Fausto Bertinotti, in casa i quadri di Andy Warhol. Ma i giudici glieli vogliono togliere
Fausto Bertinotti non ci pensa proprio a togliere dal salotto della sua casa romana le tre opere di Andy Warhol esposte in bella mostra sopra al divano di velluto arancione. Un po' perché è rappresentato Mao Tse Tung, il leader a capo delle forze comuniste in Cina che guidò una delle più lunghe rivoluzioni della storia cominciata nel 1927; un po' perché gliele ha lasciate nel testamento il suo amico Mario D'Urso, il finanziere napoletano che alla sua morte, nel 2015, lasciò un patrimonio di 24 milioni di euro, tra soldi, opere d’arte, terreni, a una quindicina tra parenti e amici, tra cui l’ex segretario di Rifondazione comunista.
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Peccato che a gennaio scorso il Tribunale civile di Roma ha annullato con una sentenza la disposizione testamentaria perché è spuntata una erede di D'Urso: la signora Nikky Kay Carlson. La donna, oggi sessantenne, dopo essersi sottoposta al test del Dna, è stata certificata come figlia biologica del finanziere napoletano. L’eredità, dunque, spetterebbe a lei. Ma Bertinotti, e gli altri beneficiari del lascito D'Urso, non ci stanno e già hanno presentato ricorso in Corte d’Appello - la decisione arriverà nel 2024 - e se i giudici non dovessero dare loro ragione sarebbe già pronto il passaggio successivo in Cassazione. L'ex segretario di Rifondazione Comunista per ora se ne sta in silenzio, ma parla Francesco Serra di Cassano, 59 anni, cugino di secondo grado del finanziere napoletano. A Fabrizio Caccia che lo ha sentito per il Corriere spiega che "questa storia dei tre Mao ricevuti da Mario D’Urso sta diventando una boutade pazzesca. Comunque ha ragione quando dice che sono serigrafie che non hanno un grande valore, malgrado i giornali continuino a parlare di quadri da milioni di euro".
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Varranno anche poco, ma Bertinotti non ci rinuncia. Così come gli altri amici a cui era stato destinato qualcosa da D'Urso. "Qui stiamo parlando di sentimenti", spiega al Corriere uno degli interessati che preferisce restare anonimo. "Mario nel testamento ha espresso volontà che vanno rispettate. Se la sentenza del Tribunale avesse riconosciuto il 50% di legittima alla figlia biologica e il resto da dividere tra noi, probabilmente un accordo tra gli avvocati si sarebbe già trovato. Ma così, assegnando il 100% alla signora Carlson, è come se la volontà di Mario fosse stata cancellata con un colpo di spugna".
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