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Patrick Zaki, "perché non devo difendermi": sempre peggio...
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La toppa è peggio del buco: Patrick Zaki non riesce ad arginare la polemica. Difficile dimenticare gli attacchi al primo ministro israeliano Benjamin Netanyahu. A maggior ragione se le sue "scuse" non sono affatto un dietrofront. In una lettera a Repubblica, l'attivista egiziano risponde all'intervento di Luigi Manconi sul quotidiano, nel quale il sociologo aveva commentato le frasi del giovane sugli attacchi in Israele. "Lei non è tra coloro che mi danno del terrorista soltanto perché ho deciso di esprimere la mia opinione o la mia vicinanza ai palestinesi. E disapprovo chi mi considera un membro di Hamas", scrive per poi spiegare di non aver "mai appoggiato un qualsiasi movimento o partito di ispirazione religiosa, e mi riferisco alla mia storia personale, dentro o fuori l'Egitto".
Ma non solo, perché ribadisce anche di non essere "nella posizione di dovermi difendere, perché nulla è cambiato. Piuttosto, alcune persone hanno voluto mettere a tacere alcune voci per dar retta a una parte sola e non all’altra". Insomma, il "serial-killer" con cui ha bollato Netanyahu viene di fatto confermato.
Dunque, Zaki parla delle sue prese di posizione sui social: alcuni "potrebbero biasimarmi perché nei miei post non ho menzionato subito il mio ripudio per qualsiasi forma di violenza esercitata o praticata contro un civile indifeso, donna o bambino, non coinvolto in questo conflitto". In ogni caso, "sono contrario all'uccisione o all'aggressione di qualsiasi civile, israeliano o palestinese, non coinvolto nelle violenze, nelle colonie illegali o negli omicidi".
"Conseguenza delle politiche di Israele": Zaki "dimentica" la polemica e rincara la dose
L'attivista si dice da "sempre dalla parte degli oppressi e degli abbandonati". Per Zaki, però, "molti diritti sono stati negati ai palestinesi nel corso della Storia, a cominciare dal fatto che Gaza è in isolamento totale, è una prigione a cielo aperto, e finendo con il fatto che i palestinesi non hanno libertà di movimento, non possono spostarsi, non hanno opportunità di lavoro e nemmeno la fornitura di risorse di base come l'acqua e l'elettricità". Adesso "è il momento giusto per sostenere il valore della pace e cercare una soluzione politica pacifica che impedisca la perdita di vite innocenti"; di fornire "alla Striscia di Gaza gli indispensabili aiuti umanitari e di garantire la sicurezza degli ostaggi e il loro rientro in famiglia senza alcun danno". Zaki infine spera "che gli italiani rapiti possano tornare dalle loro famiglie sani e salvi il più presto possibile". La retromarcia, insomma, non è di casa.
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