Edith Bruck: "Io, ebrea e deportata, vi dico che a sinistra l'antisemitismo c'è"
«Lei mi chiede dell’antisemitismo di sinistra? Beh, c’è, ed è grande l’antisemitismo di sinistra. E mi fa soffrire. Mi fa soffrire molto perché io sono sempre stata una donna di sinistra. La sinistra però è stata sempre filopalestinese. E permeabile all’antisemitismo. Non credo per ragioni ideologiche. Io credo per superficialità. Poi, sa: quando dice sinistra cosa intende? La sinistra non so più cosa sia, non so se ancora esista, comunque conta poco e niente...».
Chi parla in questo modo è Edith Bruck, scrittrice famosa, molto amata soprattutto a sinistra, da 70 anni impegnata in tante battaglie civili. Oggi ha 92 anni. Ne aveva 13 quando fu catturata in Ungheria, insieme a tutta la sua famiglia, e trascinata ad Auschwitz. È tra le poche che ne è uscita viva. È contenta di fare questa intervista.
Cosa pensa di quello che sta succedendo in Medio Oriente?
«Nessun civile deve morire. Parlo dei palestinesi. Non vorrei che nessun civile al mondo muoia. Chiaro? Poi però, per favore, non ignoriamo il dilagare dell’antisemitismo».
Lei ha detto che forse una immigrazione incontrollata può spingere all’antisemitismo...
«Sono sempre stata per accogliere tutti quelli che scappano dalla fame e dalla guerra. Poi però ci siamo accorti che tra i profughi possono esserci dei terroristi, e poi abbiamo visto montare questa ondata di antisemitismo. Vede, in Francia ci sono 8 milioni di stranieri. Li ha sentiti per le strade alle loro manifestazioni? Hanno copiato le frasi inventate dai razzisti: “Uccideremo tutti gli ebrei, annienteremo gli ebrei, faremo sparire gli ebrei”... e dicono sempre così: ebrei ebrei ebrei, non è che dicono israeliani. Anche se io non vorrei certo che incitassero a uccidere gli israeliani, per carità. Però loro dicono che tutti gli ebrei del mondo devono morire...».
Quindi lei pensa che l’ondata antisemita stia crescendo?
«Tutti sappiamo che c’è un’ondata pazzesca. Anche in Europa, anche in Italia. Ma non è una novità. Adesso è cresciuto questo antisemitismo che è sempre stato sotto traccia: è uscito fuori al massimo livello. Non si nasconde più».
E come si ferma?
«Se non ci siamo riusciti in 2000 anni lei pensa che lo fermeremo adesso? Io non credo. Io provo, provo a fare qualcosa, con i miei libri, provo con le conferenze che faccio nelle scuole, tenta anche il Papa: si tenta, si tenta ma non c’è via d’uscita. Lei ha notato: usano per gli ebrei sempre il voi, mai il tu. Io non sono io, per loro, io sono voi».
Forse la politica dell’accoglienza era sbagliata?
«No, non è sbagliata, ma va controllata. E invece non è controllata, forse non è controllabile. Se fosse controllabile veramente allora potremmo accogliere tutti. Siamo esseri umani. E dobbiamo essere solidali e accoglienti. Le torno a parlare della Francia. Ci sono 8 milioni di persone arrivate da paesi stranieri. Sono francesi, ormai, ma non sono inseriti. La nuova generazione è in gran parte formata da musulmani fanatici. E quindi cosa fai?».
Quindi solo accoglienza controllata. Che poi è la linea del governo attuale...
«Eh, sì. Dobbiamo sapere chi sono, da dove vengono, cosa pensano: non sappiamo niente di loro».
La sinistra, sull’accoglienza, è vecchia?
«Non lo so. A me dispiace moltissimo perché io sono sempre stata per l’accoglienza. Chiunque scappa e rischia di affogare - indiano, africano, musulmano - per me è un essere umano prezioso, la vita è preziosa per tutti, la sua vale come la mia. Però vediamo chi sono. Mi preoccupa che arrivino moltissimi migranti, saranno molti più gli antisemiti. Gli arabi sono antisemiti. Hanno preso l’antisemitismo europeo, lo hanno sviluppato. Lo vede? Usano lo stesso linguaggio che usavano i nazisti».
Il pogrom del 7 ottobre le ha ricordato il 1943?
«Subito me lo ha ricordato. Il 7 ottobre è stato una cosa agghiacciante. Sono entrati nei kibbutz, hanno ucciso, bruciato, tagliato la testa ai bambini. Non ho parole. Mi hanno chiesto cosa penso? Cosa penso? Non posso esprimermi, non ho un nuovo dizionario per esprimere l’orrore. Io quando ero ragazzina ho visto giocare a calcio con le teste degli ebrei, nel campo. Mi sono tornate quelle immagini. 1944. Non riuscivo più a respirare. Di nuovo, di nuovo, di nuovo. Guardi che se i bambini fossero stati islamici sarebbe stata la stessa cosa. Avrei perso il fiato nello stesso modo».
