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Agnelli-Elkann, dalle Isole Vergini al Liechtenstein: ecco i paradisi fiscali

La famiglia Agnelli

Michele Zaccardi
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L’ultimo capitolo della saga ereditaria della famiglia Agnelli lo ha scritto la procura di Torino. Nel decreto di perquisizione, eseguito giovedì scorso dalla Guardia di Finanza, viene ipotizzato il reato di dichiarazione infedele a carico di tre indagati, tra i quali spicca John Elkann, presidente di Stellantis e amministratore delegato della scatola finanziaria Exor. L’inchiesta è partita da un esposto presentato da Margherita Agnelli, che da anni sta conducendo una battaglia giudiziaria in sede civile per ribaltare la spartizione dell’eredità del padre Gianni (morto nel 2003) e quella della madre Marella Caracciolo (2019).

Una divisione che, a suo dire, avrebbe irregolarmente favorito i suoi figli John, Lapo e Ginevra Elkann. Da qui le cause intentate da Margherita, che nel 2004, dopo la morte del padre, firmò un accordo sull’eredità paterna e un patto successorio con la madre. Il tutto in cambio di 1,4 miliardi. Il punto, però, è che tra i lasciti dell’Avvocato rientrava la Dicembre, la cassaforte di famiglia che, attraverso una serie di scatole cinesi, controlla Exor, cui fanno capo gruppi come Stellantis, Ferrari e Juventus.

La società ora è in mano a John Elkann (60%) e ai suoi fratelli Lapo e Ginevra (40%) e vale circa 2,9 miliardi di euro. Ma quando nel 2004 Margherita uscì di scena, cedendo alla madre Marella il suo 37,5%, ricevette come corrispettivo 105 milioni (la Dicembre era valutata 280 milioni).

Ora, Margherita contesta il fatto che la rinuncia all’eredità, fatta in base all’accordo del 2004, sia illegittima, perché il diritto italiano non consente di rinunciare a una successione futura, cosa che invece è permessa in Svizzera, dove il patto è stato sottoscritto. Ed è qui che entra in gioco il suo esposto: se venisse accertato che Marella viveva in Italia e non in Svizzera, il patto potrebbe essere messo in discussione, e con esso tutta la successione ereditaria.

 

I fatti cui si fa riferimento nel decreto di perquisizione riguardano la rendita vitalizia che Margherita, sempre in base all’accordo del 2004, si era impegnata a versare alla madre: 770mila euro al mese. Somme che le sono state corrisposte fino alla sua morte nel 2019, ma sulle quali, nel 2018 (8,16 milioni ricevuti) e nel 2019 (583mila euro), non sarebbe stata pagata l’Irpef. Come scrivono i magistrati, Marella «ha stabilito fittiziamente la residenza anagrafica in Svizzera, anziché in Italia, ove risulta aver dimorato abitualmente in Torino (...), al fine di impedire l’assoggettamento all’imposizione fiscale nazionale della rendita».

Secondo la Procura, l’Irpef evasa sarebbe pari a 3,5 milioni di euro nel 2018 e a 244mila nel 2019. E in tutto ciò avrebbero avuto un ruolo i tre indagati: John Elkann, Gianluca Ferrero, commercialista della famiglia Agnelli e presidente della Juventus, e Urs Robert Von Gruenigen, il notaio incaricato dal tribunale svizzero di gestire l’eredità di Marella. Von Gruenigen e Ferrero sono stati chiamati in causa per le loro funzioni. Mentre John Elkann avrebbe «rafforzato gli intenti criminosi del de cuius (Marella, ndr), assumendo alle proprie dipendenze, ovvero in seno alle società Fca Security scpa e Stellantis Europa spa» dietro suggerimento di Ferrero, «assistenti e collaboratori che negli anni hanno prestato il proprio servizio a favore» di Marella, «nonché figurando quale conduttore degli immobili siti in Torino (...) e quale comodatario degli immobili siti in Roma (...), di cui la Caracciolo deteneva l’usufrutto». Il tutto «con lo scopo di avvalorare la residenza (fittiziamente) stabilita in Svizzera di quest’ultima».

Non solo. Nel decreto, si sottolineano le «evidenti anomalie, anche di carattere documentale, che hanno interessato l’aggiornamento della compagine sociale della Dicembre ss (...), avvenuta a distanza di anni e in maniera irregolare».

E questo attraverso una «declaratoria» contenente una scrittura privata del 2004, con cui Caracciolo avrebbe ceduto ai fratelli Elkann (John, Lapo e Ginevra) «la nuda proprietà delle quote della Dicembre», riservandosi l’usufrutto. E con il «pagamento delle quote apparentemente effettuato mediante disposizioni fiduciarie (...) e conti bancari esteri (...) - e, allo stato, non documentato».

 

Viene poi sottolineata la «totale assenza di documenti originali posti a base della vicenda ereditaria, sin dalla successione» di Gianni Agnelli e «la natura ragionevolmente apocrifa delle firme riconducibili a Caracciolo Marella su alcuni documenti di rilievo». Ma il decreto evidenzia un altro aspetto interessante: una serie di società offshore, riconducibili a Marella, nelle quali sarebbero confluiti alcuni cespiti dell’eredità dell’Avvocato. Secondo i magistrati, infatti, ci sarebbero «ulteriori beni, produttivi di reddito, derivanti dall’eredità del sen. Agnelli Giovanni (...), detenuti da società terze (...) collocate in paradisi fiscali» di cui Caracciolo «è risultata titolare effettiva».

Tra queste, il decreto cita la Bundeena Consulting Inc. Bvi: costituita il 15 luglio 2004, sede a Road Town, capitale delle Isole Vergini Britanniche. Ma c’è dell’altro. I magistrati scrivono che, dalle «dichiarazioni integrative presentate» da John Elkann il 31 ottobre 2023 «con riguardo agli annidi imposta 2019-2020-2021» emerge «oltre alla disponibilità di beni collocati all’estero (...) ragionevolmente derivanti dall’eredità di Caracciolo Marella, la presenza di redditi tramite Cfc (controlled foreign companies)». Nel dettaglio, si tratta di due società anonime domiciliate a Eschen, nel Liechtenstein, presso il family office Tremaco Treuunternehmen Reg: la Blue Dragons Ag e la Dancing Tree Ag. Per quanto riguarda i motivi della perquisizione, i magistrati spiegano che è necessaria per «svolgere ulteriori e più approfondite indagini». Si fa riferimento alla «permanenza nel territorio nazionale» di Marella e alla «effettiva destinazione delle disponibilità» emerse «dall’attività di discovery» a carico di Caracciolo, «non rendicontate nella massa ereditaria». 

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