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De Angelis, flop del corteo Pd per le dimissioni: quattro gatti in piazza

Francesco Storace
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Er glorioso popolo communista non c’era. La mobilitazione non sopporta il caldo. Davanti alla Regione Lazio, ieri mattina, si sono trovati in nemmeno un centinaio - la maggioranza era di giornalisti e fotografi - e poi si sono liquefatti. Eppure avevano annunciato di voler portare davanti ai cancelli dell’istituzione la rabbia di un popolo ferito da Marcello De Angelis. È rimasta circoscritta solo ai pochi che si sono presentati davanti al palazzone regionale. Lo “scandalo De Angelis” è stato seppellito dal sudore. Idem in Consiglio regionale: il centrosinistra, decimato anche lì dalle ferie, ha preteso la convocazione dei capigruppo per riunire l’assemblea.  Il presidente del Consiglio, Aurigemma, ha offerto anche la data del 18 agosto - a norma di regolamento, a quindici giorni dall’ “autoconvocazione” - e quelli stavano quasi per offendersi. Macché. Un mese di ferie e poi le parole. Argomento della seduta che ci sarà il prossimo primo settembre? L’indignazione. Un post su Facebook. E se De Angelis lo rimuove che succede? La svolgeranno su uno screenshot?

 


 

LA FIERA DELL’EST
Non è uno scherzo. Si pretende la convocazione di un’assemblea che, in era Badaloni, sollevò il dubbio a larghissima partecipazione, sull’innocenza di Valerio Fioravanti e Francesca Mambro proprio con riferimento alla strage alla stazione di Bologna. Adesso ci ripensano, non si sa mai. Marcello De Angelis non può seminare incertezze, i Badaloni boys in maniera trasversale, destra e sinistra - potevano. Lui no. E guai pure al sottosegretario Claudio Barbaro che, come alla fiera dell’Est, mette un like al post del suo caposegreteria che a sua volta sostiene De Angelis. Non si può. Adesso, ovviamente; mentre prima si poteva.

Anche per questo c’era poca gente alla manifestazione poi rubricata a sit-in e poi a presidio del solo Pd (il resto della sinistra stava già in spiaggia). Perché andare in piazza per un post è francamente abbastanza ridicolo. Al tempo della rete magari si bannano quelli sgraditi, non ci si “mobilita”. Il partito del lavoro voleva e vuole il licenziamento del capo della comunicazione istituzionale della Regione Lazio. Perché non tollerano opinioni differenti su un profilo social. È la solita storia: ha valore solo quello che dicono a sinistra.

 

 

«Riteniamo insufficienti le scuse di De Angelis», ha proclamato il segretario del Partito democratico Roma, Enzo Foschi, «e continuiamo a chiedere, a gran voce, le sue dimissioni». Non proprio a gran voce, al punto che il megafono che teneva in mano è rimasto muto pure lui. Insomma, si sono rivisti in pochi per sollecitare le dimissioni di De Angelis. Il quale, nel frattempo, ha chiarito la portata delle sue affermazioni in maniera assolutamente evidente a tutti tranne che a chi non vuole aprire gli occhi. Sarebbe sufficiente vedere le immagini di una manifestazione abbastanza triste per capire che la polemica avrebbe potuto essere già spenta. Si insiste perché non si ha il coraggio di prendere atto che si può dissentire persino rispetto a una sentenza.

 


 

IL DIVIETO
Per quanto tempo lo hanno fatto i compagni di Adriano Sofri, o i firmatari del manifesto contro il commissario Calabresi? Succede da una vita che le sentenze vengano messe in discussione: ora non si può più. Fatti gravi, accaduti ormai oltre quarant’anni orsono e la politica torna ad accapigliarsi perché c’è chi ritiene di esprimersi in proposito.

Sono costretti persino a far fare una pessima figura all’ex presidente Piero Badaloni, che deve innestare la retromarcia rispetto ad un atto che fu approvato dalla “sua” Regione. Non è più valida quella presa di posizione trasversale sul processo perla strage di Bologna? Della giunta Badaloni un importante assessore al Bilancio, il comunista - e garantista - Angiolo Marroni, di quella scelta di allora non si è mai pentito. Per la sua imparzialità sul tema giustizia e sul pianeta carceri, fu nominato anche garante dei detenuti del Lazio: altro errore?

Non si può mettere sempre tutto in discussione quando si compiono scelte politiche, soprattutto nelle sedi istituzionali. Invece, si procede per ripensamenti, perché basta un tweet per togliere prestigio e onore a dirigenti politici... Hanno paura di apparire troppo timidi, moderati, pigri, rispetto a chi osa. Ma se poi quando convocate un raduno vi presentate in quattro gatti, a che serve fare i duri? In pratica, il Pd smonta da solo la campagna che voleva orchestrare. E fugge in vacanza. De Angelis viene dopo le vacanze.

 

 

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