Nozze gay, Papa Francesco rompe il silenzio: "Non è opportuno"
Il matrimonio è «un’unione esclusiva, stabile e indissolubile» tra un uomo e una donna. La Chiesa «evita qualsiasi tipo di rito o sacramentale che possa contraddire questa convinzione e far intendere che si riconosca come matrimonio qualcosa che non lo è». Tuttavia «nel rapporto con le persone, non si deve perdere la carità pastorale». E se la benedizione non deve essere confusa con il sacramento del matrimonio, quando la si chiede «si sta esprimendo una richiesta di aiuto a Dio, una supplica per poter vivere meglio, una fiducia in un Padre che può aiutarci a vivere meglio». Papa Francesco torna così, con una nota della Congregazione della Dottrina della Fede in lingua spagnola diffusa ieri anche in traduzione italiana dai media vaticani, a escludere la possibilità di benedire le coppie dello stesso sesso. Ne saranno delusi quei tedeschi che tentavano di conformarsi alla mentalità dei fratelli protestanti più che a quella di Gesù Cristo, così come è stata tramandata attraverso la successione apostolica.
L’ANTEFATTO
Alla vigilia della più grande riunione planetaria della Chiesa cattolica, cinque cardinali avevano alzato il dito per porre altrettante domande al Papa. Sono Walter Brandmüller, Raymond Leo Burke, Juan Sandoval Íniguez, Robert Sarah e Joseph Zen Ze-kiun, porporati firmatari di una lettera, anzi due, diffuse nella mattinata di ieri e focalizzate su alcuni aspetti che rischiano di mettere a repentaglio la comunione fra i fedeli. Innanzitutto l’ipotesi di reinterpretare «la Divina Rivelazione», la Sacra Scrittura a seconda dei «cambiamenti culturali del nostro tempo». La replica è articolata, ma indica sostanzialmente che vi è un Magistero “vivente”, perciò «sia i testi delle Scritture che le testimonianze della Tradizione necessitano di un’interpretazione che permetta di distinguere la loro sostanza perenne dai condizionamenti culturali». In secondo luogo, veniva chiesto quale coerenza avesse la pratica di benedire le coppie gay con la dottrina cristiana. È anche l’occasione per ribadire che «non è opportuno che una Diocesi, una Conferenza Episcopale o qualsiasi altra struttura ecclesiale abiliti costantemente e ufficialmente procedure o riti per ogni tipo di questione».
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Poi, il terzo argomento che verteva sostanzialmente sull’autorità ecclesiastica e il primato del Pontefice, apparentemente in contrasto con la sinodalità. La Santa Sede chiarisce i ruoli: «Non solo la gerarchia, ma tutto il Popolo di Dio in modi diversi e a diversi livelli può far sentire la propria voce e sentirsi parte del cammino della Chiesa». Poi il livello decisionale segue il criterio del Concilio Vaticano II: «L’autorità suprema e piena della Chiesa sia esercitata sia dal Papa a motivo del suo ufficio, sia dal collegio dei vescovi insieme al loro Capo, il Romano Pontefice» Da chiarire anche, in un quarto punto, la tendenza a favorire l’ordinazione sacerdotale delle donne. Si riparte da un documento di un predecessore, Ordinatio sacerdotalis, ma per spiegare, in base anche agli insegnamenti precedenti, che «quando san Giovanni Paolo II insegnò che bisogna affermare “in modo definitivo” l'impossibilità di conferire l'ordinazione sacerdotale alle donne, in nessun modo stava denigrando le donne e conferendo un potere supremo agli uomini». Sebbene non sia «una definizione dogmatica», va «accettata da tutti.
Nessuno può contraddirla pubblicamente e tuttavia può essere oggetto di studi».
Infine, un argomento riguardante la predisposizione interiore a ricevere il sacramento della confessione. Un tempo servivano tre condizioni per peccare, la piena consapevolezza dei peccati commessi, la materia grave, il deliberato consenso e, per essere perdonati, la contrizione, il proposito di non commetterli nuovamente e la penitenza. Anche qui tramite l’ex Sant’Uffizio, si ribadisce un insegnamento che non è mai stato messo in discussione, ma rientra nella dimensione della perfezione spirituale, dell’abitudine all’esame di coscienza, che potrebbero apparire discipline un po’ in disuso nella società che ha abbandonato la vita contemplativa e di orazione, tanto che la meditazione cristiana sembra aver lasciato il posto a pratiche orientali.
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LE POLEMICHE
Certo che «il pentimento è necessario per la validità dell’assoluzione sacramentale», osserva il Santo Padre, ma si tratta di distribuire «l’aiuto dello Spirito Santo per la vita delle persone», in un tribunale il cui compito è di assolvere e non di condannare. In dieci annidi pontificato, Papa Francesco non ha mai cambiato nulla del magistero, se non espungendo ogni riferimento alla liceità della pena di morte nel Catechismo della Chiesa Cattolica. Ma non è sufficiente a spegnere la polemica. Prima ancora di considerare il contenuto teologico delle risposte, emergono eccezioni riguardanti la forma. Per il sito di Sandro Magister la vicenda non è ancora chiusa perché si tratta soltanto del primo parere consegnato dal Papa e giudicato insufficiente dai cinque cardinali. Eppure il deposito della fede si affida anche a formule molto più nette: «Roma locuta, causa finita» e «Ubi Petrus, ibi Ecclesia». Altrimenti, si entra nel vortice del relativismo, anche se travestito da tradizionalismo.