J.K Rowling sfida il politicamente corretto: "La legge trans fa male alle donne. E ora arrestatemi"
La scrittrice britannica J.K. Rowling è pronta a farsi ammanettare. E noi, che amiamo i perversi e non i diversi, avrebbe detto Marco Pannella, non possiamo che fare il tifo. Dopo un decennio passato a non poter aprire bocca - se non fosse per gli inglesi, tra politically correct, cancel culture e ideologia woke, forse qualcuno libero di parlare ci sarebbe rimasto - pare che la regola aurea "non urtare nessuna sensibilità" abbia fatto un testacoda e ora si ritrovi a marciare contro mano.
In Scozia, lunedì, è entrata in vigore una legge che mira a combattere l’incitamento all’odio: approvata dal Parlamento scozzese nel marzo 2021, la norma estende le tutele per le minoranze (le “categorie protette” includono età, disabilità, religione, orientamento sessuale, identità transgender) creando il nuovo reato di «istigazione all’odio», diventa cioè un crimine comunicare o comportarsi in un modo che «una persona ragionevole considererebbe minaccioso o offensivo».
Le pene vanno da una multa a una pena detentiva fino a sette anni e anche le accuse non perseguite rimarranno nei registri delle forze dell’ordine. L’odio razziale è stato omesso perché già coperto da una legge del 1986. La norma, oltre ad aver suscitato polemiche sul danno potenziale (senza limiti) che potrebbe avere sulla libertà di espressione, non include le donne tra le minoranze da tutelare.
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CACCIA ALLE STREGHE - Ed eccoci al punto. In questo “maccartismo del bene”, inteso come esasperata repressione di ciò che si ritiene sovversivo, o si proteggono le minoranze, ma, giocoforza, se ne dimentica sempre una; oppure, a furia di inventarsene di nuove, di minoranze, si perde di vista la collettività.
Sulla prima questione si è impuntata la mamma di Harry Potter: in un lungo post su X ha criticato la legge perché «aperta agli abusi da parte degli attivisti» e ha accusato il Parlamento scozzese per aver attribuito «un valore maggiore alla sensibilità degli uomini che interpretano la loro idea di femminilità, per quanto misogina o opportunistica, rispetto ai diritti e alle libertà delle donne e delle ragazze reali». Conclusione: «Al momento sono all’estero, ma se ciò che ho scritto si qualifica come reato secondo i termini della nuova legge, non vedo l’ora di essere arrestata». Nella nazione in cui ormai quando si parla del gentil sesso bisogna dire «persone con utero», Rowling ha già ricevuto minacce di morte perché ritenuta la capofila della transfobia: aveva suggerito di usare il termine «donne» invece di «persone che mestruano» e ribadisce che «un uomo va chiamato uomo».
Qui, la prima questione: chi decide quali sono le minoranze? Quali sono da tutelare? Per quanto tempo? Le sensibilità cambiano. In Scozia, l’ex primo ministro Nicola Sturgeon aveva promesso una legge che avrebbe aumentato le pene contro la misoginia; impegno preso anche dall’attuale premier Humza Yousaf. Eppure...
Sulla seconda questione si è addentrato anche il Financial Times (la stampa liberal faccia pace con se stessa): viviamo in un clima di autocensura e intimidazione che va oltre il legittimo obiettivo di proteggere le minoranze da minacce reali. L’articolo cita un sondaggio secondo il quale il 76 per cento degli intervistati sostiene di essersi sentito inibito nell’esprimere le proprie opinioni per paura di essere attaccato.
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Ma la limitazione della libertà di espressione corrode la coesione sociale e, di conseguenza, si corre il rischio che la democrazia venga sacrificata sull’altare dell’inclusività. Da quando le opinioni sbagliate possono essere cancellate per legge? Testacoda, dicevamo. E il quotidiano britannico continua: il desiderio di non offendere non deve trasformarsi in un diritto a non essere offesi, pena la morte per soffocamento del dibattito pubblico. La vita sociale odierna, insomma, è fondata sul verbo “ricattare”: e il ricatto è fondato sull’indignazione a nome degli altri e sul sentirsi offesi personalmente. Sembra non esserci via d’uscita: o sei un cattivo o sei una vittima. Libertà is the new prigionia.
L’OMINO DI ALTAN - A parlare di ideologia woke e dell’identità come “trappola” è stato anche il politologo Yascha Mounk (nel libro “The Identity Trap”, che uscirà in Italia quest’anno per Feltrinelli): guardare il mondo attraverso le lenti delle categorie identitarie, razza, genere, orientamento sessuale, rende sfocate le regole universali, quelle su cui sono state costruite le Costituzioni.
L’inclusività sta diventando ridicola, e tragica: è il Barone di Munchausen, di cui si diceva che fosse riuscito a tirarsi fuori da una pozza di fango tirandosi per i capelli. Forse è il momento di dire una frase sbagliata in più, come l’omino di Altan: ha opinioni che non condivide.