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Christian Raimo, sempre colpa degli "sbirri": dialettica e botte, fenomenologia del prof

Andrea Tempestini
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Se capita di scrivere di Christian Raimo ci si interroga sulla bontà delle proprie azioni: è giusto farlo? Ha davvero un senso dargli voce? È una sorta di denuncia? Fa parte del mestiere o si tratta di pura goliardia? Cioè, il tizio ha recentemente sostenuto che sia giusto picchiare i neonazisti e che il diritto a spaccargli la testa lo insegnino anche i manuali scolastici. Insomma c’è altro da riportare su questo soggetto? È necessario? Ecco, nonostante più di una resistenza interiore, la risposta è che sì, s’ha da fare. Le ragioni? È un professore di storia e filosofia in un liceo romano; ha una smisurata sovresposizione televisiva, quindi pubblica, durante la quale indossa la pettorina dell’intellettuale; l’intellettuale in questione è un punto di riferimento per un’area minoritaria, ma chiassosissima. E ora Raimo ha anche il timbro - ufficiale del politico: è candidato alle Europee con Alleanza Verdi e Sinistra, la premiata ditta Bonelli-Fratoianni.

Dopo le premesse auto-assolutorie - perché ne scriviamo-, vi riportiamo il resoconto di quattro minuti televisivi del professore che condensano l’essenza del personaggio. Siamo da David Parenzo a L’aria che tira, si discute del blitz di Ultima Generazione al Foro Italico (lunedì hanno interrotto due partite, poi sono stati trascinati via a forza dagli agenti), in studio c’è anche la leghista Susanna Ceccardi che difende il libero pensiero ma, sommessamente, fa notare come «in 18 anni di politica non ho mai interrotto una manifestazione altrui e la polizia non mi ha mai fermato». Ma l’intellettuale di ferimento (senza “ri”), il signor Raimo, eccepisce: «Faccio politica da quando ho 14 anni, dunque da 35 anni, e non essere mai stato bloccato dalla polizia per me sarebbe, come dire, non fare politica». «Una conditio sine qua non», sintetizza Parenzo, il sorriso empatico di Raimo conferma la correttezza della sintesi.

 

LA CONDITIO SINE QUA NON
Già questo dà l’idea di una concezione ben precisa della “politica”. D’altronde il prof, dopo gli scontri alla Sapienza dello scorso aprile, mise in discussione il bilancio di 27 agenti feriti derubricando le cifre a «veline delle forze dell’ordine», insomma se lo dicono loro io non ci credo. Perché la polizia è per sua natura il nemico.

Quando Parenzo gli chiede di illustrare nel dettaglio il perimetro della «conditio sine qua non», insomma di spiegare in che situazioni sarebbe meritorio farsi fermare dalla polizia, Raimo risponde così (la trascrizione è perfidamente letterale): «Perle cause giuste, spesso per le cause perse, come dire le manifestazioni, chiaramente insomma vuol dire ma... ma insomma anche se si è Mandela e Ghandi, cioè nel senso è chiaro che come dire c’è una dialettica democratica e di quella dialettica democratica fanno parte anche le forze dell’ordine».

Dopo la sgrammaticata supercazzola, Christian Raimo inizia a lambire la mitomania. «L’altro giorno ero a Torino, c’è stato il presidio e io ero lì in mezzo. Ed è toccato a me e Zerocalcare fare da mediatori». Si riferisce ai fatti dello scorso sabato, all’assalto del fantomatico comitato “Torino per Gaza" al Salone del Libro. I pro-Palestina, al grido di «vergogna sionisti di merr***», pretendevano un palcoscenico e lo cercavano a modo loro, botte e insulti. Alla fine hanno ottenuto di poter srotolare un bandierone - va da sé palestinese - all’interno del Salone. Una situazione tutto sommato rientrata senza grossi patemi, ed è qui che entra in giocola mitomania: il lieto fine, almeno in termini di feriti e manganellate, lo dovremmo a Raimo (e al fumettista Zerocalcare).

 

IL MEDIATORE
«La cosa che mi stupisce - riprende il professore - è che io, che non sono nessuno in quella fase se non un semplice manifestante, sono stato costretto insieme a Zerocalcare a fare da mediatore tra le forze dell’ordine e i manifestanti». Questo perché «non c’era nessun politico» (Raimo ha già scordato di esserlo, per altro a sua detta «da 35 anni»: che confusione...) e perché «la polizia non è preparata». Vedete, in fin dei conti è sempre colpa degli “sbirri”. «A un certo punto mi sono detto: ma che devo fare? Già insegno filosofia e storia al liceo, devo mettermi pure a fare formazione alla polizia? È incredibile che in questo Paese, nel 2024, non sappiano cosa fare». Per fortuna c’era il professore, il candidato e il mediatore Christian Raimo, il quale - a differenza nostra quando ne scriviamo - non si interroga sulla bontà di quel che dice e fa. Eventuali risposte, per lui, sarebbero rovinose.

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