Fassino, il video di un minuto e il precedente di due settimane prima
Il 15 aprile scorso non sarebbe stata la prima volta che Piero Fassino avrebbe tentato di rubare al duty free di Fiumicino. Da quanto emerge dalle indagini della Polaria, la polizia di frontiera, infatti, il deputato del Pd sarebbe stato riconosciuto dai dipendenti del negozio come autore di un gesto analogo anche in passato.
Nella prima occasione l’ex segretario dei Ds non era stato fermato. Proprio per questo “precedente” - evidenziato dagli addetti del negozio - gli agenti della Polaria avrebbero sentito le testimonianze anche di altri dipendenti che il 15 aprile non erano al lavoro. Ma c’è dell’altro. Perché le immagini delle telecamere, acquisite dagli inquirenti della Polaria, che le trasferiranno a breve alla Procura di Civitavecchia con l’informativa, sembrano smentire la ricostruzione fornita da Fassino.
"Perché stavano controllando proprio Fassino". Il furto del profumo, una voce inquietante
Al contrario di quanto ha affermato, dal video emergerebbe che il 15 aprile, intorno alle 10.30 del mattino, il deputato del Pd avesse tentato effettivamente di rubare una bottiglietta di profumo (Chanel Chance da 100 ml, prezzo 130 euro) e che non avesse in mano il cellulare, come ha invece raccontato ai media. Insomma, non sarebbe stata la telefonata a distrarlo, costringendolo a mettersi in tasca il profumo. Ma facciamo un passo indietro.
"Avevo il telefono in mano. Sto male...": Fassino rompe il silenzio, la sua versione sul duty free
Dura un minuto il video che ha messo nei guai l’ex sindaco di Torino: poco prima di imbarcarsi su un volo diretto a Bruxelles, si vede l’ex segretario dei Ds entrare nello stand dei profumi per donna del duty free 25 del Terminal 1 dell’aeroporto di Fiumicino e infilarsi in tasca una bottiglietta di profumo. Poco dopo aver superato le casse, Fassino viene bloccato da alcuni vigilantes, che gli trovano la boccetta in tasca. Il deputato sarebbe stato denunciato per tentato furto. L’informativa, in cui si ipotizza il furto, arriverà nei prossimi giorni all’attenzione della procura che valuterà gli elementi acquisiti e deciderà se svolgere ulteriori approfondimenti.
“Un precedente”. Fassino, la rivelazione degli addetti del duty free: acquisito il video
Di certo, per ora, c’è che le ricostruzioni fornite da Fassino non collimano con quanto raccontano le immagini delle telecamere. «Lunedì scorso (15 aprile, ndr), prima di imbarcarmi, ho fatto un passaggio al duty free di Fiumicino per acquistare un profumo per mia moglie. Con il trolley in mano e il cellulare nell’altra, non avendo ancora tre mani, ho semplicemente appoggiato la confezione di profumo nella tasca del giaccone, in attesa di andare alle casse», ha spiegato qualche giorno fa Fassino a Repubblica. «In quel momento si è avvicinato un funzionario della vigilanza che mi ha contestato quell’atto segnalandolo a un agente di polizia. In vita mia non mi sono mai appropriato di alcunché. E certo non intendevo appropriarmi indebitamente di una boccettina di profumo che avrei voluto pagare».
Eppure le cose non sono andate esattamente così. Secondo le ricostruzioni, come detto, dalle immagini non sembra che il deputato stia parlando al telefono. E poi Fassino ha dichiarato di essere stato fermato dentro il duty free perché sostiene che si stesse avvicinando alle casse, però il filmato “racconta” che lo si vede andare via, fuori dal negozio. Ma soprattutto, da quando nei giorni scorsi sono emersi ulteriori dettagli sul fatto che lo riguarda, Fassino ha già cambiato versione. Sempre a Repubblica, venerdì, ha spiegato: «Non ho detto di essere al telefono, ho detto che avevo il telefono in mano. Voglio vedere quel video, c’è di mezzo la mia storia. In vita mia non ho mai rubato nulla. Tanti anni di attività politica, di gestione della cosa pubblica, e un malinteso rischia di oscurare tutto».
«Questa cosa» ha detto sempre a Repubblica, «mi fa star male, sto vivendo giorni di enorme sofferenza». Sulla vicenda ieri è intervenuto anche il legale di Fassino, Fulvio Gianaria. «Un banale e increscioso episodio che avrebbe meritato un approfondimento pacato si sta clamorosamente trasformando in una aggressione mediatica, un vero e proprio processo parallelo che trova come unica spiegazione il cognome noto del cittadino coinvolto» ha detto l’avvocato.