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Elkann, pesanti accuse contro la mamma: "Violenze fin da piccoli"

Sandro Iacometti
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La desertificazione delle fabbriche, i ricatti al governo sugli incentivi, lo scontro col centrodestra portato avanti tutti i giorni dai suoi quotidiani Repubblica e Stampa? Cancellate tutto. L’unica stilettata, robusta, piazzata da John Elkann in un’intervista a tutto campo che uscirà oggi sull’Avvenire è per la madre Margherita, che a lui e ai fratelli Lapo e Ginevra ha inflitto «fin da piccoli violenze fisiche e piscologiche». Accusa pesante, che probabilmente entrerà nei fascicoli processuali delle inchieste a suo carico portate avanti dalla procura e dal Tribunale civile di Torino sull’eredità degli Agnelli e sulla presunta evasione fiscale della famiglia da cui, solo pochi giorni fa, è emerso che anche John dovrà essere ascoltato come testimone.

Ma a parte assestare il colpo contro la madre, in causa per i presunti inghippi compiuti dalla nonna degli Elkann, la moglie dell’Avvocato, donna Marella Caracciolo, il solitamente taciturno Jaki scende in campo per spargere ramoscelli di ulivo a destra e manca. Nella versione bravo ragazzo, contrapposta a quella del cinico manager portoghese Carlos Tavares, interessato solo ai profitti e al suo stipendio, John spiega, con gli occhi lucidi che si percepiscono anche senza vederli, che l'insieme delle sue aziende «danno lavoro a più di 74mila persone in Italia», dove sono stati investiti «negli ultimi 5 anni 14 miliardi», creando prodotti competitivi sui mercati mondiali. «Ricordo ancora», racconta l’ad di Exor e presidente di Stellantis, «la nostra emozione nel vedere le prime Jeep uscire dalle linee di Melfi e le navi che erano state acquistate per trasportarle dalla Basilicata all'America». Roba da far commuovere anche il più duro sindacalista della Fiom.

 

 

 

Poi c’è il momento dell’orgoglio. «Guardiamo ai fatti: il nostro destino 20 anni fa era quello dell'Olivetti, una delle grandi realtà del nostro Paese. Che con il susseguirsi di diverse proprietà, cattiva gestione e ingegneria finanziaria che prendeva il posto dell'ingegneria di prodotto, oggi non esiste più. Un'altra possibilità, ugualmente infelice, era la nazionalizzazione, come nel caso dell'Alitalia o dell'Ilva. E invece non è andata così», rivendica il nipote di Gianni Agnelli, sottolineando che «Stellantis opera in tutto il mondo, ha forti radici in America, Francia e Italia, e nel suo top management ci sono tante nazionalità: l’ad è portoghese, la responsabile finanziaria è americana, il capo della tecnologia è croato. Guardando ai marchi: il responsabile del marchio Jeep è italiano, quello di Peugeot inglese, quello dell’Alfa Romeo è francese. È nel pieno rispetto delle identità nazionali che sta la vera forza e la ricchezza di Stellantis». Ma lui, checché se ne dica, l’amore per il suo Paese non lo ha mai perso. «Nonostante il mio lavoro mi porti prevalentemente fuori dall’Italia», dice, «abbiamo deciso con mia moglie di abitare a Torino: qui sono nati i nostri figli e qui sono stati battezzati e vanno a scuola. Le nostre radici sono a Torino, un territorio a cui ci sentiamo legati e sul quale continuiamo a rafforzare il nostro impegno sociale». Altre lacrime.

 

 

 

Quanto a Mirafiori, ferita aperta del territorio, John assicura che la fabbrica «negli ultimi anni ha beneficiato di investimenti che hanno permesso l'avvio di attività addizionali alla produzione di auto». E questo grazie a alla lungimiranza «di un sindaco, Lo Russo, e di un presidente di Regione, Cirio, peraltro di colori politici diversi». Questo per dire che lui non ha nulla contro il centrodestra. Anzi: «Il nostro rapporto con il governo italiano, così come con i governi di tutti i Paesi dove operiamo, è di massimo rispetto, sempre alla ricerca del dialogo».

Quanto alla mamma, dopo aver ribadito la «piena fiducia nella magistratura», Elkann precisa che «nel 2004 la famiglia si è compattata per il rilancio della Fiat portando avanti le volontà del nonno, ma lei si è chiamata fuori. E invece di essere contenta, per la sua famiglia, per la realizzazione del volere di suo padre, ha reagito nel modo peggiore». Un atteggiamento che «ha radici lontane» e che John vive «con grande dolore». E qui si torna alle violenze... 

 

 

 

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