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Agnelli, terremoto eredità: "Pronto a uscire", scossone miliardario

Antonio Castro
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Ricordate The NeverEnding Story? Ecco il film fantascientifico degli anni Ottanta sintetizza bene la saga ereditaria e societaria della famiglia Agnelli. Ogni due per tre salta fuori qualche novità tra inediti assetti, clamorosi trasferimenti (anche fiscali) e ricollocamenti vari. Tra cui fa capolino anche una clamorosa liquidazione (parziale?) delle quote ereditate da Andrea e Anna Agnelli. Valore oltre 1 miliardo.

Ogni volta che ci si avventura nelle ricostruzioni ereditarie - soprattutto dell’infinita famiglia della stirpe Agnelli Elkann - c’è da farsi venire il mal di testa. Tra società controllate e controllanti, rami familiari consanguinei e clamorosi adii, c’è da scrivere una enciclopedia. Ieri l’ennesimo capitolo lo ha raccontato il Corriere della Sera. Le indiscrezioni che rimbalzano tra Torino, l’Olanda (dove ha sede la cassaforte finanziaria, l’olandese Giovanni Agnelli Bv), e Piazza Affari raccontano di una imminente uscita dell’ex presidente della Juventus.

 

 

 

CAMBIO DI ROTTA

Stando alla ricostruzione offerta ieri dal quotidiano di Via Solferino si sarebbe recentemente consolidata la decisione del rampollo di Umberto Agnelli di voler «voltare pagina» per «aprire un nuovo capitolo». Andrea, insieme alla sorella Anna, oggi detengono - stando agli ultimi documenti depositati ad Amsterdam - l’11,85% della cassaforte olandese, che corrisponde circa al 6,3% di Exor. Il che tradotto in soldoni vale la bellezza di oltre 1,2 miliardi. «Una liquidazione, anche parziale, di tale quota garantirebbe un lauto incasso», sottolinea il quotidiano milanese.

E Andrea che farà? Se le voci di un disimpegno finanziario dalla holding familiare venissero confermate dai fatti l’erede di Umberto Agnelli potrebbe concentrare la sua attenzione sulla Lamse, la holding personale d’investimento controllata e presieduta dall’ex presidente della Juventus e i cui soci sono lui e la sorella Anna. La società, ad inizio settembre, ha pubblicato il bilancio al 31 dicembre 2022. E dopo un 2021 “pesante” i conti sono tornati in attivo.

 

 

 

Dopo un modesto utile di 73mila euro nel 2021, infatti, Lamse ha fatto registrare profitti in crescita a 205mila euro, con ricavi in aumento a 594mila euro (420mila euro nel 2021). La liquidità della holding è passata dagli oltre 8 milioni di euro del 2019, quando era quadruplicata rispetto all’esercizio precedente, ai 7,6 milioni del 2020, ai 2,3 milioni del 2021, per scendere ora ai circa 2 milioni del 2022. Calo che pare collegato prevalentemente alla «riorganizzazione del portafoglio degli investimenti». Anche Andrea Agnelli ha sterzato decisamente verso oltre confine. Infatti nel 2022, Lamse ha incrementato «a 14,9 milioni di euro gli investimenti detenuti nel fondo di investimento lussemburghese denominato Lamse Alternative Investments RAIF». Segnali di un disimpegno ampiamente pianificato? Non è dato sapere.

 

 

 

Di certo Andrea e Anna stanno concentrando la propria attenzione verso i settori potenzialmente più promettenti. E redditizi. Nel portafoglio degli investimenti Lamse balza all’occhio il 50% di Investimenti Industriali, il 4,68% di Nobis Assicurazioni, il 4,8% in Liberty Zeta Limited e il 31% del Fondo Italiano per l’Efficienza Energetica. La Fiee è forse l’investimento più interessante. Anche perché tra i manager della società figurano i bei nomi del settore: dall’ex amministratore delegato dell’Enel, Fulvio Conti, a Raffaele Mellone (ex managing Director di Merrill Lynch per il settore energia), da Andrea Marano (Enel Green Power) a Maurizio Cereda (ex vice direttore generale Mediobanca). Non proprio una squadra di calcetto. Si tratta di un team di teste con esperienze decennali nel settore. Equipe che dal 2014 è riuscita a ritagliarsi un posto di tutto rispetto nel settore finanziario dedicato alle energie alternative.

Giusto lo scorso 21 settembre SpesX Energy Transition, il fondo d'investimento aperto specializzato nella transizione energetica di Fiee sgr, società di private equity che investe nei settori dell’efficienza e transizione energetica, a soli «tre mesi dalla presentazione ha raccolto 100 milioni di dollari».

 

USCITA CONCORDATA

Ora resta da vedere se le voci di una imminente uscita concordata di Andrea Agnelli dalla galassia finanziaria di famiglia sia soltanto una delle tanti ipotesi che si rincorrono periodicamente oppure la concretizzazione di un disimpegno per mettere fieno in cascina e quindi lanciarsi in altre avventure finanziarie con una dote di tutto rispetto. Di sicuro le voci sugli Agnelli si ripropongono con curiosa periodicità. L’altra settimana Il Giornale aveva raccontato, con dovizia di dettagli, l’ipotesi che la squadra di Torino fosse sul mercato. A stretto giro la secca smentita: «Le ipotesi ventilate da un quotidiano sulla cessione della Juventus sono destituite di ogni fondamento», ha ribattuto un portavoce di Exor, la holding della famiglia Agnelli che controlla la società bianconera. Poi tutto può succedere. Come dimostra la causa successoria ventennale intentata da Margherita Agnelli contro tre dei suoi figli: John, Lapo e Ginevra Elkann. Se per dipanare l’eredità tra madre e figli servono 20 anni figurarsi quanto ci vorrà per dividersi la cassaforte tra 200 consanguinei.

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