Travaglio & compagni. Ma ce li vedete ora in pressing su Putin?
Li vedete anche voi, tutti intenti a sfilare in quel di Roma verso via Gaeta 5, sotto la sede dell’ambasciata russa? Come dite, chi? Ma i pacifisti duri e puri, ovviamente, soprattutto puri, la meglio umanità in gessato arcobaleno e sentimenti gandhiani, che nell’ultimo anno e mezzo ha strillato sempre e solo pace, pace a qualunque prezzo. Fino a trasformarsi (ma sempre per il nobile scopo) in veri e propri maniaci della trattativa, fino ad invocare spiragli di negoziato anche quando a Bucha si riaffacciavano metodi da macelleria novecentesca, fino a prendersela quotidianamente col cinico complesso militare-industriale manovrato dallo Zio Sam. Per carità, qualcuno ci dia uno scampolo di trattativa, la pace sopra tutto. Finché, ieri, accade che qualcuno lo evochi, questo scampolo. «È preferibile e possibile negoziare una soluzione politica per la Crimea», anche perché si eviterebbero parecchie altre vittime: parole e musica di Volodymyr Zelensky. Sì, proprio quello con cui i pacifisti non sono mai stati generosissimi (il campionario di equilibrati epiteti va da servo degli americani a guerrafondaio drogato), ma loro non pendono da una parte, loro valuteranno il merito, loro non ignoreranno la notizia: perla prima volta, il presidente ucraino abbatte il grande tabù che impediva qualsiasi accenno negoziale con lo Zar invasore. Si può, forse persino si deve, trattare con le armi della politica, e non con la politica delle armi, sulla penisola di Crimea. Avranno stappato casse di champagne, nelle cattedrali del rigoroso pacifismo nostrano, dalla redazione del Fatto Quotidiano alla sede del Movimento CinqueStelle fino al salotto di casa Orsini: è successo esattamente quello che invocavano loro fino a ieri, qualcuno ha messo da parte la “retorica bellicista” (qualunque cosa voglia dire), qualcuno ha scomodato la politica a proposito dello snodo che aveva sempre bloccato qualunque abboccamento preliminare.
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E DOPO, TUTTI DA VLAD - Dopodiché, archiviato il brindisi, avranno preso armi (metaforiche, s’intende), bagagli e la loro granitica coerenza logica e valoriale, e si saranno riversati in blocco lì, sotto le finestre della rappresentanza in Italia della Federazione Russa. Perché il granello di diplomazia è stato lanciato, e qualcuno lo deve raccogliere. E quel qualcuno non può che essere Vladimir Putin (non perché sia l’aggressore, ci mancherebbe, ma perché banalmente è la controparte negoziale), il quale del resto, ci assicurano gli stessi pacifisti da quando ha mosso i carri armati, non vede l’ora di discutere la pace.
E ci saranno proprio tutti, all’ambasciata, Travaglio col suo (per una volta) furore trattavista, Santoro col suo partitino iperpacifista da lanciare alle Europee, Giuseppe Conte che da mesi imbastisce supercazzole contro l’approccio puramente militare, Moni Ovadia che finalmente può celebrare il crollo del “pensiero unico” bombarolo, Alessandro Di Battista che si fa invitare in tivù solo per urlare al negoziato, e davanti a tutti, ovviamente, il succitato professor Orsini, scolapasta in testa e autostima in (ulteriore) risalita, visto che Zelensky scomoda quella «soluzione politica» che lui caldeggia da mesi. Proprio perché questa variopinta compagnia è in assoluta buona fede, per niente viziata dall’ideologia anti-occidentale e affatto in fregola per il dittatore ex Kgb, da oggi dedicherà ogni singola energia ad incalzarlo: cogli lo spiraglio, rispondi al segnale, accetta la diplomazia. Da oggi, chiederanno ossessivamente e in coro alla Russia di andare incontro alla preferenza di Zelensky, quella di «negoziare una soluzione politica», perché per la prima volta s’intravede la possibilità del dialogo, conta solo quello. Il cerino della pace ora è in mano a Putin, è l’occasione che aspettavano, presseranno ogni giorno perché lo Zar non lo lasci bruciare.
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ONESTÀ INTELLETTUALE - Nessuno di loro sottolineerà strumentalmente che la trattativa immaginata dal leader ucraino per ora ha queste vesti: «Quando saremo ai confini amministrativi della Crimea, penso che sia possibile forzare politicamente la smilitarizzazione della Russia sul territorio della penisola». Sono gente di mondo e di ottimi studi, sanno che nessuno può aprire una contrattazione se non da una posizone di forza, apparentemente irricevibile. Il pacifista italiano è intellettualmente onesto, sa che quel che conta è che si pronunci la parola “negoziato”, sa che l’ha fatto Zelensky, sa che tocca a Putin mandare un segno analogo, e da oggi si batterà perché accada, perché gli interessa la pace, non gli interessano gli obiettivi di Mosca. Ci credete anche voi, vero?