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Francesca Albanese, il dossier (spietato) la inchioda: soldi e viaggi, cosa si scopre

Francesco Specchia
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Con una certa cocciuta risolutezza, nella notte dello scorso 4 giugno, sul social “X”, Hiller Neuer iperattivo direttore esecutivo di Un Watch (l’ong accreditata presso l’Onu la cui missione dichiarata è «monitorare le prestazioni delle Onu sulla base della propria Carta») lanciava un tweet tombale. Era questo: «Mi sto recando in Italia per presentare il nostro dossier su Francesca Albanese ai media nazionali. Il giorno della resa dei conti si avvicina».

Quel giorno è stato ieri. Ieri Neuer era effettivamente in Italia a resoconteggiare, precisamente a Milano nello storico Teatro Franco Parenti di Andrée Ruth Shammah oramai considerato «l’avamposto del sionismo» da una feroce parte politica. E ieri, da lì, non senza polemica, Neuer interveniva alla conferenza La verità sul conflitto israelo-palestinese. E, sempre ieri, Francesca Albanese, famigerata «relatrice speciale sulla situazione dei diritti umani nei Territori palestinesi occupati» usa a dipinger gli ebrei come nazisti e con l’abitudine di sbianchettare le atrocità di Hamas (a cui, nel novembre 2022, durante una conferenza organizzata dallo stesso gruppo terroristico si rivolse con un «avete il diritto di resistere»), vedeva la sua reputazione e i suoi atti, opere e omissioni ingoiati nel dossier inoppugnabile di Neuer. E la sintesi di quel dossier diventa, oggi, un “reclamo ufficiale” in 8 paginette dense, destinate al segretario generale delle Nazioni Unite, Antonio Guterres, e all’Alto commissario per i diritti umani dell’Onu, Volker Turk. Cioè agli stessi accaniti padrini di Albanese, di tutto questo visibilmente imbarazzati.

 

 

TUTTE LE VIOLAZIONI - Il reclamo suddetto contiene le “Violazioni ripetute del codice di condotta delle Nazione unite e dell’etica professionale” da parte della sedicente “avvocato” Albanese (non lo è, tra l’altro, nonostante qualche millanteria). Tra codeste violazioni, per dire, spicca la negazione che «il pogrom del 7 ottobre sia stato il peggior attacco agli ebrei dopo l’Olocausto, per cui è diventata la prima relatrice speciale della storia ad essere condannata per antisemitismo sia dalla Francia che dalla Germania». E la succitata negazione si aggiunge alle «vergognose dichiarazioni e azioni della signora Albanese che promuovono l’antisemitismo e il terrorismo, per le quali dovreste condannarla e chiederne la rimozione», rende noto l’Un Watch.

In un’altra parte del reclamo, il dottor Neuer chiede anzitutto al massimo organismo delle Nazioni Unite di «avviare un’indagine immediata e indipendente sulle accuse gravi e circostanziate» secondo le quali la relatrice «avrebbe richiesto illegalmente pagamenti per il lavoro svolto nella sua veste ufficiale all’Onu, in grave violazione dei suoi obblighi solenni ai sensi del Codice di condotta». La storia, peraltro, è nota. La “relatrice speciale”, in questo è stata molto speciale: violando l’articolo 3 del Codice di condotta delle Procedure - appunto - speciali (riguardo all’espresso divieto di accettare compensi) Albanese osservava di non poter «prendere onorario per qualsiasi cosa faccia nella sua veste ufficiale»; e quindi, per ovviare all’intoppo, s’era inventata una pratica un po’ ingenuotta. La pratica, molto italiana, dell’elusione, di aggirare consapevolmente e in modo nient’affatto etico questo divieto: chiedendo invece che, in cambio delle sue lezioni, venissero effettuati pagamenti da parte di gruppi esterni al suo assistente di ricerca. Una pratica che, specie se scoperta, risulta, oltre che amorale, un tantino illegale. Ma non è tutto.

Il reclamo contro la funzionaria filopalestinese è articolato, denso di prove, e spietatissimo. «Chiediamo che l’indagine sulle pratiche finanziarie della signora Albanese includa l’esame e la divulgazione delle informazioni relative al suo viaggio del novembre 2023 a Sydney, insieme ad altri sei voli», scrive sempre Neuer «nel Paese e in Nuova Zelanda». Ossia, dove un gruppo di pressione palestinese ha sponsorizzato la sua visita che «si stima sia costata 22.500 dollari» e senza iniziale mandato specifico Onu, dato che trattavasi di visita che non compare nella lista delle visite ufficiali del Paese. Nello specifico, una sorta di scrocconeria ideologica. Recita sempre l’Un Watch «Albanese ha impropriamente fatto in modo che le Nazioni Unite pagassero il suo viaggio attraverso il mondo, accompagnata da almeno un assistente, in un paese che non ha alcun legame con il mandato specifico della signora Albanese di indagare sui diritti umani nei territori palestinesi...». Impropriamente.

 

 

«Eccellenze» conclude Neuer appellandosi ai vertici Onu «il vergognoso sostegno al terrorismo e la promozione dell’antisemitismo da parte della relatrice speciale dell’Onu gettano un’ombra sulla reputazione dell’Onu nel suo complesso». A ciò, si aggiungono, scorrettezze finanziarie dell’Albanese tutte da accertare. «Per mantenere e rafforzare la fiducia dell’opinione pubblica nelle Nazioni Unite, invitiamo l’Onu a dimostrare il suo impegno all’apertura ed alla trasparenza, rispondendo immediatamente alle nostre richieste relative alle questioni sopra descritte», conclude Neuer.

J’ACCUSE SUL VIAGGIO - Il reclamo Ong, nelle sue righe finali, si trasforma in un j’accuse di Un Watch sul peregrinare della nostra Giovanna d’Arco dalla ferocia antisionista «che non è stato considerato né dalla signora Albanese né dall’Onu come una visita ufficiale in un Paese che avrebbe giustificato il finanziamento delle Nazioni Unite». Ci sarebbe, poi, anche il principio diterzietà e indipendenza di giudizio ripetutamente violato da Albanese, il cui marito economista feceva il consulente per l’Autorità palestinese. Ma transeat.

Al rapporto Un Watch per raccomandata, si aggiungono, destinatari in copia, l’«Ambasciatore Omar Zniber, Presidente del Consiglio dei diritti umani delle Nazioni Unite Isha Dyfan, presidente del Comitato di coordinamento delle procedure speciali dell’Unhrc». Sono, costoro, i dirigenti ufficialmente proposti all’audit interno Onu, coloro che dovrebbero scatenare l’inferno di sanzioni e sospensioni. Dovrebbero. Cos’altro serve, ancora?... 

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