Alessandro Palmieri, il poliziotto anti-gretini: "Quello che non capiscono"
Lo sa che è diventato l’eroe nazionale? L’agente di polizia Alessandro Palmieri sorride senza imbarazzo nell’ufficio del dirigente del commissariato di Cinisello Balsamo. 24 anni (di cui 4 in polizia), originario di Trani, da qualche ora la sua reprimenda all’attivista di Ultima Generazione che pretendeva di fermare il traffico della più grande arteria di Milano (la Fulvio Testi) in nome del surriscaldamento climatico, e deviare il corso delle ambulanze (magari anche della storia), è sulla bocca di tutti. Come il video che lo ritrae con occhi sgranati e serenità stoica mentre replica ai vaneggiamenti dell’eco vandalo e lo mette a tacere demolendo le sue obiezioni stentate e le sue virgolette mimate con le dita.
L’attivista: «Noi abbiamo chiamato il 118 per far sì che le ambulanze non passassero di qua». L’agente Palmieri: «Non decidete voi le tratte delle ambulanze...». L’attivista: «Però adesso ci rimettiamo in mezzo alla strada». L’agente: «No, non potete permettervi di farlo. Io vi sposto prima che vi rimettete e non ha senso che io sto qua e rischio che vi fate investire sotto la mia responsabilità per togliervi dopo». Ieri mattina il questore di Milano, Giuseppe Petronzi, si è complimentato con lui per l’abilità e pacatezza. Mica facile gestire una situazione così delicata con tanta moderazione e professionalità. E per tutto il giorno negli uffici del comando di Cinisello Balsamo - tra le denunce, gli interventi e le mille persone in attesa del loro turno agli sportelli immigrazione - sono rimbalzate chiamate e plausi.
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Come ha mantenuto la calma agente?
«Non esiste un manuale su come mantenere la calma. È questione di esperienza e di carattere. Eravamo stati mandati sul posto dalla sala radio per capire cosa stesse accadendo perché giungevano versioni contrastanti. E quando siamo arrivati lì abbiamo trovato gli attivisti che bloccavano il traffico e si erano incatenati alla strada. Gli automobilisti erano semplicemente inferociti. Ne dicevano di tutti i colori. La situazione era delicata e c’era il rischio che dalla lite verbale si passasse alle vie di fatto. Era necessario evitare che si superasse quel limite e l’abbiamo fatto».
Chiunque però avrebbe perso la pazienza.
«Il segreto è non agitarsi. Non farsi prendere dalla foga o dalla rabbia. Fare bene il proprio lavoro senza farne un caso personale. Ho fatto solo il mio dovere e le dico di più. Il merito non è soltanto mio. In quel momento c’erano altri 7 colleghi, tre poliziotti e quattro carabinieri, che stavano riportando l’ordine e fermando la protesta».
Il ragazzo l’ha ascoltata alla fine...
«Per fortuna mi ha ascoltato e non si è più rimesso in mezzo alla strada. Diciamo che abbiamo cristallizzato una situazione che poteva degenerare. Il resto lo ha fatto la Digos».
Cosa l’ha sorpresa di più?
«Quei ragazzi non capivano che non era un gioco. Dicevano “adesso torniamo in mezzo alla strada e voi ci togliete di nuovo dalla carreggiata”, come se fosse un gioco tra due parti contrapposte. Una cosa incredibile e incomprensibile».
A un certo punto nel video lei dice: “ma ci stiamo prendendo in giro?”
«Per forza, non capivano che era in ballo la sicurezza loro e delle persone che transitavano di lì. Non capivano che stavano commettendo un reato e che noi dovevamo intervenire con le buone o spostandoli di peso».
Sui social il suo sguardo irremovibile ha spopolato. Qualcuno ha scritto che i suoi occhi parlavano per lei...
«I miei occhi ingannano». Sorride di nuovo. «Ma sì, è vero, a parte mia mamma orgogliosissima, sono arrivati fiumi di commenti».
Tutti positivi?
«La maggior parte di plauso alla polizia. Anche se non sono stato e leggerli tutti. Qualcuno però si lamentava che non siamo andati oltre... che non li abbiamo ammanettati o malmenati».
La soddisfazione maggiore?
«Che sia passata un’immagine positiva della polizia. Che si parli finalmente bene di noi. Di interventi così se ne fanno tantissimi ogni giorno ma non hanno mai un’eco mediatica. Non si leggono sui giornali. Sulla stampa finisce il caso isolato del poliziotto che sbotta... Fa più clamore chi perde la calma in azione rispetto a chi si comporta secondo le regole».
Nel vostro lavoro capita spesso di venire provocati.
«Ma come le dicevo è importante mantenere il controllo. Non mi sono mai sentito un birillo in balia degli eventi o nella condizione di dover subire qualsiasi cosa da chi mi sta di fronte. A seconda della situazione che ci si trova davanti, si sceglie la via migliore per operare».
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Cosa pensa delle proteste di Ultima Generazione e degli eco vandali?
«Il problema del cambiamento climatico esiste è inutile nasconderlo, ma ci sono modi più giusti di manifestare il proprio pensiero».
Sorpreso del clamore?
«C’erano le telecamere... era ovvio che la notizia sarebbe finita sulla bocca di tutti. Ma non ho certo parlato così a favore di video. Sono una persona discreta con una vita normale, ho una fidanzata, faccio sport. Ma non amo mettermi in mostra e vorrei ribadire che c’erano sette colleghi che in quel momento operavano insieme a me. È stato un intervento corale».
Perché ha fatto il poliziotto? Tradizione di famiglia?
«Assolutamente no. Ho fatto il liceo scientifico e mi sono iscritto a scienze politiche. Faccio il poliziotto perché mi piace pensare di poter proteggere le persone. E garantire la loro sicurezza».
Una missione la sua?
«È semplicemente il lavoro che amo. E mi fa stare bene».
Milano è un territorio difficile.
«È una città complessa, come molte altre. Anche se io opero a Cinisello Balsamo, in provincia. Diciamo che le situazioni difficili si presentano spesso e ovunque. Liti verbali che degenerano in rissa. Oppure violenze in famiglia, tra le mura domestiche».
Un episodio che l’ha segnata?
«Più che segnato, che mi ha toccato emotivamente. Una mamma maltrattata verbalmente e fisicamente dal marito. E con lei la bimba di due anni. Grazie al nostro intervento ha trovato il coraggio di denunciare e uscire da quella situazione infernale. Difficile dimenticarla».
Lei è giovanissimo e ne ha già viste tante. Ma ha mai puntato la pistola contro qualcuno?
«Mai, solo al poligono di tiro».
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