Stefano Bonaga, le confessioni: "Ho compiuto 80 anni ma non festeggio"
Stefano Bonaga è un professore di filosofia di Bologna. Professore vero, filosofo vero, bolognese vero. Appassionato di politica, uomo di sinistra, anticonformista, spesso polemico. Dice di non amare il giornalismo pettegolo e dice che non gli piace parlare di sé. È appena stato il suo compleanno, ma odia i compleanni. Capite bene che forse l’idea di provare a intervistarlo non è una grande idea. Invece accetta. Si mette a parlare e mi spiega almeno un pezzettino del suo pensiero. Che è piuttosto affascinante.
Professore, auguri per gli 80 anni...
«Guardi, io ricordo che un giorno, tanti anni fa, mia madre mi fece gli auguri tutta contenta, e mi disse che era il mio compleanno e che compivo 12 anni. Io le risposi che no, stavo bene a 11. Non ho mai festeggiato un compleanno».
Perché?
«Il compleanno è l’annuncio che la morte è di un anno più vicina...».
Ma la morte lei come la vede?
«Mi ispiro a uno dei maggiori filosofi italiani che è Corrado Guzzanti. Il quale dice che il senso della vita è la vita, e il fine della vita (cioè il suo scopo) è la fine della vita».
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Adesso le faccio una domanda così banale che so che si arrabbierà: che bilancio fa della sua vita?
«Non sono un ragioniere e dunque non sono aduso a bilanci».
Allora mettiamola così: lei come si considera?
«Ma guardi, io sono un tipo molto sopravvalutato. Spesso mi fanno dei complimenti da sinistra, ma succede che non fanno mai nulla di ciò che propongo. Una disperazione grottesca».
Meriti se ne riconosce?
«A parte aver dato nel 1993, da assessore, l’accesso gratuito alla rete internet ai bolognesi con il progetto Iperbole, meriti non ne ho. Sono uno che dei soldi non gli interessa niente, del potere niente, della popolarità niente. Sto bene così. Perciò mi sento libero e senza meriti. E questa è una fortuna. Poi ho un’altra fortuna».
Quale?
«Non ho fantasmi. Né del passato, né del futuro. Non ho mai avuto progetti personali».
Ma come: lei ha fatto l’assessore. Avrà fatto qualche progetto?
«Sì, lì c’erano dei progetti. Ma per il pubblico, non per me. Io non ho mai aspirato a nulla...».
Mai un progetto personale in ottant’anni di vita?
«Macché 80 anni! Io sono rimasto ai miei 12 anni».
Vive solo il “qui ed ora”?
«Esatto».
Non si dispera mai?
«Sì, mi dispero. Ora sono disperatissimo per come va il mondo. Disperatissimo: per la politica in Italia, per la guerra in Ucraina, per la tragedia di Israele. Queste cose mi interessano moltissimo. Di me interessa poco. Sa cosa scriveva Carlo Emilio Gadda?».
No, mi dica.
«La parola “io” è un parassita della vita».
Concentrarsi sull’io è un atto di egoismo?
«Quando si dice che una persona ha un grande ego, di solito si dice una stupidaggine. Se uno è interessato solo a se stesso ha un ego piccolissimo, poveretto. Un grande ego ce l’hai quando riesci a occuparti di tante cose, a fare esperienze, a interessarsi della gente, degli altri, delle storie. A mettere tutto questo dentro dite. A includere».
Chi ha un grande ego, secondo lei?
«Le posso dire chi ha un piccolissimo ego».
Chi?
«Renzi, poverello».
Perché proprio Renzi?
«Perché è uno di quelli che dice sempre: io, io, io. Non ha ego. Io io io è solo il verso dell’asino. Oltretutto, io è una parola asessuata nella scrittura, perché semi scrivi “io” non si capisce neppure se sei femmina o maschio».
Lei mi conferma di essere un filosofo. Allora le chiedo: quando uno dice “la prendo con filosofia”, che vuol dire?
«A me sembra una gran stronzata. Vede, prenderla con filosofia nel linguaggio comune vuol dire: “Fai finta che non sia successo niente e fregatene”. Io invece penso che la filosofia ti imponga di prendere quello che è successo, farne un’esperienza, ragionarci».
Qual è il suo filosofo preferito?
«Di gran lunga Spinoza. Il quale mi ha fatto capire che il libero arbitrio è un paradosso. Tu sei libero davvero quando puoi. Quando puoi fare una cosa, allora sei libero di scegliere se farla o no. Altrimenti non sei libero».
E la religione?
«I dieci comandamenti ti dicono cosa devi fare e danno per scontato che tu abbia la libertà di farlo. Ma non è così, tu sei libero solo se puoi obbedire. La libertà dipende dalla potenza. Non è la potenza che dipende dalla libertà. Poi c’è la libertà del volere, che è solo frutto di una necessaria attribuzione ai cittadini come condizione del vivere civile».
