C’è una perversa fascinazione nel Maurizio Landini talmente invaso dall’ossessione dei licenziamenti da diventare -probabilmente per osmosi- di quegli stessi licenziamenti un campione. Mentre il segretario Cgil ritiene, giustamente l’esonero dal posto di lavoro «uno sgretolamento del tessuto sociale» e «un imbarbarimento delle relazioni umane», e minaccia scioperi contro la legge finanziaria ancora da scrivere; bè, ecco che il suo sindacato si conferma, in tutt’Italia, allegro luogo di presunti demansionamenti, mobbing e licenziamenti in tronco. Prima venne il caso del portavoce Massimo Gibelli (licenziato a due anni dalla pensione «per giustificato motivo oggettivo, non col Jobs Act, e perché non avevamo più bisogno della sua figura, è un lusso che non possiamo permetterci», afferma il segretario, senza fornire ulteriore spiegazione).
TUTTI A PALERMO - Oggi, ecco una serie di denunce che seguono la scia imbarazzata di una Cgil somigliante sempre più a un covo di Confindustria. Il Riformista si sta sbizzarrendo nel penetrare il lato oscuro del difensori dei lavoratori, citando la Filcams di fatto il sindacato per i dipendenti Cgil (che non si è mai rivelato un mostro d’efficienza). «A Palermo sta andando avanti, seppur a rilento, la causa di lavoro intentata da Enza Renna. La donna, per 35 anni dipendente, ed infine dirigente della Camera del lavoro del capoluogo siciliano, è affetta da una malattia che la costringe a curarsi», scrive il quotidiano di Andrea Ruggieri. Il segretario generale della Cgil di Palermo, Mario Ridulfo, le ha comunicato il licenziamento lo scorso 14 ottobre.
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Ma facciamo un controbilancio. La Meloni e il suo governo non stanno bene e l’Italia sta ancora peggio? E certo, &...«Provvedimento insindacabile, atto finale di una serie di comportamenti intimidatori, ritorsivi e persecutori». Cioè: qui la Cgil è il cattivo datore di lavoro che fa fuori una dirigente donna. Malata. Il Giornale di Sicilia ha titolato: «Cgil licenzia una dipendente con una Pec, aveva osato chiedere il rispetto dei diritti». Poi c’è la storia di Antonella Granello, licenziata su due piedi dalla Cgil di Trapani: la donna sta pensando di promuovere un coordinamento di sindacalisti licenziati dal sindacato. E ancora, ecco apparire dall’oblio Francesca Carnoso, compagna della Fisac Cgil, «rimossa dal suo precedente incarico nazionale, privata di ogni agibilità sindacale» e ora «sotto processo» in commissione di garanzia. A sua difesa, in Rete circola un manifesto di col- leghe inferocite.
E prima ancora, tutti conoscevano, a Taranto, la vicenda di Iginia Roberti, 56 anni, con madre malata e fratello disabile, da 34 anni funzionaria della Cgil. Iginia racconta: «Dal 1985 al 1993 sono stata nella sede provinciale, poi sono passata alla Fillea, il sindacato Cgil dei lavoratori di edilizia e legno, che ho contribuito a fare crescere». Iginia è stata colpita dal fulmine: licenziata, senza preavviso, dal sindacato che s’è appellato espressamente proprio a quel Jobs Act che Landini vuole cancellare. Una forma di ipocrisia giuridica che, per la verità ha radici antiche: per anni i sindacati hanno difeso alla morte lo Statuto dei lavoratori. E questo pur essendo tra gli enti costituzionalmente preposti a violarlo, potendo licenziare i dipendenti con un semplice sms senz pena nè rimorso. Eppure, da anni, le vittime –date un’occhiata, all’impressionante profilo Facebook “Licenziati dalla Cgil”, 2500 iscritti- invocano la disposizione mai eseguita della Costituzione: una legge quadro «sulle prerogative del sindacato con una norma che stabilisca la regole delle trasparenza nelle spese delle contribuzione dei lavoratori». Pochi ricordano che i contratti collettivi rinnovati per la vigilanza privata della cooperativa Servizi Fiduciari Sicuritalia sono stati firmati da Cgil, Cisl e Uil, a 6 euro l’ora, ossia 3 euro sotto quel salario minimo di cui la Cgil ha fatto la sua bandiera antigovernativa.
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Povero Pd, non gliene va bene una. Appena posata la polvere degli attacchi di Giuseppe Conte e Beppe Grillo sulla linea ...MEGA STRUTTURE - Nel profilo Facebook, dell’ex segretario della Fillea-Cgil di Napoli si legge: «Licenziata dagli stessi responsabili che scendono in piazza, indossano lo zainetto, alzano il pugno e cantano Bella Ciao. E dove sono i collettivi femministi e i movimenti di liberazione delle donne?». Già, dove sono? Compagni che sbagliano. Un po’ troppo. La Cgil, per voce del suo ufficio stampa, ci parla di «un’organizzazione complessa con più di 5 milioni di iscritti, Camere del lavoro, strutture tecniche per ogni categoria merceologica. Fiom, Filt, Slc, millecinquecento codici fiscali, ecc: e ciascuno di essi ha una propria autonomia». E sta bene. Ma non si può proprio sentire un sindacato che licenzia a piacimento, impunito, sfruttandola legge; ma che nel contempo vuole bloccare l’Italia se i licenziamenti li minacciano gli altri. «Be’ Landini non può tenere tutto sotto controllo» ribatte la Cgil. Certo. Basterebbe, che Landini guardasse in casa propria; si prendesse un Tavor; e si lasciasse finalmente attraversare dall’ossessione. Poi parliamo di piattaforme programmatiche...