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L'Unità, Sansonetti stronca Schlein: "Otto mesi di niente, si dimetta"

Brunella Bolloli
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Chi ha letto l’editoriale di oggi di Piero Sansonetti non ha sbagliato giornale: è sempre l’Unità, lo storico foglio fondato nel 1924 da Antonio Gramsci, nato come organo ufficiale del Partito comunista e fino a qualche anno fa anche quotidiano del Partito democratico. Il problema è che i leader del Pd prima erano diversi e invece adesso c’è Elly Schlein verso la quale Sansonetti non ha pietà. «Lei mi sta anche simpatica», spiega il direttore a Libero, «ma finora la sua segreteria non ha prodotto nulla. Zero. È al Nazareno da otto mesi ma non è stata risolutiva su niente. Non ha lanciato alcuna iniziativa. Sull’Ucraina non si sa che posizione abbia, sul fisco non ha fatto nulla, sulla politica estera non pervenuta. Non c’è una linea, se non il silenzio». Lapidario: «Il Partito democratico è un fantasma, anzi un’ameba».

Sansonetti ha 72 anni e varie direzioni di quotidiani alle spalle, da Liberazione, al Dubbio al Riformista, fino al grande ritorno all’Unità, che fa ancora opinione. Potrebbe starsene quieto a vergare commenti bonari sulle qualità dei dirigenti del centrosinistra e a dire che va tutto bene, madama la marchesa, un giorno forse il Pd tornerà a vincere, invece s’infervora come un compagno alla prima manifestazione di piazza perché «il danno è enorme», spiega, «abbiamo una maggioranza che si muove incontrastata e un Pd che si è consegnato, per motivi non facili da capire, a una parlamentare priva di storia politica e di esperienza». In sintesi, inadeguata. «Io seguo la politica italiana da più di cinquant’anni e non mi era mai successo di assistere a nulla del genere. Il secondo partito italiano, quello più ricco di tradizioni, di cultura, di sapere e di eredità, ridotto al nulla». In verità, sul salario minimo la Schlein qualcosa l’ha detto. «Sì», risponde Sansonetti, «ma solo perché si è accodata al Movimento Cinquestelle, non è mai stata una sua battaglia».

 

Per il direttore non è il caso di attendere le Europee: «Andranno come andranno, un voto in più, un voto in meno, cambia poco. È che la segretaria si deve dimettere prima», sentenzia. Obiettiamo che l’11 novembre Schlein ha convocato il popolo della sinistra a Roma e di solito i militanti dem rispondono. «Su che? Nessuno l’ha capito. Forse era per il salario minimo, ma arriva due mesi dopo avere perso la battaglia...». Il fatto poi che sia diventata segretaria una che non era neppure iscritta al partito, per Sansonetti è la prova che lo «statuto è stato scritto da persone che hanno bevuto un po’ troppo». E sembra di sentire parlare il governatore della Campania, Vincenzo De Luca, il quale, non a caso, viene citato nell’articolo sulla prima pagina di oggi dell’Unità. Ma su chi possa sostituire la leader, il direttore non si scompone. «Non spetta a me dirlo, però Schlein con il Pd non c’entra nulla». Affermazione che pronunciata dal direttore di quello che dovrebbe essere l’organo dei dem è abbastanza una notizia. E, a proposito: la segretaria Schlein, loquace con tutti, in 8 mesi non ha mai neanche rilasciato un’intervista al suddetto quotidiano e alle feste dell’Unità, l’Unità non c’era neanche. Ma questo è un altro discorso.

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