Lei pensa che l’Italia sia un Paese libero?
«La libertà politica è una cosa diversa. È un tema enorme. Io sono ossessionato dalla politica. Mi dichiaro comunista in quanto il comunismo non c’è mai stato. Penso a una massima decisiva di Marx: “A ciascuno secondo i propri bisogni, e da ciascuno secondo le proprie capacità”. Bisogna chiedere ai cittadini cosa potete e non solo cosa volete».
Com’è cambiata la politica?
«Oggi la politica non dipende dalla vita dei cittadini, ma dai loro consumi e dal loro modo di consumare. La politica è una variabile dei consumi, non delle idee».
Per questo la gente si allontana dalla politica?
«Si allontana anche perché non viene coinvolta. Viene chiamata solo a votare il giorno delle elezioni. Ma la politica è anche capacità di coinvolgere. Chiunque ha qualcosa da dire e da fare. Ma non viene mai convocato per dire e fare. La qualità della vita non è solo sopravvivenza ma anche dignità».
Dice che la politica non si occupa più della gente?
«Una volta la politica si occupava di difendere e promuovere la dignità. Oggi non ha poco interesse in questo campo. Le dico questo: per me fa politica il volontario che si occupa delle persone, dei bambini, dei malati, dei vecchi e dei migranti. Non fa politica un tale che prende la tessera del partito e basta. Una volta in Parlamento arrivava gente che prima aveva fatto politica per trent’anni sul territorio. Adesso entrano in Parlamento molti che la politica non l’hanno mai neppure sfiorata».
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E a chi risponde?
«Ai cittadini no. Rispondono ai giornalisti».
Le faccio una domanda nella sua qualità di filosofo...
«No, guardi, è la seconda volta che mi dà del filosofo. Credo che lei sbagli persona. Io non sono un filosofo. Sono uno che insegna filosofia. Di filosofi ce ne sono due o tre in un secolo, e io non faccio parte di questi due o tre...».
Ma il suo è un atteggiamento? Questo continuo togliersi invece di darsi: io non sono, io non faccio, io non so...
«No, non è un atteggiamento. A me di me non frega quasi niente. Negli ultimi mesi mi sono un po’ interessato a me per via del mal di schiena. Per il resto zero».
Vabbè, allora cambio domanda: cos’è la partecipazione?
«Una cosa semplice: prendere un pezzo di mondo e cambiarlo. Piccolo magari, ma un pezzo di mondo. Questa è partecipazione reale. E questa è politica».
Professore, c’è qualcosa che la diverte?
(ride) «Ho capito: ho dato un’immagine di me tristissima... (ride di nuovo) No guardi, mi divertono tante cose. La cosa che mi diverte di più è vedere e capire la diversità degli esseri umani».
E poi?
«Cosa devo dire: la filosofia, la poesia, la letteratura? Beh, sì, certo. Mi piacciono. A me piace quel che mi meraviglia. E tendo a meravigliarmi molto spesso».
La meraviglia è un sentimento gioioso?
«Talvolta gioioso, talvolta triste. Le dico che quando vedo in tv i barconi dei migranti, io mi meraviglio della loro sofferenza e mi identifico in loro e nel loro dolore. Non è ideologia. È sentimento, è meraviglia».
Lei detesta domande personali, vero?
«Sì».
Fa bene.
«Quando qualche giornalista cerca di fare pessimamente il suo mestiere, facendomi parlare della mia vita personale, io gli rispondo: non sarò suo complice».
Però c’è quel vecchio detto: “Domandare è lecito, rispondere è cortesia”... (Ride di nuovo e sbotta)«Col cavolo che è lecito. Tu pensi di poter fare domande solo perché sei un giornalista? Le domande bisogna meritarsele».
(Rido io) Quindi posso ritenermi privilegiata per avere meritato questa intervista?
«Lei mi ha chiesto gentilmente cose generali. Anzi, se vuole le dico una cosa divertente che mi è successa».
Mi dica.
«Mi ero da poco dimesso dalla carica di assessore e mi chiamò la segretaria del sindaco dicendomi che c’era un giornalista di Panorama che mi cercava. Senta, parola per parola, la conversazione...».
Se la ricorda così bene?
«E chi la scorda! “Buongiorno signor Bonaga, che gentile che mi ha richiamata...( pausa)... Senta...(pausa)...” E io: “Scusi, la potrei interrompere? Dalla sua esitazione mi pare di capire che mi sta facendo una domanda del cazzo, dunque le fa onore questa sua sensibilità”».
E il giornalista?
«Ha proseguito: “Siccome Mastrota ha lasciato la sua compagna...”».
E lei cosa ha risposto, professore?
«Lei vuole da mela consulenza sentimentale della gestione soubrette?...».