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Claretta Petacci, "vi dico perché fu davvero violentata"

Andrea Cionci
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Spuntano nuove prove sull’autenticità di un documento sconvolgente che tratta di bestiali violenze sessuali subìte da Claretta Petacci ad opera dei partigiani comunisti.
Riepiloghiamo brevemente la vicenda: nel 2022 il regista Mario Alfieri si decide a pubblicare nel volume L’altra storia un memoriale da lui rinvenuto tra le carte della nonna, defunta nel 2012. Questo documento era stato consegnato nel 1948 dalla madre del partigiano rosso Luigi Canali, alias Capitano Neri, al nonno di Altieri, stimato generale dell’Esercito morto nel ’73.
Canali aveva lasciato a sua madre il memoriale nel ‘45 perché temeva per la propria vita: già catturato dai fascisti e riuscito a fuggire, era guardato con sospetto dagli stessi compagni rossi, che temevano potesse essere divenuto una spia.

LA CATTURA A DONGO
Il partigiano, che faceva parte della 52° brigata Garibaldi, partecipò inoltre, il 28 aprile ’45, alla cattura di Mussolini a Dongo e fu incaricato di redigere l’inventario dei beni e dei documenti sequestrati al Duce. Oltre a un tesoro in banconote, assegni, sterline e lingotti d’oro, (poi misteriosamente sparito, come noto) Canali annotò che Mussolini aveva con sé anche dei faldoni di documenti i cui titoli vennero regolarmente citati nel suo inventario, riportato nel memoriale di cui sopra.

Il partigiano fu anche testimone dei principali fatti delle ultime ore di Mussolini e di Claretta Petacci e scrisse che il Duce, interrogato da Aldo Lampredi nella casa dei coniugi De Maria, presso Bonzanigo, si rifiutò di rispondere perché non riconosceva i partigiani legittimati a farlo. A un certo punto si sentì una raffica di mitra, Mussolini, ferito a un braccio, venne portato in cortile e fucilato; il corpo cadde su un mucchio di letame. La scena verrà riferita nel 1996, al saggista Giorgio Pisanò, anche da Dorina Mazzola, testimone oculare dell’assassinio.
Nel frattempo, Petacci subiva dai partigiani il trattamento così descritto dal Canali: «La Petacci è adagiata sul letto in disordine, le lenzuola sporche di sangue ed escrementi, indossa solo il reggipetto, è in preda a profondo turbamento, non risponde alle domande. Noto un vistoso livido sulla guancia, il labbro inferiore tagliato, l’occhio sinistro gonfio, la sclera macchiata di sangue. All’interno delle cosce sono visibili tre grandi lividi. Da quando sono arrivato si agita e si pigia lo stomaco con insistenza ed emette eruttazioni con conati di vomito.
Le poche parole che bisbiglia non si odono perché è completamente afona. Nella stanza il fetore di feci e urina è insopportabile. [...] La prostituta Petacci (gli riferisce Sandrino, ndr) ha subìto il trattamento che meritava anche se qualcuno ha esagerato. [...] Lino commette violenza sessuale e le ripetute insistenze di Sandrino non riescono a farlo desistere [...] Anche durante il trasferimento da Mezzegra a Milano, fonte testimoniale affidabile riporta che la salma della Petacci è stata oltraggiata da almeno due compagni con pratiche degne di esperti necrofili (Navarro). Questa è la giustizia per cui abbiamo lottato?». 

Non stupisce, quindi che il 7 maggio 1945, il Canali, a conoscenza di questi orribili fatti, venga fatto fuori dagli stessi comunisti. Scrive lo storico Roberto Festorazzi: «Tra le vittime della squadra della morte organizzata da Luigi Longo, vice di Palmiro Togliatti, vi fu anche il Capitano Neri, Luigi Canali, eliminato per la questione dell'oro di Dongo e per essersi opposto all'esecuzione sommaria di Mussolini». A questo punto, la domanda: il memoriale è autentico? Lo stesso Altieri lascia il giudizio agli storici: «Non ho elementi sufficienti per considerare attendibile il documento, ma al tempo stesso non ho alcun motivo per dubitare dell’autenticità». Sul tema interviene il ricercatore Massimo Lucioli (già autore del primo libro sulle “marocchinate”), che nota un dettaglio fondamentale riportato nel citato inventario dei documenti del Duce: «Oltre a faldoni contenenti prevedibilissimi car-eR MAL.. teggi con Hitler, Churchill, Ciano, i generali Roatta e Castellano, che potevano essere immaginati da un eventuale falsario, figurano alcune cartelle su personaggi sconosciuti e di nessun rilievo politico/militare come gli ufficiali CC D’Aversa, Frignani, Marzano, che arrestarono il Duce il 25 luglio, ma, soprattutto, un insignificante questore di polizia: Saverio Polito, addetto, per volere di Badoglio, alla sua scorta».

LA PROVA
Come ha già ricordato Lucioli nel suo libro Operazione Eiche, nel 2007, lo storico Sebastiano Vassalli scrisse che questo funzionario, incaricato da Badoglio di trasportare a Rocca delle Caminate donna Rachele Mussolini, durante il viaggio in auto ne aveva abusato sessualmente, tanto da essere poi condannato a 25 anni di galera. Inoltre, la figlia Edda fu tenuta nuda da Polito davanti ai poliziotti per alcune ore. «Il nome di questo personaggio – prosegue Lucioli - che nel dopoguerra riuscirà a farsi assolvere per non aver commesso il fatto, non poteva assolutamente essere noto ad un falsario, insieme alle altre citate e marginali figure di comuni ufficiali. Ma Mussolini – comprensibilmente - si era portato al seguito i fascicoli su tutti coloro che lo avevano oltraggiato. Peraltro, il memoriale è dattiloscritto su originale carta intestata della RSI, quella che fu sequestrata al Duce, con macchina e inchiostri dell’epoca. Il documento è quindi da ritenersi autentico, fino a prova contraria».

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