Giampiero Mughini, lezione a Ghali: "Perché non sputo sentenze"
Sulla polemica politica nata sul palco di Sanremo, l'impressione di Giampiero Mughini è che ormai l'importante sia "avviare delle zuffe, è questo che paga nella comunicazione di massa. Non articolare il ragionamento, non il mettere in evidenza i pro e i contro di ciascuna questione": lo ha scritto su Dagospia. Sullo sfondo le parole del cantante Ghali, che nella serata finale della kermesse ha lanciato un appello a fermare il "genocidio", quasi sicuramente riferendosi alla guerra in corso a Gaza. Le parole dell'artista non sono piaciute all'ambasciatore israeliano, che quindi le ha condannate. Secondo Mughini, però, tutto questo rumore di fondo non è positivo.
"Non so voi - ha scritto sul portale di Roberto D'Agostino - ma io sento invece il bisogno sempre più forte del silenzio, del riconoscere che i problemi si sono fatti talmente complessi (ad esempio quelli degli agricoltori con i loro annessi trattori) che non è semplice sputare su ogni questione una sentenza definitiva". Parlando della sua esperienza, ha poi aggiunto: "Io sputavo sentenze definitive quando avevo vent'anni, quando non sapevo nulla di nulla. E quel che ho imparato in questi sessant'anni è che di ogni questione ne so poco, pochissimo. Altro che rispondere al telefono con poche battute a chi mi chiede, un'ora sì e un'ora no, di commentare quello o quell'altro Grande Problema".
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Mughini, infine, ha sottolineato: "Il mio attuale lavoro cui tengo di più – a parte le mie sortite su Dagospia che giudico un'appendice di casa mia - è un articolo di 5800 battute che scrivo settimanalmente per un quotidiano e al quale lavoro in media tre giorni. Tre giorni che cerco di spendere al meglio".
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