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Oriana Fallaci, il nipote Edoardo Perazzi: "Vi racconto chi era davvero mia zia"

Bruna Magi
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Edoardo Perazzi, nipote prediletto di Oriana Fallaci, erede universale della scrittrice italiana più famosa al mondo. È suo anche il patrimonio letterario, composto da centinaia di articoli, saggi, romanzi, e appunti lasciati fra la casa in Toscana e quella di New York, una straordinaria ricchezza, una festa per l’anima. Per questo la “consulenza” di Edoardo Perazzi, un lavoro di cesello, insieme con l’editore, è stata fondamentale per la recente pubblicazione di Gli adorabili. Miss Fallaci alla conquista dell’America (Rizzoli, pag.352, euro 18,50), raccolta di articoli sulle stelle di Hollywood scritti a partire dal 1957.

Esperto di comunicazione, nell’ambito della moda, sposato, quattro figli, Edoardo è il figlio di Paola Fallaci, anche lei giornalista, sorella di Oriana. Edoardo (vietato chiamarla zia, per lui era “l’Oriana”), la seguì anche in alcuni suoi viaggi, nei paesi scandinavi e in Argentina, quindi durante l’atroce malattia e le rimase vicino sino alla morte, avvenuta nel 2006.

Quale fu il primo “attestato” di affetto nei suoi confronti?
«Quando ci fu l’allunaggio, il 20 luglio 1969, io avevo tre anni, ovviamente non sapevo leggere, ma ero l’adorato nipotino, e lei mi mandò una cartolina da Houston (indirizzata a “Edoardino”) dove mi informava che il primo uomo aveva messo piede sulla luna. Era Neil Armstrong. Fecero seguito foto con dedica per me dagli astronauti del secondo allunaggio, avvenuto nell’ottobre del ’69: Jim Lowell che fece poi parte anche dell’Apollo 13, venne a trovarci nella nostra casa di Greve, nel Chianti. Tra gli amici di Hollywood nel corso del tempo erano arrivati anche Shirley Mac Laine, Sean Connery, Robert Redford e Isabella Rossellini, “ereditata” dalla madre, Ingrid Bergman. Conobbi altri nella sua casa di New York. All’epoca l’Oriana lavorava al settimanale L’Europeo, iniziò nel ’54 e fini nell’82, quando ormai assolutamente libera, scrisse per i giornali soltanto quello che voleva lei».

 



 

Quando lei crebbe, come si comportava? Che rapporto avevate?
«Come con tutti e in particolare con le persone amate, dapprima ti travolgeva con le emozioni. Poi in certi casi diventava la strega aggressiva, capace di dirti di tutto. Una bomba innescata, terribile e a volte anche cattivissima. Ma intendo strega anche in senso positivo, perché intuiva la capacità delle persone, le spronava a fare quello che sognavano, come accadde ad esempio con l’ultimo amore, l’astronauta Paolo Nespolo, che lei aveva conosciuto militare in Libano, e lui voleva da sempre andare nello spazio. Ma si riteneva troppo vecchio, lei lo aveva incitato a non mollare».

A proposito di uomini, che lei sappia Oriana Fallaci ebbe molti amori?
«Quelli fondamentali furono il giornalista francese François Pelou e Alexandros Panagulis, per il resto fu un soldataccio. Nonostante fosse nell’aspetto una fragile donnina che pesava quaranta chili. Per Panagulis scrisse il suo libro più bello, Un uomo, ma io amo moltissimo il romanzo dedicato alla storia della nostra famiglia, Un cappello pieno di ciliegie, prima di scriverlo prese appunti e fece ricerche durate quindici anni. In questo senso ho ritrovato “tracce” di lei ovunque, specie in un’ agendina nella casa di New York, subito dopo la sua morte mi sembrava di sentire l’odore delle sigarette e il suo profumo».

 

 

Un soldataccio, dice?
«Sì, ma anche capace di grande femminilità. E molto romantica, anche nell’arredamento di casa sua. E nella cura della sua persona, nell’abbigliamento, nel trucco. Bisogna tener conto di una regola fissa: qualsiasi cosa facesse, l’Oriana la faceva bene, dedicava la passione ad ogni gesto e ogni incombenza. Anche quando cucinava».

Fondamentale il coraggio?
«Sì, non aveva paura di nulla. Non ebbe timore delle guerre, dei potenti. In lei vinceva sempre il senso della sfida. Anche con il male, l’aggressione del cancro, devastante e velocissimo. Il fatto paradossale, per lei che non credeva in Dio, fu diventare grande amica di Monsignor Fisichella e aver intervistato papa Ratzinger nel 2005, appena eletto. Fu la prima, e un anno dopo sarebbe morta».

Perché la Fallaci chiamò lei per tornare in Italia, nella sua Firenze, quando sentì di dover morire?
«L’Oriana sapeva che le volevo bene. Molto». 

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