Lei mi può dire cosa ricorda di quei giorni del ‘43, quando fu catturata e portata ad Auschwitz?
«Tante cose. Ci hanno portato via da casa i fascisti e i gendarmi ungheresi. Uno di questi fascisti ungheresi ha dato uno schiaffo a mio padre. Mia madre faceva vedere loro le decorazioni ottenute da mio padre nella guerra mondiale. Sperava servissero. Il fascista ha preso le decorazioni e le ha messe sotto gli stivali, e ha detto che non valgono più niente. Mio padre non era un ragazzino. Aveva 50 anni. Io lì ho capito che era finito tutto. Quello schiaffo non l’ho mai dimenticato».
È mai riuscita a perdonare.
«L’ho spiegato anche al Papa. Il mio perdono sta in tutto quello che ho fatto nella vita dal momento nel quale sono uscita dai campi. Sono uscita senza odio, non so cosa sia il sentimento dell’odio. Niente rivalsa, non ho mai denunciato nessuno. Possiamo darci del tu?».
Certo, per me è un onore...
«Allora senti, io e mia sorella siamo uscite dal campo quando io avevo 14 anni e lei 18. Si sono presentati quattro fascisti ungheresi, amici dei nazisti, e ci hanno supplicato: potete aiutarci- ci hanno chiesto - portateci a casa perché voi potete, a voi vi aiutano gli americani... Io e mia sorella ci siamo dette: ok, non ricominciamo con le vendette. E li abbiamo portati con noi, e li abbiamo aiutati: loro erano clandestini. E mi ricordo che in Cecoslovacchia siamo saliti su un tir e ci siamo seduti sul carbone. E abbiamo diviso tutto con loro: pane, cioccolato, Coca Cola. Diviso tutto con loro. Fino a Bratislava. A Bratislava sono scappati e urlavano da lontano: dio vi benedica, dio vi benedica... È stato il momento più alto della mia vita. Dopo la liberazione eravamo in un campo di transito in Germania. Fuori del campo era pieno di civili tedeschi: padri, madri, figli. Chiedevano da mangiare a noi. E io ho diviso il cibo con loro».
Perché secondo te gli ebrei sono perseguitati?
«Beh, vuoi che andiamo indietro di 2000 anni...».
Perseguitati perché superiori?
«Lo diceva Wojtyla: fratelli maggiori dei cristiani. I cristiani sono figli degli ebreri».
Di Netanyahu cosa pensi?
«È un problema interno degli israeliani. E infatti hanno manifestato contro di lui. Israele è un paese libero. Lì si manifesta. Tocca agli israeliani, se lo vogliono, sconfiggere Netanyahu. Non a me».
Molti dicono: tutta colpa di Netanyahu.
«Insomma, non è mai colpa di un uomo solo. C’è il suo entourage. Come c’era l’entourage di Hitler e Mussolini. Lui è lì e vuole tenere il suo posto».
Quando finirà questa guerra?
«Spero tra un minuto ma temo che durerà a lungo. L’Iran fornisce le armi, e gli arabi aiutano Hamas...».
L’Italia che ruolo può avere?
«Tutti i paesi possono fare qualcosa. Come sono a fianco dell’Ucraina, così di Israele. Però c’è un pezzo d’Italia che manifesta per strada a difesa dei palestinesi. Hanno scoperto i palestinesi. Io non ho visto nessuno manifestare mentre ci deportavano. Ora invece hanno scoperto i palestinesi. La verità è che in 75 anni israeliani e palestinesi non sono riusciti a firmare e a fidarsi l’uno dell’altro. Firmano, magari, ma non si fidano. E il giorno dopo la pace è finita. Deve arrivare una spinta dall’esterno. Non c’è altro: solo la pace».
Ti piace la politica di Meloni su Israele, la senti meno ostile?
«Lei e Salvini non sono mai stati ostili a Israele. Non sappiamo mai cosa abita la persona. L’uomo, la donna. Io penso che dentro di noi ci sia il bene e il male. Bisogna fidarsi del bene, e alimentarlo. E lasciare morire di fame il male. L’ho detto anche al Papa, che è venuto a casa mia. Mi ha detto: versiamo almeno una goccia di bene in questo mare nero. Io gli ho risposto: io ho già fatto una pozzanghera. Io il male lo conosco. C’è un male immenso che ho conosciuto e non dimenticherò mai».