inviso a Ilaria e ai suoi amici un po’ vivaci.
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Per realizzare un collage completo dei soli best of servirebbe un lenzuolo, ma i cinguettii più interessanti sono di certo quelli straordinariamente legati all’attività militante della figlia. Roberto ridicolizzava i politici di sinistra sull’inesistente emergenza del ritorno del fascismo, mentre ora denuncia i “metodi fascisti” usati contro Ilaria ogni tre per due; celebrava il regime comunista cinese definendolo «equilibrato»; paragonava Laura Boldrini a un «maiale» a cui sarebbe inutile provare ad insegnare qualcosa; sbertucciava i leader politici del futuro partito di sua figlia. Bonelli lo chiamava un «incapace di analizzare ciò che gli si presenta davanti agli occhi!» rimproverandogli di essersi fatto imbambolare da Aboubakar Soumahoro, mentre piuttosto che votare Fratoianni diceva di preferire l’esilio.
Ma ben più curiose sono le risposte al vetriolo verso coloro che, come il dem Matteo Orfini, parlavano di «attacco squadrista» da parte dei giovani di Azione Studentesca fuori dal Liceo Michelangiolo di Firenze: «Quelli che lei chiama “fascisti” si stavano difendendo dal solito attacco del collettivo studentesco!», scrive. Con tanto di punto esclamativo e faccina arrabbiata. Per definirlo “solito”, chissà, deve aver avuto qualche conoscenza diretta. E che dire della critica a Giuseppe Conte, che il 16 settembre 2022 attaccava Giorgia Meloni e Matteo Salvini sulla svolta illiberale dell’Ungheria: «Era una imboscata a Orbán- dice- solo perché si è permesso di non aderire alla linea Ue sulle sanzioni! La Polonia ha posizioni ben più estreme ma è allineata sulle sanzioni per cui va bene tutto. Prima di parlare bisogna capire l’argomento! Mah».
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Il premier ungherese ai tempi era quindi un povero perseguitato dai poteri forti europei-americani-Nato (a loro volta tra i bersagli preferiti), mentre oggi è un cattivone fascista. Ma di perle gustose ce ne sono anche sull’attività delle Ong, sul cambiamento climatico, sui vaccini, sul neo-colonialismo francese. Davvero di tutto e di più. In molti casi anche condivisibile e dal tono assolutamente anti-comunista. La speranza è che torni presto in sé, perché del vecchio soldato Salis si sente molta mancanza.
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