Vittorio Feltri estremo, "fucilarli sul posto": per chi invoca il metodo Napoleone
Ormai gli incendi sono per l’informazione pane quotidiano. È un dato: oltre il 90% degli incendi che ogni estate devasta il nostro territorio è di origine dolosa e questo significa che a provocarli non è il caldo né il cambiamento climatico né il surriscaldamento globale né l’inquinamento né l’imminente apocalisse, bensì l’essere umano. Avviene da sempre. Quindi, specifichiamo, sono individui in carne ed ossa (e senza cervello) ad addentrarsi nella vegetazione per appiccare i roghi, muniti del materiale necessario, basta davvero poco. Essi agiscono con consapevolezza e piena volontà di realizzare il danno e il delitto, ossia di nuocere, di uccidere. Trattasi dunque di criminali, i quali non si limitano a distruggere ettari ed ettari di terreni, coltivazioni, spazi pubblici e proprietà private, generando milioni e milioni di danneggiamenti, se non in certi casi miliardi, ma altresì si rendono colpevoli della morte di animali e persone, che periscono in una maniera atroce: carbonizzati.
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Siamo di fronte ad assassini seriali, che devono essere puniti in modo adeguato, affinché la società acquisisca coscienza della gravità della condotta criminale posta in essere e la smania di adottarla si affievolisca. Ritengo che questa sia una maniera efficace di contrastare il fenomeno in questione, che rischia di essere derubricato dalla stampa che in questi giorni ha preteso di farci credere, al di là di ogni evidenza, che gli incendi siano dovuti al caldo, definito “estremo”, che quindi siano una problematica del nuovo millennio. Eppure da sempre campagne e foreste bruciano, anche prima che si parlasse di surriscaldamento globale, e da sempre la causa di ciò non sono le alte temperature, ma l’uomo. Accadeva, ad esempio, anche tra Settecento e Ottocento, come si apprende leggendo le cronache del periodo.
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Tanto possiamo imparare attraverso la storiografia, come il fatto che Napoleone I, il quale era particolarmente preoccupato per il dilagare degli incendi boschivi, allo scopo di combatterli, decise di ricorrere ai metodi forti, gli unici che avrebbero potuto porre un argine al problema, che risultava irrisolvibile. Lo testimonia una lettera scritta da Bonaparte nel 1808 e indirizzata al prefetto di un dipartimento della Francia meridionale, flagellato dalle fiamme: «Signor Prefetto, ho appreso che vari incendi hanno recentemente danneggiato i boschi del Dipartimento affidato alle cure di S.V.. Poiché ciò deve assolutamente cessare, Ella mi userà la cortesia di fucilare sul posto le persone sospette d’aver dolosamente provocato gli incendi. Che se poi questi non cessassero, penserò io a darle un successore». Da quel momento la problematica fu risolta, ovvero i fuochi si spensero in modo definitivo. Lungi da me il proporre tale soluzione, credendo nello Stato di diritto, nel giusto processo, nei tre gradi di giudizio, ed essendo assolutamente contrario alla pena di morte, tuttavia è evidente, come dimostra questa vicenda storica, che l’inasprimento delle pene in certi casi determina la quasi estinzione del reato. Ad oggi il reato di incendio boschivo prevede una pena irrisoria rispetto all’entità del danno prodotto: la reclusione da 4 a 10 anni. E si consideri anche che, finché seguiteremo a puntare il dito contro il clima, i piromani potranno godere di alibi e protezione, che noi stessi gli assicuriamo.