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Stefano Massini, che strazio la sua "Riserva indiana": il mondo resta infame anche a ora di cena

Daniele Priori
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Stefano Massini ha trovato la sua Riserva Indiana su RaiTre. Un pot-pourri di belle intenzioni e cattiva coscienza sul mondo che resta comunque infame, anche all’ora di cena. RaiTre è ai saldi di fine stagione eppure ancora in cerca di emuli dei mai troppo rimpianti Fazio e Gramellini. Così lo scrittore toscano, firma di Repubblica, con la passionaccia irredimibile per la televisione si è conquistato per le prossime tre settimane la sua oasi tv alla quale abbeverare l’ego potente e l’occhio vanesio. Alle 20,15 esatte si vede spuntare, Massini come un pettinatissimo imprevisto sulla chiusa della scapigliatura televisiva per eccellenza di Blob. Lo scrittore materializza con la sua lezione urgente di educazione sentimentale e passione civile. A seguirlo quel pubblico che non guarda i Tg di governo perché ha già seguito malinconicamente il Tg3 impareggiabile erede della fu TeleKabul di Curzi e alle 20,15 può dedicarsi alla riflessione. Urca.

Massini pare la spezia che mancava per mettere un po’ di sale nella minestra insipida della sinistra moderna, costretta oggi a rassegnarsi e consolarsi con la barba di Damilano e la milionesima puntata di Un posto al sole. Almeno fino a ieri, quando, a promettere di farla ringiovanire è arrivato lo sguardo maliardo di Massini. Che invece si perde a parla di cuori per far colpo sulle teste. Proprio come si corteggiavano gli ex ragazzi delle università degli anni 70. Che si amavano contro le porte della notte, tra una poesia di Preverte un dipinto di Chagall che serve per spiegare come l’amore non si possa in realtà “capire”, cioè mettere in gabbia. Ma può diventare tossico (poteva forse mancare il riferimento ai femminicidi?).

 

 

 

E da movimento si trasforma in immobilità. Per questo nella Riserva indiana (che a giudicare dal numero di tappeti in studio pare più una riserva persiana) Massini tira fuori il primo cantore della lezione: il capotribù Diodato che dai dipinti di Chagall, passando per il viaggio in Italia di Pasolini, viene riportato a parlare della sua Taranto. Note utili, mica canzonette, per spostare l’accento della lezione sull’etica civile, mettendo in guardia sulla durezza della vita, del lavoro che nasce come una bella promessa, ma poi può portare alla morte, come accaduto proprio a Taranto illusa e tradita dal sogno spezzato dell’Ilva. Con buona pace di chi si aspettava un po’ di parole di riscatto sociale. La lezione si fa mortifera. E l’unica parte davvero imprescindibile, sui titoli di coda, diventa quell’augurio di buona vita che il conduttore dedica a chi stasera non tornerà nella sua Riserva. 

 

 

 

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