DiMartedì, Massimo Giannini la spara contro Mara Venier: "A questi livelli non si era mai arrivati"
Processo alla Rai, ai dirigenti di Viale Mazzini e ad Ignazio La Russa dopo i fatti di Sanremo e di Domenica In. Il processo va in scena a DiMartedì, il programma condotto da Giovanni Floris su La7, la puntata è quella di martedì 13 febbraio, dove in primissima linea nella fantomatica aula di tribunale c'è Massimo Giannini, firma di Repubblica.
Si parla, in particolare, di Domenica In, del comunicato dell'ad della Rai, Roberto Sergio, letto da Mara Venier dopo gli interventi di Ghali ("stop al genocidio", le accuse ad Israele) e di Dargen D'Amico ("gli immigrati ci pagano le pensioni"). Chiamato in causa da Floris, ecco che Giannini afferma: "Tutto, lo sappiamo che Sanremo è la grande biografia della canzone, il grande frullatore nazional popolare che macina tutto, lo riversa sul Paese che lo digerisce. Un po' di polemica politica c'è sempre stata, anche quest'anno ci doveva essere", premette. "Ma quello che sembra davvero strano per uno che guarda da fuori - riprende - è una Rai così piegata e manovrata dalla politica che esige e pretende che la Rai, su prese di posizioni degli artisti, ristabilisca l'ortodossia, che è quella che vuole il governo e quella che vuole la maggioranza. Ecco, credo che a questi livelli non si sia mai arrivati", la spara.
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Tanto che anche Floris appare un poco spiazzato e chiede per quale ragione Giannini si sente più stupito rispetto al passato. La ragione? Mara Venier, nuovo bersaglio grosso del fronte progressista. "Con tutto l'affetto per Zia Mara, come si fa chiamare, lei è stata la ciliegina sulla torta. Abbiamo visto due artisti che pronunciano ed espongono il loro pensiero in maniera moderata. Ghali dice stop al genocidio, che ci sia in atto una strage è evidente, ma lo ha detto con tutto il garbo possibile - afferma con una ricostruzione quantomeno rivedibile -. A quel punto Mara Venier legge un legittimo comunicato dall'ad Rai ma sente il bisogno di dire che naturalmente noi condividiamo. E questo lascia perplesso: perché tu che conduci devi condividere? E con Dargen D'amico è anche peggio", conclude Massimo Giannini. Insomma, vietato dire di "condividere" un comunicato dell'azienda per cui si lavora, anche se - magari, in ipotesi - "Zia Mara" lo condivideva davvero.
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